De Siervo, l'ad della Lega Calcio:
«Caccia ai pirati del pezzotto»

De Siervo, l'ad della Lega Calcio: «Caccia ai pirati del pezzotto»
di Pino Taormina
Venerdì 12 Agosto 2022, 08:37 - Ultimo agg. 16:41
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Il pugno duro. E' caccia grossa ai pirati del pezzotto, a chi ha sottratto alle casse dei club circa 1 miliardo di euro nelle ultime tre stagioni. L'amministraore delegato della Lega Calcio, Luigi De Siervo, in questa intervista al Mattino, spiega la strategia per "lo stopiracy" che per le prime due giornate comparirà sugli schermi delle gare di serie A.

Le multe agli utenti, i sequestri. Perché si fa fatica a frenare il fenomeno e voi siete costretti ancora a slogan come stop piracy?
«Vedere illegalmente una partita di calcio significa privare delle risorse essenziali la Serie A. Se il fenomeno non venisse ridotto il sistema rischia davvero di saltare. La lotta alla pirateria sarà ancora lunga perché è ancora troppo diffuso il pensiero che vedere le partite rubando le immagini sia una furbata e non un reato che danneggia tutto il sistema Paese. Basti pensare alle migliaia di posti di lavoro e a circa un miliardo di euro perso negli ultimi 3 anni dalla Serie A a causa della pirateria, come recentemente certificato dall’analisi IPSOS presentata dalla FAPAV. Ed è per questo motivo, nelle prime due giornate, sugli schermi tv e allo stadio appariranno le grafiche e i filmati contro la pirateria che non sono semplici slogan, ma un richiamo serio a tutte le coscienze di chi vuole bene al calcio».
 

Quali sono i dati dei danni che ha subito il calcio italiano dalla pirateria?
«I dati sono impressionanti. Ci sono stati 315 milioni di atti di pirateria tra la popolazione adulta nel 2021, tutti i settori economici colpiti da questo fenomeno hanno perso in totale 1,7 miliardi di euro lo scorso anno. La perdita non è solo per chi produce contenuti, ma anche per lo Stato in termini di entrate fiscali e per l’occupazione con quasi 10 mila posti di lavoro persi».


 

Cosa rischia, da quest’anno, chi fa il “pezzotto”?
«Chi vede illegalmente una partita rischia molto, infatti dopo un primo periodo nel quale la lotta alla pirateria era concentrata a colpire soltanto chi organizzava l’attività illecita, traendone ingenti profitti da destinare al finanziamento di attività criminose come quelle camorristiche, oggi l’attività delle forze dell’ordine si è estesa a colpire anche gli utenti finali con pesanti sanzioni economiche».
 

Possiamo dire che l’utente finale che scarica illegalmente un app o altro per vedere la serie A, non è più solo un furbo? 
«Più che furbo è uno stupido, innanzitutto perché tutte le attività compiute sulla rete lasciano tracce digitali indelebili che le forze dell’ordine possono facilmente ripercorrere, ma soprattutto perché danneggiano il club che dicono di amare privandolo delle risorse per acquistare nuovi campioni. I dati registrati dall’indagine FAPAV ci confermano che le nostre campagne degli ultimi anni hanno raggiunto l’obiettivo di rendere gli utenti consapevoli dell’illegalità delle proprie azioni (l’84% sa di compiere un reato), quindi se poi saranno destinatari di multe salatissime non avranno giustificazioni e potranno prendersela solo con loro stessi».
 

Non è la prima volta che il calcio dichiara guerra al “pezzotto”. Perché si fa fatica a vincere questa battaglia in Italia? 
«La lotta alla pirateria è come la lotta al crimine: non potrà mai finire. Vero che si è molto evoluta e sta portando a risultati fino a poco tempo fa nemmeno sperati e ciò grazie all’attività sempre più importante e tecnologicamente avanzata della GDF, della Polizia e i provvedimenti resi in continuità dal Tribunale di Milano che hanno consentito, con la cooperazione dei giganti delle telecomunicazioni, di bloccare, a oggi,  il flusso sulla rete di 6579 tra nomi a dominio e indirizzi IP delle IPTV di volta in volta individuate».
 

Tra i motivi per cui la serie A fatica a stare a ruota a tornei come la Premier league, c’è per certi versi anche questi mancati introiti? 
«Assolutamente si. Purtroppo siamo il Paese che dice di amare il calcio e invece detiene il triste primato della pirateria. Proventi sottratti al sistema calcio da questo circuito illegale corrispondono a minori introiti per i nostri club, che patiscono ancora di più la differenza di fatturato e conseguentemente di talenti rispetto ai competitor europei. Il tifoso che usufruisce di sistemi illegali di visione delle partite deve capire che danneggia, oggi a suo vero rischio e pericolo, il proprio club e tutto il calcio che dice di amare».
 

