Monza promosso in serie A,
il grande ritorno di Berlusconi

Monza promosso in serie A, il grande ritorno di Berlusconi
di Pino Taormina
Lunedì 30 Maggio 2022, 07:00 - Ultimo agg. 31 Maggio, 19:11
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Dall'Arena di Milano alle vecchia Arena Garibaldi. Bentornato Cavaliere. Ieri festeggia senza la Cavalcata delle Valchirie, come invece fece nell'estate del 1986 per presentare il suo primo Milan. E chissà se la ricorda ancora la rondella che colpì Renica proprio sul campo del Pisa e che rischiò di mandargli di traverso il campionato 87/88, quello in cui poi vinse il suo primo scudetto. Il cavaliere torna da Pisa questa volta con la storica promozione in serie A, con il Monza. Ci sono voluti i supplementari per avere il verdetto, con la vittoria per 4-3 (al 90' 3-2 per il Pisa che all'andata aveva perso per 2-1). L'ex premier sembra inesorabilmente alla ricerca dell'eterna giovinezza e adesso, come allora, si affida alla solita accoppiata: la politica e il calcio. Bentornato in seria A, Cavaliere. Anche se le immagini in tv lo scovano con gli occhi chiusi in tribuna e la fidanzata Marta Fascina al suo fianco. Forse addormentato, chissà, quando i padroni di casa segnano il gol al 90’. E chissà cosa succederà quando affronterà il Milan. Quel Milan con cui, in 31 anni, ha conquistato otto scudetti, cinque tra Coppe Campioni e Champions, tre tra Coppe intercontinentali e Mondiali per club e tanto altro. «Solo Bernabeu a Madrid ha vinto come me. E a lui gli hanno dedicato lo stadio», disse scherzando (ma non troppo).

Un'altra delle sue discese in campo. Forza Italia, ormai da tempo non più partito più amato dagli italiani, vede il suo ritorno al comando (di quello che resta, però), nonostante i processi che, come i successi, non sembrano abbandonarlo mai. Questa promozione sembrerebbe davvero poca cosa rispetto all'epopea del Milan ma per uno che ricorda ancora con esaltazione le vittorie da allenatore-proprietario dell'Edilnord negli anni 60 è invece una immensa gioia. Per prendere il Monza, nel settembre del 2018, e mettere alla guida l'inseparabile amico Galliani, non ha faticato come nel 1986 quando dopo una lunga trattativa con Farina, strangolato dai debiti e sull'orlo del crac, si prese il Milan che in quel momento era reduce da due stagioni in serie B. Silvio Berlusconi era il re delle tv private, per questo ribattezzato Sua Emittenza e a capo di Fininvest. È frenetico, pieno di idee e di immagini. Passa le sue notti, dice, a studiare le tv e Milanello. Manda Fabio Capello a vedere il centro tecnico del Real Madrid, per copiarne l'organizzazione.

Il suo Milan ha una missione: vincere e divertire. Al primo raduno nell'Arena di Milano Berlusconi fa arrivare la squadra a bordo degli elicotteri sulle note della Cavalcata delle Valchirie. «Serve per motivare i tifosi». E in pochi giorni vende ventimila abbonamenti. Il calcio cambia con lui: prenderà calciatori solo per farne collezione. Ma colleziona anche vittorie e scudetti, coppe e medaglie.

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Quello di Sacchi. Ma anche il grande Milan di Capello, il grande Milan di Ancelotti. Con campionissimi e Palloni d'oro. Con Gullit e Van Basten. Con Weah, Papin, Kakà e Shevchenko. Il Cavaliere ha sempre pensato (e pensa) in grande. Entra in politica qualche anno dopo aver vinto il primo scudetto, nel 1988. Lascia la presidenza del Milan, ma non la squadra. «Quella» è un affare di cuore. E comunque il Milan è suo. Anche quando lo vende, nel 2016. Non prima di aver vinto con Allegri in panchina il suo ultimo campionato. Ora vince con Giovanni Stroppa. L'artefice dell'operazione è sempre lui, il senatore Adriano Galliani, monzese doc sempre sedotto dagli stadi. Certo, anche Berlusconi ha dovuto fare i conti con i suoi aut aut. «Voglio una squadra di italiani». E invece sono arrivati gli stranieri al Monza, con Galliani che per giustificarsi ha detto: «Anche il Milan di Sacchi aveva tre olandesi». La resa più sofferta quella per i tatuaggi: «Non li voglio sulla pelle dei miei calciatori». Ma il calcio del 2022 è cambiato in tutto, è più semplice contare quelli che un tatuaggio non ce l'hanno. Ma su una cosa il calcio di adesso non è cambiato: se c'è Berlusconi a guidare un club, quello alla fine vince sempre. E così il Monza approda in serie A: prima di lui, in 115 anni, in Brianza l'avevano soltanto sfiorato nel 1979 (spareggio perso col Pescara). La collina di Arcore è a due passi: per Berlusconi, che è evidente è allergico a pantofole, poltrone e al telecomando (le tv le fa, non le guarda) sarà più semplice andare a vedere gli allenamenti. Senza usare l'elicottero. 

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