Hamsik campione di Turchia,
fa festa anche Napoli

Hamsik campione di Turchia, fa festa anche Napoli
di Gennaro Arpaia
Domenica 1 Maggio 2022, 17:55 - Ultimo agg. 2 Maggio, 07:13
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Da ragazzino il mare non l’aveva mai visto. A Banská Bystrica non c'è, come non c’è in tutta la Slovacchia. Forse per questo gli ultimi vent’anni di vita di Marek Hamsik sono stati un lento avvicinarsi al mare che non aveva mai avuto. E tornare a 12 anni si può, anche se in realtà la carta d’identità certifica che tra qualche settimana gli anni saranno 35 e la carriera è quasi alla fine, non all’inizio. Hamsik deve aver pensato a tutto questo: alle corse con papà Richard, alle lacrime e ai successi in Italia, alle scelte forse un po’ sbagliate. Un percorso lungo vent’anni e che si è concluso a Trebisonda, ieri sera, davanti a uno stadio Gunes strapieno e a una città impazzita. Quasi 40 anni dopo l’ultima volta il Trabzonspor è campione di Turchia, e nel successo della squadra di Avcı non può non esserci il segno di Marek.

A 35 anni ancora da compiere, lo slovacco si è preso il primo campionato della sua carriera. Non ci era riuscito in patria né in Italia, non ci era riuscito in Cina o nel breve passaggio in Svezia. L’ha fatto ora affacciandosi sul Mar Nero, nella città che di Napoli ne è l’esatta sorella euroasiatica affacciata a Oriente. Trebisonda è una città estrema, snodo di scambi millenari, porta del commercio da migliaia di anni. Ultimo baluardo e sede degli imperatori romani d'Oriente, tappa per Senofonte e Marco Polo. E proprio come un moderno Marco Polo Hamsik aveva saputo farne il viaggio a ritroso dalla Cina. La stagione del Trabzonspor è stata da record: in vetta dal primo all’ultimo momento e un campionato stracciato già tre giornate prima della fine. Il saggio Hamsik ha fatto insieme da leader e apprendista: 25 partite, 2 gol, 4 assist, al servizio della squadra e di quel titolo storico. Avrebbe voluto portarne uno a Napoli dopo troppo tempo, ci è riuscito invece in Turchia: da 38 anni la città portuale più importante del Paese non festeggiava come ha fatto stanotte, con canti e balli, urla al cielo e la sensazione, per una notte, di essere il centro del mondo e non più una tappa di passaggio.

L’ha meritata, Marek, che figlio di Napoli lo è ancora e lo sarà probabilmente per sempre. E quello di ieri è il suo primo trofeo di squadra che non è legato all’azzurro. Lo slovacco si affaccia da un anno davanti al mare: come aveva fatto a Napoli per una decade, come aveva fatto a Dalian in una avventura sfortunata e decisa anche dal covid, come aveva fatto persino a Göteborg dove si era rimesso in gioco per poter puntare ancora alla guida della sua nazionale. Qualcuno pensava che avrebbe smesso dopo l’estate, invece il Trabzonspor è arrivato subito e non ha mai avuto dubbi. A chilometri di distanza, al fischio finale del match contro l’Antalyaspor, anche la sua vecchia città ha fatto festa: Marekiaro, il suo numero 17 e la sua cresta altissima restano simboli di una squadra probabilmente indimenticabile, fatta di sogni infranti e rimorsi.

Ma fatta anche d’amore, come quello che tutta Trebisonda ora prova per il figlio di Napoli.

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