Rissa e razzismo, Psg-Marsiglia è la partita della vergogna

La lite tra Alvaro e Neymar
La lite tra Alvaro e Neymar
di Romolo Buffoni
Martedì 15 Settembre 2020, 07:30
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Il calcio non impara mai la lezione o, forse, è il destino di uno sport che meglio di tutti intercetta e fotografa la società e i suoi difetti. L’indegna gazzarra scatenata domenica sera a Parigi dai giocatori di Psg e Marsiglia è l’ultima testimonianza, in ordine cronologico, di come i giocatori riescano a dare il cattivo esempio. Mentre tutto il mondo sportivo si mobilita seguendo l’onda del Black Lives Matter, i calciatori se le danno di santa ragione e, a quanto pare, si insultano con epiteti razzisti. Cinque espulsi nel match giocato al Parco dei Principi - che a noi interessava soprattutto per l’esordio di Florenzi con i vice campioni d’Europa (subito ammonito ma unico a salvarsi nei giudizi d’Oltralpe) -, con coda al veleno tra Alvaro Gonzalez e Neymar. «Mi ha urlato “scimmia”. È un razzista», ha denunciato il brasiliano sui social. «Non c’è posto per il razzismo - ha replicato Gonzalez -. A volte devi imparare a perdere e assumerti le responsabilità sul campo». Un periodo di guai per il Psg che, ieri in Svizzera a Bellinzona, ha visto andare a processo il suo patron Nasser Al-Khelaifi in Svizzera per l’inchiesta di corruzione dell’ex segretario generale della Fifa Jerome Valcke nell’attribuzione dei diritti di trasmissione in tv delle partite. Al-Khelaifi è anche il capo di beIN Media.
CONTROCORRENTE
Stavolta non sono i “buu” del pubblico (per altro presente al Parco dei Principi anche se in misura molto ridotta per via delle misure anti-Covid) ad aver scatenato il pandemonio. Ci hanno pensato direttamente loro, ragazzini milionari in braghe corte che in questi casi è difficile distinguere da una comitiva di mocciosi viziati che si azzuffano nel cortile. Eppure gli esempi dei loro colleghi non mancano. Lewis Hamilton sta sfruttando la quasi matematica certezza di vincere ogni Gp di Formula 1 e quindi di salire sul gradino più alto del podio, per lanciare messaggi anti-razzisti e di denuncia di discriminazione verso i neri. L’ultimo messaggio domenica al Mugello “Arrestate i poliziotti che hanno ucciso Breonna Taylor”, donna di colore morta il 13 marzo scorso a seguito di una sparatoria da parte di tre agenti del dipartimento di polizia locale che stavano effettuando una perquisizione nella sua abitazione. Maglia che a quanto pare non è stata gradita dalla Federazione automobilistica mondiale, che sta pensando di aprire un’inchiesta. La stessa cosa ha fatto e sta facendo la giapponese Naomi Osaka, vincitrice degli Us Open con dedica al Black Mamba Kobe Bryant, si è schierata col movimento Black Lives Matter dopo la morte di George Floyd scrivendo una lettera aperta e partecipando di persona alle manifestazioni di Minneapolis. Anche il pilota romano di MotoGp Franco Morbidelli, di mamma brasiliana, nella domenica in cui a Misano ha centrato la sua prima vittoria nella Classe regina indossava un casco con stampato un messaggio di uguaglianza fra gli esseri umani. Infine nella scorsa notte italiana, sette squadre sulle 26 di Nfl (football americano) si sono rifiutate di scendere in campo durante l’inno americano mentre altri giocatori lo hanno ascoltato in ginocchio.
INCIVILTÀ ANTICA
Il calcio, invece, dopo iniziative dei singoli la scorsa estate (esultanza in ginocchio dopo un gol) o di Lega (partite in Premier con la scritta Black Lives Matter al posto dei cognomi dei giocatori) è ricaduto nei suoi vecchi errori. Stavolta gli ultrà non c’entrano.

Non ci sono cori da analizzare e stigmatizzare, la responsabilità è tutta dei giocatori. A vent’anni dall’eclatante lite Vieira-Mihajlovic in un Lazio-Arsenal avvenuta a colpi di spintoni e insulti “negro” e “zingaro”, è cambiato poco. Suarez, bomber uruguaiano del Barcellona, ai tempi del Liverpool si beccò 8 giornate per aver detto svariate volte “negro” a Evra, ai tempi al Manchester United. Altrettante se ne è beccate lo scorso inverno il portiere spagnolo del Leeds Casilla per aver insultato Leko del Charlton. Inciviltà antica e a quanto pare incancellabile che, in Italia, viene denunciato molto spesso nelle serie minori e addirittura in partite di settore giovanile.

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