Che d10s vi benedica! Voleva l'eternità, il figlio tante volte reietto di questa Argentina. E l'ha conquistata. Ed è gloria eterna per Lionel Messi: perché questa Coppa del Mondo lo consegna nell'Olimpo. Come Maradona. Ha scritto la storia, stavolta. E non è uno scarabocchio: non ha vomitato come in Brasile, non ha pianto come tante altre volte dopo una partita gettata al vento con lui in pantofole. Si è messo sulle spalle la Seleccion con la Francia dopo che per troppo tempo la nazionale è stata per lui una infelicità senza fine. E nella finale più bella della storia artiglia l'infinito: l'ha rialzata lui nel tempo supplementare dopo la rimonta-choc di Mbappé, ha poi segnato il primo rigore in quella che per tutti è la lotteria della dea bendata ma dove, invece, la fortuna ci vede benissimo. E stavolta è lui sul tetto del mondo: non è più l'eroe al contrario, ha smesso di essere l'anti-Maradona. «È pazzesco che sia andata così. Lo desideravo moltissimo - dice mentre accarezza e bacia la coppa - Sapevo che Dio me lo avrebbe dato, avevo il presentimento che sarebbe andata così. Ora me la devo godere tutta. Si è fatta desiderare tanto ma è arrivata. Guarda questa coppa, è bellissima. Abbiamo sofferto molto, ma ce l'abbiamo fatta. Non vediamo l'ora di essere in Argentina per vedere quanto sarà felice la gente e festeggiare con loro. Giocherò ancora qualche gara con la nazionale, ma è il mio ultimo mondiale». La Pulce è finalmente diventata un gigante. A 35 anni. In quello che era il suo ultimo assalto alla gloria eterna. Come un vecchio nostromo temprato dalle tempesta, non ha fallito un colpo dagli ottavi in poi: ha sempre fatto gol, perché quando c'è stato da prendere per mano i suoi compagni, finalmente non si è tirato indietro, non ha tremato, non si è fatto da parte. In Argentina ora è un eroe, dopo che per anni lo hanno massacrato per via della garra sudamericana che non aveva («È cresciuto a Barcellona») e della leadership che veniva meno ogni volta che serviva. Il Mondiale di Diego del 1986 era una specie di cappio al collo per Leo Messi: ha giocato cinque mondiali prima di riuscire ad alzare al cielo di Doha la coppa d'oro. E non a caso viene portato in trionfo come Diego all'Azteca, trascinandoselo in giro per il campo sulle spalle.
Messi è finalmente diventato un Messia.
Non può aver cancellato Maradona, non fa ombra a Dieguito questo successo. Doha 2022 non è come Città del Messico 1986. Di quel mondiale ci sono i segni indelebili della leggenda in ogni momento, in ogni secondo: la Mano de Dios e quello slalom pazzesco in cui ne scartò cinque, ne sedette sei vinse una partita e sorprese un secolo. In dieci secondi e in 60 metri scavalcò e ridicolizzò l'impero britannico. E fece lo stesso con il Belgio e poi anche con la Germania ovest, anche se non fece gol. È stato il miglior mondiale di sempre per Messi ed è stato il miglior giocatore dell'Argentina, Messi e di questo Mondiale. Ognuno ha a che fare con un destino: Baggio resta Baggio nonostante il rigore sbagliato a Pasedena, Johan Cruyff, «il profeta del gol», anche. Nessuno avrebbe discusso la grandezza di Messi a prescindere da questa finale. Ma lui ha cercato e voluto l'infinito e se lo è preso. E nell'infinito trova Maradona. E un pezzo della sua gloria eterna.