Coronavirus, l'appello di Cannavaro:
«Mi rattrista vedere i cinesi maltrattati»

Coronavirus, l'appello di Cannavaro: «Mi rattrista vedere i cinesi maltrattati»
di Pino Taormina
Lunedì 10 Febbraio 2020, 16:52 - Ultimo agg. 17:04
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«La Cina ha tutti i mezzi per uscire fuori da questa emergenza sanitaria e lo farà presto. Ma mi ha rattristato nei giorni in cui ero a Guangzhou vedere le immagini in tv e sul web di cinesi emarginati o maltrattati nel nostro Paese, cacciati via dai locali. E queste scene non hanno aiutato neppure l'immagine dell'Italia». Fabio Cannavaro, è da poche ore rientrato a Napoli: lo sport nel Paese della Grande muraglia è fermo. Il campionato - dove il capitano della Nazionale campione del Mondo nel 2006 allena i campioni in carica dell'Evergrande - non si sa quando inizia e nella Champions asiatica hanno chiesto ai club cinesi di cominciare la stagione il 7 aprile.

Cannavaro, come è la vita lì di questi tempi?
«C'è una regione, quella di Wuhan, che è isolata ma negli altri posti tutto va avanti, sia pure con misure di precauzione contro il Coronavirus che sono normali in caso di epidemie: abbiamo vissuto e ci siamo allenati fino a pochi giorni fa nel nostro centro sportivo, abbiamo scelto di non andare altrove come magari hanno fatto altri club, perché i nostri medici hanno ritenuto che le mascherine, il controllo delle temperatura più volte al giorno, il lavarsi le mani fossero misure più che sufficienti. Non ho avuto mai paura, non ne ho adesso: sono pronto a tornare. E come me tutti i miei calciatori».

Però restano le strade deserte.
«Nessuno ha preso sotto gamba quello che sta succedendo. Tanto meno noi. Ma la Cina ha adottato misure spettacolari. La caccia alle streghe che ho visto da noi mi ha ferito: e ho molto apprezzato la visita del presidente della Repubblica Mattarella nella scuola dove c'erano dei bimbi cinesi. Mi ha riempito d'orgoglio ed è stato un bel gesto di distensione».

Come siete rientrati dalla Cina?
«Un volo per Hong Kong, poi per Dubai e infine a Napoli. A Capodichino, ma anche prima delle partenza da Hong Kong ci hanno misurato la febbre. Stiamo tutti bene e mi spiace che l'Italia sia tra i pochi paesi ad essersi praticamente chiusa: l'allerta c'è tutta, ma io che ho vissuto lì posso dire che ci sono tanti eccessi ingiustificati».

Però è tutto fermo. Il che significa che ci sono dei gravi pericoli?
«Il virus è nel suo momento di picco. Ho visto i numeri dei decessi per influenza o l'incidenza che ha avuto la Sars. Se l'Australia non avesse chiuso le frontiere alle tre squadre cinesi che dovevano gjocare la Champions, sono sicuro che noi avremmo iniziato a giocare in Coppa. Il rinvio mi ha spinto a dare 18 giorni di vacanza ai miei giocatori, restare lì ad allenarsi non aveva nessun senso».

Tornerà subito in Cina?
«Certo. Ma il 23 febbraio ci ritroviamo a Dubai. Non per paura. C'è da ricominciare la preparazione ed è normale andare in un posto caldo».

Ha qualche misura precauzionale che adotta in questi giorni a Napoli?
«Ai nostri medici inviamo una volta al giorno la nostra temperatura corporea. La situazione è assolutamente sotto controllo».
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