È Ital-Brasile: 49 oriundi in azzurro
con Joao Pedro e Luiz Felipe

È Ital-Brasile: 49 oriundi in azzurro con Joao Pedro e Luiz Felipe
di Alberto Abbate
Martedì 25 Gennaio 2022, 12:54 - Ultimo agg. 13:28
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Non scenderanno certo dal piroscafo a Genova come Mumo Orsi, il leggendario Raimundo, con moglie, neonato e cognata al seguito. Quelli erano altri tempi in cui l'idea di oriundo riassumeva molte ambiguità connesse al concetto di identità nazionale, che si è trascinato via un calcio ormai sempre più globalizzato. Luiz Felipe e Joao Pedro domani scivoleranno sul treno azzurro, senza il clamore che faceva una volta il passaporto originario. Con loro, raggiunge così quota 49 oriundi, l'albo italiano. Cinque dei 35 elementi saranno made in Brasile nello stage di domani a Coverciano: il laziale e il cagliaritano si uniscono a Emerson Palmieri, Rafael Toloi e Jorginho.

La storia dei nuovi

Il sangue, le radici, l'odore di casa sono cambiati da tempo, non solo con un timbro. Joao Pedro è cittadino italiano dal 2017, da quando si è sposato con  Alessandra, di Palermo. Ipatinga è un lontano ricordo, il classe 1992 si sente ormai italiano e vuole risolvere i problemi di Mancini in attacco. In realtà, anche il cagliaritano è un esperimento, altrimenti il ct non avrebbe richiamato anche Balotelli come ultima ratio. Il mondiale in Qatar passa dai gol di marzo. L'Italia non deve nemmeno prenderli però. Né dalla Macedonia del Nord e nemmeno, eventualmente e molto probabilmente, nella finalissima col Portogallo. Per questo viene convocato pure Luiz Felipe, che per il momento strappa il posto al compagno infortunato Acerbi, non solo nella Lazio. Al centrale biacoceleste viene pure perdonato di aver rifiutato anni fa il primo squillo di Di Biagio con l'Under 21.

All'epoca Luiz Felipe voleva le Olimpiadi con la Selecao, si sentiva molto più brasiliano.

Il pentimento di Altafini

Non dovrà esserci nessun pentimento, adesso. Molti dei 49 oriundi che hanno indossato almeno una volta la maglia azzurra si rintracciano a cavallo tra gli anni cinquanta e i sessanta. Fra questi c'è il mitico José Altafini, che un giorno non ha più nascosto: «Giocare con l'Italia è stato il più colossale errore della mia carriera. Avevo già  vinto un mondiale col Brasile nel '58, ero bravo, avevo solo due anni meno di Pelè. Da giovane non c'è nessuno a darti i consigli giusti, la proposta azzurra mi sembrava bella, ero contento, il doppio passaporto mi spettava, anche il Milan era soddisfatto perché poteva tesserare uno straniero in più. Morale della favola: gioco solo sei partite con l'Italia, segnando comunque cinque gol, e la Fifa proibisce la doppia nazionalità. Se fossi rimasto solo brasiliano, avrei probabilmente vinto tre mondiali. Invece, a ventiquattro anni la mia carriera in nazionale era già finita». E la saudade infinita. Ma per Joao Pedro e Luiz Felipe la storia è appena iniziata e può essere riscritta in Qatar.

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