A Maurizio Sarri sono bastati poco più di 400 giorni per conquistare il primo trofeo in Italia e da allenatore della Juventus: ha fallito gli appuntamenti con la Supercoppa Italiana e con la coppa Italia, ora può godersi lo scudetto. Perché la prima volta non si scorda mai, anche se è arrivato in un club il cui motto è «vincere non è importante, è l'unica cosa che conta». E per Sarri, che si presentava come l'anti-juventino per eccellenza, è stato tutt'altro che semplice.
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«Ho preferito andare all'estero per non passare direttamente dal Napoli a un'altra squadra italiana», è stata una delle primissime frasi pronunciate il 20 giugno 2019, giorno in cui ha conosciuto l'Allianz Stadium e i colori bianconeri. Ed è anche per quel suo affetto verso Napoli e il Napoli che, ancora dopo un anno, non è riuscito ad entrare nel cuore dei tifosi. Ha dovuto adattarsi allo stile Juve, «L'importante è che non mi mandino in campo nudo» la battuta per dribblare la questione tuta, uno dei suoi marchi di fabbrica in tutta la carriera, e ha dovuto parare le riserve dovute a un curriculum in cui, alla voce «successi», c'era soltanto un'Europa League con il Chelsea e un campionato di Eccellenza alla guida del Sansovino. «Ad Empoli erano scettici, così come a Napoli e a Londra: si deve vincere e convincere per far cambiare idea alla gente, facendo divertire e giocando un buon calcio» rispose a proposito dei tanti dubbi sulla scelta della Juve di puntare su di lui per il dopo-Allegri. Ha vinto il campionato, il bel calcio però non è visto per davvero: anche per questo ha ricevuto diverse critiche, dalla stampa e dal mondo bianconero. «Magari è perché sto sui coglioni a qualcuno, ma mi interessa relativamente perché mi sento più preparato in materia», l'attacco durante la conferenza di vigilia della trasferta di Udine.
Sarri, scudetto senza spettacolo
ma con sigaretta e schiuma da barba
Domenica 26 Luglio 2020, 23:52
- Ultimo agg.
27 Luglio, 00:30
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