Lei ha detto: siamo un paese di scrocconi. La pirateria nel calcio è fenomeno solo italiano? 
«Abbiamo visto che è un fenomeno a larga scala, le forze dell’ordine sono risalite a centrali europee di smistamento del segnale delle nostre partite, ma in Italia, nonostante l’encomiabile operato della Guardia di Finanza, della Polizia e della magistratura, continuiamo a essere i peggiori in Europa come atti di pirateria commessi e danni generati al sistema calcio. Avete idea di quanti campioni avremmo potuto portare in Serie A negli ultimi 3 anni se non fossero spariti i 1.000 milioni bruciati dalla pirateria?»
 

Lei ha parlato di male assoluto per il rinnovo a Parigi di Mbappe. Perché? 
«Io penso sempre al bene del calcio italiano, e quindi ribadisco che è sbagliato che determinate società, perlopiù guidate da proprietà-Stato, possano spendere cifre esorbitanti per singoli giocatori in barba a ogni forma di serio controllo finanziario. Con l’evidente conseguenza di penalizzare la competitività delle nostre squadre che combattono in Europa e di creare un effetto inflativo sugli stipendi degli altri calciatori. Non appare più differibile l’introduzione di un serio sistema europeo di Salary Cap».
 

Perché in Italia c’è una così grande distanza nella qualità degli stadi?
«È uno dei principali fattori per la ripresa del nostro calcio, indicato di recente anche dal presidente Casini come punto chiave da cui ripartire. Gli stadi italiani sono datati, non televisivi, poco confortevoli e non adatti alle famiglie, oltretutto molti ancora con la pista di atletica, un unicum nel panorama europeo. Purtroppo il problema è tutto politico istituzionale, siamo, ancora oggi, vittime delle lungaggini burocratiche su cui si arenano i progetti dei club. Penso alle recenti situazioni vissute dalla Fiorentina, dall’ex Presidente della Roma Pallotta, attualmente dai due club di Milano. Gli investitori stranieri che arrivano in Italia con grandi idee, progetti e capitali faticano a comprendere l’ostilità verso la realizzazione di opere che porteranno evidenti benefici all’intera comunità in termini di nuovi posti lavoro, crescita commerciale dei quartieri che li ospiteranno, nonché attrattività degli stessi stadi come vera e propria meta turistica. La Lega sta facendo la sua parte investendo in una struttura di advisory per supportare specificamente tutti i propri club, ma questo non è sufficiente serve, infatti, che il nuovo Governo nomini un commissario ad hoc con poteri speciali per non perdere l’ultimo treno con il futuro».
 

Dopo due anni si ricomincia senza restrizioni per il Covid. Che impatto ha avuto sul sistema calcio italiano la pandemia?
«La pandemia ha avuto un impatto devastante sulle Società di A che in totale hanno subito perdite superiori a 1 miliardo di euro. Nessuna rinuncia seria è arrivata dai calciatori che egoisticamente hanno pensato solo a se stessi. Anche il Governo, incredibilmente, non ha concesso alcun aiuto economico ai nostri club. Questa perdita, immensa, è stata gestita con grande difficoltà e senso di responsabilità dai Presidenti che troppo spesso ci scordiamo di ringraziare per i sacrifici che hanno fatto e continuano a fare per tenere vivi gli investimenti necessari a garantire che possa proseguire lo spettacolo della Serie A. All’inizio di questa nuova stagione, che dovrebbe finalmente avere gli stadi sempre aperti, non dobbiamo, però, dimenticare la lezione derivante dalle infinite difficoltà che, per due stagioni, abbiamo dovuto superare fronteggiando le differenti interpretazioni e l’iper attivismo di certe ASL». 
 

Solito quesito: non è che sono troppe venti squadre. E l’idea di un cambio di format come più volte sostiene Gravina? 
«La Lega è sempre alla ricerca di nuove soluzioni tecniche per far evolvere in meglio le nostre competizioni come avvenuto in occasione del nuovo format della Coppa Italia. L’ipotesi di riduzione a 18 club della Serie A è un tema di discussione delicatissimo su cui l’Assemblea si è già espressa, fino a oggi, per due volte in maniera contraria».
 

L'accordo Sky-Dazn che vantaggi porta? 
«Nel pieno rispetto del risultato del bando di assegnazione dei diritti per la Lega è importante, anche e soprattutto per i tifosi, che il prodotto Serie A possa avere la massima distribuzione possibile. Salutiamo quindi con favore l’accordo che permetterà di vedere sia su OTT sia su satellite tutte le 380 partite. Come stiamo vedendo dagli abbonamenti allo stadio, c’è grande voglia di calcio e questo porterà più abbonati anche alle pay TV e quindi un’ulteriore crescita delle audience».
 

In quei due mesi di stop della serie A pensate a qualche torneo come pure ipotizzava De Laurentiis? 
«Abbiamo lavorato per diverse settimane a un progetto ambizioso per esportare a Orlando in Florida un torneo che coinvolgesse tutte le 20 squadre durante lo stop per il Mondiale.

Lo avevamo valutato sotto tutti i punti di vista insieme al Presidente De Laurentiis e agli altri Presidenti, ma le differenti esigenze sportive degli staff tecnici ci han fatto desistere. Siamo, come sempre, a disposizione dei singoli club per aiutarli organizzativamente nel lungo e inedito stop che ci aspetta a partire da metà novembre». 

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