È di 1600 chilometri la distanza da Napoli a Leverkusen. E certo l'atmosfera domani sera non sarà quella dello stadio di Udine o del Maradona, dove si sono svolti in un mese - dal 4 maggio al 4 giugno - i festeggiamenti per lo scudetto vinto dopo 33 anni, nel caso la Nazionale centrasse l'obiettivo della qualificazione agli Europei. Sarebbe il secondo prestigioso colpo in un anno firmato Spalletti, passato da una panchina azzurra all'altra, proprio all'inizio della stagione calcistica che avrebbe voluto vivere da spettatore, l'anno cosiddetto sabbatico lontano dalle esaltazioni e dalle tensioni della trionfale stagione a Napoli. È stato richiamato, più che dal presidente della Federcalcio Gravina, dall'amore per la maglia dell'Italia e per la bandiera tricolore che cuciva sua madre, affinché il piccolo Luciano potesse poi scendere per strada a festeggiare i successi della Nazionale.
Il momento è domani sera, a Leverkusen, il campo neutro scelto dall'Ucraina per l'ultima partita dal gruppo C. Un durissimo spareggio. Lontana dalla sua terra e dalla sua gente, la squadra - raggiunta dall'Italia al secondo posto a 13 punti - cerca di infliggerci un'altra umiliazione, dopo quel treno per il Mondiale in Qatar perso nel marzo 2022. No, non può finire come in quella partita del primo playoff a Palermo. Spalletti vuole dare alla Nazionale, la sua Nazionale che è diversa nello spirito rispetto a quella di Mancini, le energie giuste per conquistare il punto che serve per centrare l'obiettivo. Il minimo per chi ha vinto l'Europeo 2021 a Wembley, si potrebbe ritenere. Ma dopo quel successo la Nazionale è ripiombata nel buio. E Spalletti domani vuole definitivamente scacciare le ombre. «Dobbiamo continuare a essere uniti». Tatticamente e spiritualmente, come è stato il suo Napoli nell'anno più bello, quello che Luciano ha voluto stampare nella sua mente e tatuare sulla sua pelle, con lo scudetto e la N disegnati sull'avambraccio sinistro, casualmente mostrato una volta sul campo di Coverciano durante un allenamento della Nazionale. I sentimenti, quelli veri, non vanno esibiti.
La sua da Napoli non è stata una fuga, lo sa perfettamente la gente che lo ha amato, mettendolo poi - volutamente o meno - in contrapposizione con Garcia, che dopo quattro mesi di delusioni è stato costretto ad appendere al chiodo la tuta azzurra. Lunedì scorso, mentre si avvicinava l'esonero di Rudi, l'allenatore campione d'Italia 2022-2023 ha dedicato affettuosi pensieri ai suoi vecchi tifosi e parole di rispetto al francese. Adesso c'è un toscano come lui, un amico come Mazzarri. E ci sono i ragazzi del Napoli nel club Italia: Di Lorenzo, Meret (escluso stavolta dai convocati per infortunio), Politano e Raspadori, che l'altra sera all'Olimpico ha scacciato le ansie della Nazionale segnando la quarta magnifica rete. Spalletti ha creato una cooperativa del gol, come si definiva un tempo: nove marcatori nella sua breve gestione. D'altra parte, un allenatore non ha sempre la fortuna di avere Osimhen, capocannoniere dello scorso campionato, e allora è il gioco di Luciano - pressing alto e continuo, i centrocampisti e gli esterni che si lanciano in area per scardinare le difese - a creare occasioni da gol per tutti. Di Lorenzo è diventato Di Lorenzo - un laterale che spinge tanto sulla fascia per offrire assist e proporsi, spesso con successo, al tiro - proprio seguendo le indicazioni di Spalletti.
Il cielo di Leverkusen non è quello di Berlino, sotto il quale la Nazionale festeggiò nel 2006 la quarta Coppa del mondo. Ma un punto (o tre, certo: il messaggio di Raspadori sulla voglia di vincere contro gli ucraini è stato chiarissimo) può farci pensare che con Spalletti sia stata intrapresa la strada che può riportare anche questi azzurri in alto. Forse, nella trasformazione caratteriale dell'Italia, c'è una traccia del Napoli, definito un giorno «kennediano» dal suo allenatore perché «ogni giocatore si chiede cosa può fare per la squadra». A domani sera per fare festa ancora.
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