Sylvinho tra Gattuso e Mancini:
«E vi svelo il futuro di Messi»

Sylvinho tra Gattuso e Mancini: «E vi svelo il futuro di Messi»
di Bruno Majorano
Lunedì 4 Gennaio 2021, 18:00
4 Minuti di Lettura

Da calciatore ha vinto tutto, e da allenatore sta provando a mettere in pratica tutto quello che ha rubato qua e là nelle sue tante esperienze in campo. Sylvinho ha fatto la sua prima esperienza in panchina come vice di Roberto Mancini all’Inter, dal 2014 al 2016, poi è stato collaboratore di Tite con il Brasile e lo scorso anno ha guidato il Lione fino all’esonero di ottobre. 

E ora?
Ho tanta voglia di mettere in pratica tutto il lavoro e l’esperienza che ho accumulato negli anni. Fortunamente ho giocato in tanti campionati e questa cosa mi ha dato tanto».

Serie A?
«Magari, mi piacerebbe tanto. Ma una cosa è certa: la mia prossima scelta sarà la più importante. Devo scegliere un bel protetto e per questo mi sto facendo seguire dalla Giulianisportsltd che ha occhi aperti sull’Italia e non solo».

A proposito di serie A: che idea si sta facendo di questo campionato?
«Da sempre quello italiano è un campionato difficile e in questo momento è ancora più aperto e combattuto. Pioli è un grande allenatore e con un fuoriclasse come Ibra non mi stupisce che il Milan sia lassù».

E il Napoli?
«Gattuso sta facendo un lavoro molto interessante. Ma non mi stupisce, perché lo ricordo già dai tempi del Milan e lo seguivo. Mi piacevano i suoi metodi. E poi è un maniaco dell’organizzazione di squadra: si vede la sua personalità nella squadra. Da calciatore abbiamo giocato contro in Champions ed era uno tosto. Ma per me Napoli vuol dire anche ricordi del passato».

Davvero?
«Da ragazzino guardavo tantissimo le partite della squadra di Maradona perché con lui c’erano due brasiliani come Alemao e Careca che mi piacevano tantissimo».

Poi il Napoli è stato sulla sua strada da allenatore, quando era all’Inter con Mancini...
«La nostra era un’altra Inter rispetto a oggi: eravamo in ricostruzione. Eppure per 12-13 giornate siamo stati in testa, poi la Juve era troppo più forte e ci ha ripreso. L’unica che sembrava potesse tenere testa ai bianconeri era il Napoli che stava sempre lì a combattere per il titolo.  Con Sarri la squadra girava alla grande, giocavano a due tocchi e con Jorginho in mezzo al campo erano infermabili».

A proposito di Mancini: oggi come lo vede sulla panchina della Nazionale?
«Roberto è un vincente.

L’ho pensato fin dal primo giorno in cui l’ho avuto come allenatore al Manchester City. Ha una personalità molto forte, ma allo stesso tempo è tranquillo. Sono contento che la gente in Italia lo stia davvero apprezzando».

La sua qualità migliore?
«È un grandissimo gestore del gruppo. Caratterialmente è fortissimo e poi capisce molto bene gli umori dei calciatori. È tranquillo e crea una grande empatia con i suoi ragazzi».

Rispetto a quando era con lei in panchina lo vede diverso? 
«Sta attraversando un momento incredibile e infatti è più tranquillo e più sereno. Prima non era così. Ha pedalato tanto e ha vinto tanto. Sta vivendo un periodo brillante». 

Ha giocato per tanti anni con Messi al Barcellona: si è fatto un’idea sul suo futuro?
«Premessa: Messi è sempre stato un po’ introverso, quindi riuscire a capire quello che pensa è quasi più difficile di provare a togliergli il pallone. Fino a due anni fa sembrava impossibile immaginarlo fuori da Barcellona, mentre ora è davvero imprevedibile quello che farà. Penso che i prossimi mesi saranno decisivi».

In campo cosa vuol dire allenarsi con Messi?
«Impressiona la facilità che ha di vedere la porta da qualunque parte del campo. Ricordo che quando aveva 16 anni giocavamo 4 contro 4 in allenamento a campo ridotto e lui era capace di segnare 8-9 gol in pochissimi minuti. Dribbling secco e tiro in porta. Non vedevo qualcosa di così affascinante dai tempi di Ronaldinho. Per Leo tutto diventa molto semplice. E poi ha una testa incredibile: vuole caricarsi sempre la responsabilità della squadra sulle proprie spalle».

Se dovesse paragonare qualcuno a Messi?
«Senza dubbio Ibra. L’ho sempre avuto come avversario, ma ho notato subito quanto fosse un campione assoluto. Ha due cose in testa: segnare e vincere. Il resto non conta».

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