Covid in serie A, i club pensano
alla bolla sul modello della Nba

Covid in serie A, i club pensano alla bolla sul modello della Nba
di Pino Taormina
Mercoledì 14 Ottobre 2020, 08:00
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Non c'è Disney World in Italia, ma qualcosa di simile in Lega Calcio cominciano a ipotizzarlo. Non è più tabù la parola «bolla» sul modello rigido della Nba e il primo a sdoganarla è Urbano Cairo. «Nessuno la vorrebbe, ma vedremo in caso di peggioramento della situazione cosa fare. Per ridurre al minimo i rischi, i calciatori devono fare una vita quasi monacale», dice il presidente del Torino al termine dell'assemblea a Milano. Non è solo il caso Ronaldo a turbare il mondo del calcio di casa nostra. Spaventa l'idea che prima o poi possa arrivare lo stop al campionato se l'escalation dei positivi continuerà a questa velocità. E questi sono giorni caldi, perché con il rientro dei nazionali la situazione potrebbe peggiorare. E in Lega c'è anche chi riflette sul muro alzato a De Laurentiis che, in maniera rigorosa, aveva invitato tutti (inutilmente) a riflettere sulla necessità di liberare i nazionali in questa finestra Uefa.

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Il rischio zero non esiste. Anche la bolla nel Giro d'Italia, pur reggendo, ha portato a dei positivi. Ma è chiaro che i club sono a un punto di non ritorno. E con loro i calciatori. Perché se il campionato non arriva al capolinea, saltano gli stipendi di tutti. Ed è per questo che non sorprende l'apertura di Giorgio Chiellini, capitano della Juventus e dell'Italia, ma anche consigliere dell'Associazione calciatori. Che ieri non si è nascosto. «Sappiamo che questo potrebbe essere un campionato falsato per numero di positivi e il risultato sportivo va messo in secondo piano, perché quello che conta sotto il profilo economico è arrivare alla fine. Ed è fondamentale e tutti ne dobbiamo prendere atto», dice mandando un messagio anche al Napoli. Racconta: «Lo stato d'animo di tutti è la consapevolezza di quello che ci attende nei prossimi mesi, ma siamo convinti che la cosa giusta è continuare a giocare. Ci saranno momenti difficili ed è giusto pensare a rivedere i protocolli attuali. La bolla? Non abbiamo tutti le strutture per farla come in America, ma le semibolle le abbiamo fatte e ne faremo ancora, saranno la regola. Si resta in ritiro fino al doppio tampone e si va su e giù con casa». È chiaro lo scenario: il calcio ha i conti in rosso e fino ad adesso i calciatori non hanno ancora avuto ripercussioni sullo stipendio. Ma in caso di stop, impossibile battere cassa. Senza dimenticare che in Lega prende sempre più piede anche la consapevolezza che i calciatori devono limitarsi nelle uscite, avendo delle responsabilità: verso se stessi, verso i compagni che possono essere contagiati e verso le aziende che li pagano. Difficile che si arrivi a una presa di posizione dura, ma è chiaro che a un positivo potrebbe anche essere ipotizzato la sospensione dello stipendio pure per aver contagiato qualche altro. Insomma, la situazione è assai preoccupante.

Ed è sul filo. Ma Chiellini tende chiaramente la mano, a nome del sindacato, ai club. 

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Ceferin, presidente dell'Uefa, sembra quasi non accorgersi di quello che succede. Però le sue parole, per certi versi, quasi confortano in questi giorni dove c'è la conta dei positivi al Covid 19: «Gli Europei si giocheranno e sugli spalti ci sarà il pubblico». Meno male che c'è lui a vedere la luce in questa notte buia del calcio. Intanto, la Lega Calcio, assieme ad altre Leghe europee, potrebbe davvero prendere in considerazione l'ipotesi di chiedere all'Uefa di far saltare gli appuntamenti di novembre in Nations League. Perché, ovvio, meno si viaggia e meno si rischia il contagio. «È importante procedere col campionato, il calcio è un'industria che ha peso nel Paese e aiuta anche la gente a svagarsi. Sempre, ovviamente, facendo le cose in sicurezza e seguendo i protocolli», ripete Cairo, patron del Torino. 

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«Se le regole vengono rispettate in modo rigoroso, e in alcuni casi non è stato rispettato, senza cercare escamotage come qualche società di calcio ha cercato, ce la possiamo cavare e vedere i campionati di tutte le discipline sportive andare avanti». Il ministro per lo Sport Vincenzo Spadafora lancia una stoccata che pare avere De Laurentiis come obiettivo. Oggi c'è la sentenza del giudice sportivo per Juventus-Napoli. Una parte, consistente, del mondo del calcio (e anche del Palazzo) vorrebbe un provvedimento punitivo nei confronti del Napoli (ovvero la sconfitta a tavolino per 3-0) proprio perché l'intervento dell'Asl sarebbe ritenuto una forzatura di De Laurentiis che, se imitata da altri, farebbe andare in tilt il campionato. In realtà, Gerardo Mastrandrea, giudice in carica al Consiglio di Stato, non deciderà in base al veleno che circonda il Napoli: ci sono le carte inviate da De Laurentiis e il carteggio con le autorità sanitarie della Regione Campania che vieta, in maniera netta, la partenza per Torino alla comitiva azzurra. Il reclamo del Napoli ruota sull'esimente della «causa di forza maggiore», ovvero l'articolo 55 delle Noif. Qualunque sarà la sentenza, provocherà delle polemiche. Ma si sa, il calcio italiano proprio non ne sa fare a meno.

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