Jorginho, il calcio come rivincita:
«Dedicato a chi non credeva in me»

Jorginho, il calcio come rivincita: «Dedicato a chi non credeva in me»
di Francesco De Luca
Mercoledì 1 Settembre 2021, 08:14 - Ultimo agg. 2 Settembre, 10:12
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Il suo calcio è una rivincita. Contro chi cominciò a criticarlo quando era ancora un ragazzino e viveva in Brasile, prima di quel viaggio della speranza che lo avrebbe portato in Italia, a Verona. «Fin dai primi provini fatti in Brasile c'è chi mi ha criticato e bocciato ma tutto questo nel tempo mi ha reso più forte: non ho mai abbassato la testa né ho mai smesso di credere in me. Non dico che andare a giocare all'estero sia stato necessario ma di sicuro mi ha aiutato a crescere», spiega Jorginho, uno dei fuoriclasse della Nazionale campione d'Europa. Stanco di aspettare un segnale della Seleçao, colse al volo la chiamata di Conte nella primavera 2016. È diventato il punto di riferimento nella squadra di Mancini, crescendo anno dopo anno. Il ragazzo di Imbituba, Stato di Santa Catarina, ha avuto la fortuna di incontrare lungo la sua strada uno come Sarri, l'allenatore che a Napoli sei anni fa gli ha cambiato la vita. Era un precario nella squadra di Benitez, riserva di improbabili colleghi di reparto; è diventato un centrocampista da 60 milioni - quanti ne spese il Chelsea per il suo cartellino - con Maurizio, che è stato il suo primo tecnico anche a Londra. «Quanto resterò al Chelsea? Ho 29 anni, un po' presto per fare certi discorsi», ha sorriso nella sala stampa di Coverciano, dove si sente perfettamente a suo agio.

IL PREMIO
Proprio qui, l'altro giorno, Mancini ha fatto una scontata dichiarazione di voto per Jorginho: «Merita il Pallone d'oro». Perché ha fatto grandi cose nei mesi scorsi, vincendo in ordine di tempo Champions League, Europeo, Supercoppa europea. Ha ricevuto un riconoscimento dell'Uefa nel giorno dei sorteggi Champions, attende che sia comunicato il vincitore del Pallone d'oro 2021. Non può che spettare a lui, o in alternativa a Gigio Donnarumma, campione d'Europa a 22 anni con quelle parate decisive sui rigori in semifinale e finale. «Se ho fatto tutto il possibile finora per cercare di conquistare anche il Pallone d'oro? Lascio parlare gli altri, io cerco di vivere il momento e di godermelo.

Per l'assegnazione di quel premio manca ancora un po' di tempo, vedremo cosa accadrà».

Può sembrare strano, anzi incredibile, ma i detrattori ci sono ancora. Cassano, un talento che avrebbe meritato migliore sorte se avesse avuto un'altra testa, ha detto dopo l'Europeo: «Sarebbe uno scandalo se Jorginho vincesse il Pallone d'oro». Lui ha abbozzato, anche perché dal Brasile è arrivato il messaggio di congratulazioni di Pelé. Parole sicuramente più importanti. «I suoi elogi mi hanno lasciato a bocca aperta, sono rimasto sorpreso e ovviamente felice. Tutto quello che mi sta accadendo è un po' surreale per me». Mamma Maria Tereza, la sua prima insegnante di calcio, gli ha sempre detto di non lasciarsi andare nei momenti felici e di pensare ai sofferti inizi nella foresteria di Verona, o quando a Napoli era tenuto ai margini della squadra per questioni tattiche perché Rafa giocava con il centrocampo a due.

LA FAME E L'UMILTÀ
Jorginho non ha mollato perché aveva fame e umiltà. E vuole che ne abbia anche la Nazionale dopo essere tornata al vertice del calcio europeo dopo 53 anni. Il messaggio a se stesso e ai compagni, a poche ore dalla prima partita contro la Bulgaria per le qualificazioni mondiali (domani a Firenze), è chiaro: «Ora sarà difficile per l'Italia restare nell'ombra dopo la vittoria all'Europeo e il grande calcio mostrato, ma bisogna rimanere umili e continuare ad avere fame. L'elemento che ha fatto la differenza è l'unione all'interno di questo gruppo». Una squadra vera, dove Jorginho ritrova Insigne, che come lui iniziò la sua ascesa calcistica con Sarri, tornato ad allenare sulla panchina della Lazio. Non si sorprende, Giorgio, per i nove gol in due partite. «Sarri una sorpresa? Certamente non per me. Immobile si divertirà molto quest'anno». E lui non vede di farlo con la bella Italia. «Io a rischio per la botta al polpaccio? Nessun problema: per fermarmi dovrebbero tagliarmi la gamba».
 

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