«Erano banditi travestiti da tifosi del Legia che sono venuti qui avendo come unico intento quello di devastare la città. Ma noi siamo riusciti a fermare questa orda di criminali», disse l'allora questore di Napoli, Guido Marino, il giorno dopo i disordini provocati dagli ultrà polacchi (e quelli napoletani). La guerriglia in città, in quei giorni di dicembre del 2015, portò a un bilancio da brividi. Ventisei persone arrestate e quindici feriti, undici dei quali erasno rappresentanti delle forze dell'ordine. Poi ci sono le armi sequestrate. Settecento tra poliziotti, carabinieri e finanzieri erano stati mobilitati, poi, per garantire che dentro e fuori lo stadio non si ripetessero le scene di follia andate in scena tra mercoledì e giovedì. Dunque, di cosa meravigliarsi se la prefettura ha vietato la vendita ai tifosi residenti in Polonia dei biglietti per Napoli-Legia, terza giornata di Europa League?
Eppure, il club polacco ha emesso un duro comunicato: «Nonostante gli sforzi del club per più di una settimana, le autorità italiane competenti hanno mantenuto la decisione di non vendere i biglietti ai cittadini polacchi per la partita Napoli-Legia.
Nonostante la nota, la decisione del governo italiano non cambierà: la trasferta per gli ultrà del Legia resterà, di fatto, vietata. Non capita spesso in Europa che vengano presi provvedimenti così drastici. Ma il precedente, Napoli messa a ferro e fuoco dagli incidenti tra ultrà del Napoli e quelli del Legia (con tanti poliziotti ad aver avuto la peggio) non può che giustificare questo altolà.