Coronavirus, domani si gioca
in Bielorussia e Nicaragua

Coronavirus, domani si gioca in Bielorussia e Nicaragua
Venerdì 27 Marzo 2020, 18:33 - Ultimo agg. 19:01
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Per proteggersi un tempo i calciatori indossavano parastinchi, adesso scendono in campo spuntando dagli spogliatoi con guanti di lattice e mascherine, come per una qualsiasi fila al supermercato. Accade in una di quelle enclaves del mondo in cui il pallone continua a rotolare, mentre l'umanità affronta la pandemia: il Nicaragua. Eh sì, perchè incredibilmente ci sono pezzi di mondo dove si gioca ancora, ci si appresta a vivere un week end di campionato e magari a litigare per un rigore o un fuorigioco. Avviene nel Paese dell'America Centrale (match clou nel monday night, gioca la Juventus, di Managua però, contro lo Jalapa), ma anche nella fredda Bielorussia, ad esempio. «Perchè non bisogna farsi prendere da panico e psicosi di massa, e tutto deve andare avanti», come dice il presidente Alexandr Lukashenko, secondo il quale il Covid-19 si batte «facendo saune, bevendo molta vodka e lavorando duro».

Ecco allora che, a Minsk, sebbene altri sport come il basket si siano fermati, il football deve andare avanti: imperdibile domani il derby FKlub-Dinamo. Si adeguano al diktat giocatori come Gabriel Ramos, attaccante di 23 anni della Torpedo Zhino, o a Theo, centrocampista di un anno più giovane che ha preferito un triennale con l'Isloch agli studi della facoltà di educazione fisica dell'università di Rio de Janeiro. Tutti e due ex Flamengo, dai 40 gradi della città carioca si sono trovati prima catapultati ai -15 del loro nuovo paese e ora sono costretti a giocare nonostante la saudade e la paura. «Qui finora ci sono stati pochi contagi, ma per me ci si dovrebbe fermare - dice Ramos -. Ci vorrebbe molta più cautela, ma vallo a spiegare a chi ci dice che dobbiamo andare in campo. Così, oltre ad allenarmi e a giocare, passo il tempo al telefono con familiari e amici che mi chiedono come sto, e soprattutto di tornare presto in Brasile».

Di calcio, nonostante il coronavirus, parla la gloria locale Alexander Hleb, ex Arsenal e Barcellona ritiratosi da poco. «Spiegare il nostro paese è complicato. Tutti hanno chiuso, ma noi sembriamo non pensare che sia un problema - racconta -. Il coronavirus ha fatto sospendere la Champions e l'Europa League. Il che è un bene, perché bisogna cercare di fermarne la diffusione. Invece in Bielorussia sembra che non importi niente a nessuno, ed è incredibile. Magari tra un paio di settimane ci fermeremo anche qui, magari il Presidente sta aspettando di vedere che succede qui con il virus». Ha resistito fino a ieri l'Australia, ma poi si è arresa e ha detto basta al calcio. Così a giocare a pallone, a parte la Bielorussia e il Nicaragua, sono rimasti Angola, Bangladesh, Indonesia, Hong Kong.

Nel paese africano non si prendono precauzioni particolari, visto che finora non ci sono stati casi accertati di positività, e nonostante la pausa di questa settimana (già prevista dal calendario) o forse proprio per questa, monta l'attesa per Atletico Luanda-Desportivo Primeiro, 26esima giornata di campionato in programma il 4 aprile. Sono tutte situazioni interessanti, calcisticamente parlando, ma le immagini che catturano l'attenzione di chi riesce a intercettare in video qualche 'riflesso filmatò della gare che si stanno giocando restano quelle del Nicaragua, con i calciatori bardati di mascherina e guanti. «Con questa roba però è quasi impossibile respirare e io dopo un pò me la sono tolta - ha raccontato dopo una partita del turno scorso Bernardo Laureiro, bomber uruguayano del Cacique Diriangén -.
I guanti in lattice invece li ho tenuti. Alla fine è andato tutto bene, e ho anche segnato due gol. Peccato che poi, presi dalla gioia, sul momento non abbiamo pensato alla distanza di sicurezza e ci siamo abbracciati». Finita la partita contro il Deportivo Ocotal, gli spogliatoi sono rimasti chiusi, e per la doccia Laureiro e gli altri protagonisti hanno dovuto provvedere a casa propria. Sarà così per tutto il campionato, «ma non bisogna farsi condizionare dalla paura», dicono i dirigenti locali: che stanno in America Latina, ma forse leggono i testi dei discorsi di Lukashenko.
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