Luis Enrique, l'allenatore della Spagna
che tifa Italia per la finale di Wembley

Luis Enrique, l'ex Roma che tifa Italia per la finale. Tra lutti e successi, il profilo dell'allenatore della Spagna
Luis Enrique, l'ex Roma che tifa Italia per la finale. Tra lutti e successi, il profilo dell'allenatore della Spagna
Mercoledì 7 Luglio 2021, 14:47 - Ultimo agg. 19 Febbraio, 21:59
4 Minuti di Lettura

Tiferà per noi, Luis Enrique. L'allenatore della Spagna è rimasto legato all'Italia nonostante ieri, ai rigori, abbia rispedito a casa i suoi. Forse è il suo passato alla Roma, di cui è stato mister nella stagione 2011-2012, non certamente la migliore per i giallorossi, forse è quello che questa squadra rappresenta: sfavorita nei pronostici, non creduta all'altezza dagli avversari, la Nazionale di Roberto Mancini è un sogno che passo dopo passo si sta concretizzando, e infatti è arrivata la finale. Un sogno che, invece, l'asturiano ha visto interrompersi sul più bello, e non è neanche l'unico.

Dai Mondiali del '34 a Euro 2020: tutte le finali dell'Italia in un video

Luis Enrique, l'allenatore della Spagna che tifa Italia

Luis Enrique nasce a Gijon, nelle Asturie, nel 1970. La sua favola calcistica inizia nella squadra della sua città, a undici anni, ma il suo esordio nel calcio che conta arriva quando ancora il centrocampista ha diciannove anni. Neanche il tempo di mettersi a proprio agio e viene subito reclutato dal Real Madrid: è il 1991 e, per 3 miliardi di lire, l'attuale allenatore della Spagna è già pronto per palcoscenici importanti. Nella capitale rimane per cinque anni, per poi passare agli eterni rivali del Barcellona, giusto perché il presidente dei merengues non gli rinnova il contratto. Con i blaugrana resta fino al 2004, anno nel quale decide di appendere le scarpette al chiodo, non prima di aver portato a casa diversi troferi. Tra le due big spagnole vince tre Lighe, due Coppe di Spagna, due Supercoppe spagnole, una Supercoppa Uefa, una Coppa delle Coppe e un oro Olimpico.

Se da giocatore il suo palmares già splende, come allenatore si supera. La sua carriera in panchina inizia alla seconda squadra del Barcellona, ma decolla solo alla Roma. È il 2011 e la prima vera esperienza alla guida di una squadra glie viene affidata proprio dai giallorossi. Come già detto, quella non è stata una grande stagione per la squadra capitolina, ma il suo ricordo è ancora molto vivo tra i tifosi e tra i suoi giocatori - lo testimonia l'abbraccio di ieri con Daniele De Rossi, ora nello staff di Roberto Mancini. Un anno in Italia e poi subito il ritorno in Spagna, alla Celta Vigo, dove rimane un altro anno, fino a quando non viene richiamato dal 'suo' Barcellona.

Euro 2020, l’Italia vola in finale: il delirio a Wembley

Al suo ritorno sulla panchina dei culé, Luis Enrique vince tutto. Prima mette in saccoccia il campionato, poi è la volta della Coppa del Re, mentre il 6 giugno, in finale contro la Juventus di Massimiliano Allegri, è il turno della Champions League. Non male, insomma. A Barcellona, rimane fino al 2017, per sua stessa decisione. Un anno di riposo ed è la volta della Nazionale spagnola, dove tuttora siede. Ma in quest'esperienza, l'allenatore gentile, che tratta tutti allo stesso modo, campioni affermati e talenti che ancora devono sbocciare, come racconta Francesco Totti nella sua autobiografia, vive il suo momento più brutto.

Nel 2019, l'asturiano è costretto a lasciare, suo malgrado, il ruolo di commissario tecnico. Le voci che circolano non sono per niente belle, sua figlia sta male e lui non se la sente di continuare. Torna quando non c'è più niente da fare per Xana, morta per un tumore alle ossa a soli nove anni.

Tutto il mondo esprime solidarietà nei confronti del mister e piange con lui l'immenso dolore.

Intanto il suo vice, Robert Moreno, porta la Spagna a Euro 2020, la pandemia non è neanche in programma. Poi lo stop, le cose che già si sanno, un cammino neanche troppo semplice ai gironi, i quarti agguantati soffrendo, la semifinale pure, e l'Italia. Che sì, lo avrà mandato a casa sul più bello, ma che lui non dimentica e con la quale vuole continuare il sogno, da uomo di sport e da amante delle cose belle. Grazie, Luis. Anche noi avremmo tifato te se le cose fossero andate diversamente.

© RIPRODUZIONE RISERVATA