Si riparte. Domani Inter e Napoli, mercoledì Juve e Atalanta. L’ultima italiana a giocare la finale di Champions League fu la Juve di Allegri nel 2017: umiliata dal Real Madrid. E a nove anni fa risale l’ultima vittoria, quella dell’Inter del Triplete di Mourinho. Vi è stato un arretramento tecnico ed economico: dal 2011 la Spagna ha vinto sei volte il trofeo, l’Inghilterra due (ultimo successo quello del Liverpool, atteso domani sera al San Paolo), la Germania una. L’Italia è rimasta al palo: la Juve ha sì giocato due finali, però le sconfitte contro il Barcellona nel 2015 e il Real due anni fa sono state senza discussioni; l’Inter e il Milan hanno vissuto travagliati passaggi societari che hanno inciso sui risultati; la Roma è arrivata a un passo dall’impresa di qualificarsi per la finale nel 2018; il Napoli di Sarri è stato eliminato nel 2017 dal Real Madrid e quello di Ancelotti è uscito di scena nello scorso dicembre a causa della differenza reti. Gli azzurri sono stati sconfitti in questi anni da chi ha poi vinto la Champions (Chelsea, Real e Liverpool) e ciò testimonia la qualità del lavoro fatto dal club di De Laurentiis.
Possiamo auspicare che la tendenza cambi perché in questa estate è accaduto qualcosa di significativo sul mercato. I club italiani hanno investito oltre un miliardo - anche se vi sono state molte fittizie plusvalenze - e hanno arricchito il campionato con giocatori di valore: si pensi a Lukaku, De Ligt e Lozano, per citare i colpi delle tre candidate allo scudetto. La Champions offre l’occasione di verificare se tanti milioni sono stati ben spesi e se il gap rispetto a Premier e Liga si sta colmando. I fatturati e il valore delle rose dei club europei dicono, per ora, altro. Nella classifica degli organici delle squadre della Champions stilata dal sito Transfermarkt - al comando vi è il Manchester City con 1,2 miliardi - la prima italiana è la Juve, nona, con 864 milioni. Quattordicesimo il Napoli (625), quindicesima l’Inter (535) e trentaseiesima l’Atalanta (252). È una marcata differenza, d’altra parte - al di là della forza delle proprietà e della qualità degli impianti - c’è il discorso dei diritti televisivi: i club della Premier, secondo altri parametri, dividono il doppio rispetto a quelli di serie A e questi sono milioni che pesano. Ma dal mercato estivo è arrivato un incoraggiante segnale e adesso serve la verifica: qual è il reale effetto di quell’investimento miliardario fatto dal calcio italiano?
La differenza possono farla i bravi giocatori ma anche i buoni allenatori. Ne sono rientrati due di spessore, Conte e Sarri, e già un anno fa De Laurentiis aveva fatto un gran colpo portando Ancelotti a Napoli. A loro è affidato il compito di far pesare il ruolo dell’Italia nella più importante competizione internazionale. La sfida è onerosa e affascinante. Per Conte, l’unico a punteggio pieno in campionato, c’è un avvio soft contro lo Slavia Praga: ha avuto i rinforzi, anche platealmente sollecitati, e ha cominciato la guerra di nervi con la Juve e Sarri, ricordandogli che ora è lui l’uomo da battere e non può lamentarsi dell’orario pomeridiano di una partita. Sarri ha un bel po’ di problemi da gestire nella Juve e troverà un furioso Atletico Madrid, caduto nell’anticipo della Liga sul campo della Real Sociedad: a Maurizio serve ancora tempo ma quello di mercoledì è già un ostacolo da superare senza danni. Ancelotti ritrova il Liverpool e Klopp, ormai vecchi amici del Napoli considerando la frequenza dei confronti in coppa o in amichevole: aver dato equilibrio alla squadra (e altri tre punti) dopo le prime due incerte prove in campionato è un confortante segnale in vista di un appuntamento già cruciale per la qualificazione. Lui, l’uomo delle tre Champions, stavolta non vorrà fermarsi sul più bello.
Le ambizioni italiane
all’esame Champions
di Francesco De Luca
Lunedì 16 Settembre 2019, 09:53
- Ultimo agg. 14:22
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