La serie A torna ad allenarsi,
ma è subito crack per Ibra

La serie A torna ad allenarsi, ma è subito crack per Ibra
di Romolo Buffoni
Martedì 26 Maggio 2020, 07:30 - Ultimo agg. 13:09
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Da ieri la serie A è tornata a fare sul serio. Il via agli allenamenti collettivi, come da protocollo vidimato dal Comitato tecnico scientifico del governo, consente agli allenatori di cominciare la vera preparazione in vista del ritorno del campionato. Senza colpi di scena, giovedì il ministro Spadafora al termine del vertice con Figc e Lega annuncerà la data: 13 o 20 giugno per riesumare la stagione. Dopo due mesi di ginnastica fatta per lo più in diretta Instagram dai giardini delle loro ville, Cristiano Ronaldo e compagnia calciante tornano a darci dentro. Con tutti i rischi del caso. I preparatori interpellati durante il lockdown ammonivano: «Ci saranno molti infortuni» e ieri, purtroppo, hanno pagato pegno Zlatan Ibrahimovic e il Milan. Lo svedese, che pure era volato in patria dove il lockdown non c’è mai stato ad allenarsi con il “suo” Hammarby, si è fermato per un guaio al polpaccio che non promette nulla di buono. Sembra scongiurato l’interessamento del tendine d’Achille, ma lo stop non sarà breve. Dalla Spagna, arriva la notizia del crac al ginocchio per il talento portoghese dell’Atletico Madrid Joao Felix. La Roma, mai particolarmente fortunata con l’infermeria, già prima del ritorno alla “normalità” aveva perso Pau Lopez (microfrattura a un polso) e Perotti (lesione muscolare). Simone Inzaghi, nel presentare domenica a Che tempo che fa da Fazio la “rinascita” aveva confermato «dopo 60 giorni ho visto i ragazzi un po’ in difficoltà». Senza contare chi il Covid-19 se lo è beccato. Di ieri il monito dei cardiologi. Il professor Romeo (Policlinico Tor Vergata) dice: «Questa malattia rappresenta uno shock importante per il cuore. Gli atleti guariti non solo dovrebbero riposare almeno due settimane dopo la guarigione, ma dovrebbero anche intraprendere poi un allenamento graduale». Cautela suggerita anche dal professor Rebuzzi (Università Cattolica): «Il virus può causare microembolie e miocarditi. Prima di tornare ad allenarsi, un atleta positivo dovrebbe sottoporsi a una serie di test cardiovascolari». Ieri il Torino (che già sabato ci aveva dato dentro con una partitella proibita) ha comunicato che il suo elemento positivo (anonimo per privacy) è guarito ed è tornato ad allenarsi. La Juventus ha riaccolto il riottoso Rabiot e il ritardatario (ma dimagrito) Higuain, e anche Dybala dopo la lunga positività al coronavirus ha lavorato coi compagni. All’Inter, l’unico pensiero per i giocatori sembra essere il “martello” Conte. Ma i calciatori sono sempre sul piede di guerra. 
 

Sul tavolo il loro status di lavoratori dipendenti, con conseguenti responsabilità da assegnare in caso di positività. L’Inail la considera “incidente sul lavoro”, ma ha chiarito che i medici sociali sarebbero penalmente responsabili solo per colpa grave o dolo. Poi ci sono i contratti che scadono il 30 giugno, nonostante la Figc abbia allungato la stagione fino al 20 agosto: manca un atto formale per estenderne la validità. «Allungare i contratti diventa un problema - ha detto il presidente dell’Aic Tommasi -, soprattutto se un giocatore ha già firmato per un altro club e se quelle squadre devono affrontarsi». Da ultimo, ma non ultimo, il fattore climatico. Sono tre le fasce orarie individuate per disputare le partite: 16,30; 18,45 e 21. «Giocare alle 16,30 è difficile in estate - spiega Enrico Castellacci, presidente dei medici sportivi italiani ed ex medico sociale della Nazionale -. Mi ricordo il mondiale in Brasile, giocammo con un tasso di umidità del 90% all’una del pomeriggio. Sono climi difficili da sopportare. «D’ora in poi - aggiunge Castellacci - il binomio preparatore-medico, sarà fondamentale per le squadre, per i recuperi e per ridare tono agli atleti». Più duro Daniele Gastaldello, capitano del Brescia: «Finire questo campionato è una forzatura, si va incontro a dei rischi: giocare alle 16,30 d’estate è scandaloso. Non siamo macchine, siamo esseri umani. I nostri stipendi? Ci sono giocatori che guadagnano al minimo federale e hanno famiglia. Non sono tutti uguali a Cristiano Ronaldo».
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