Italia, Toldo: «La Nazionale di Mancini somiglia alla nostra del 2000. Gli azzurri sono allegri come lo eravamo noi»

Toldo (foto Mancini)
Toldo (foto Mancini)
di Ugo Trani
Lunedì 14 Giugno 2021, 07:30 - Ultimo agg. 15:03
4 Minuti di Lettura

La fotocopia o quasi, 21 anni dopo. L’Italia di Zoff, vicecampione d’Europa nell’edizione Belgiolanda 2000, somiglia all’attuale. L’accostamento viene spontaneo proprio al protagonista di quanto accadde alla Johan Cruyff Arena di Amsterdam. «Il ricordo più bello non sono le mie parate in campo, ma le risate con i miei compagni durante quella avventura. Ragazzi diventati amici. La Nazionale di oggi mi fa venire in mente quei giorni». Francesco Toldo allargò le braccia grandi, proteggendo il suo gruppo. Il portiere, all’epoca ancora alla Fiorentina e quindi prima di passare all’Inter, portò azzurri in finale, la prima raggiunta dopo il successo del 1968 a Roma.
Davvero dà la priorità allo spirito di quell’Italia?
«Sì. Ci siamo divertiti insieme. In campo e in ritiro. E pensare che fuori dallo spogliatoio il clima era teso. Noi dentro tranquilli, come gli azzurri di Mancini. Si è visto subito contro la Turchia. Hanno vinto in allegria. Meritatamente. E corrono tutti».
La semifinale con l’Olanda, però, resta la sua impresa. È stato il punto più alto o magari più bello della sua carriera?
«No. Mi tengo stretto il successo nell’Europeo Under 21 del 1994 con Cesare Maldini in panchina. Anche lì fui decisivo in semifinale, parando il rigore di Makelelè. Quella volta, però, andò bene: conquistammo il titolo con il golden (gran) gol di Orlandini».
Il golden gol vi fece piangere, invece, nella finale contro la Francia: al gol di Delvecchio risposero Wiltord a fine recupero e Trezeguet nel primo supplementare. Beffa?
«Più delusione. Ma ho sempre ragionato come fanno negli altri sport. Non deve far festa solo chi è medaglia d’oro. Il secondo posto non è una tragedia. Rimane come una vittoria».
Torniamo all’Arena Johan Cruyff: che cosa è successo dopo l’espulsione di Zambrotta?
«Gianluca prese due gialli e rimanemmo in dieci già prima dell’intervallo. A soffrire. Ma le parate le feci solo alla fine, anzi sprecammo noi in contropiede. Nel primo tempo parai un rigore a Frank De Boer. E cominciammo a crederci. Nella ripresa un altro rigore: Kluivert, grande specialista, prese il palo. Nella serie mi sono ripetuto con De Boer e, dopo l’errore di Stam, chiusi il match respingendo il tiro di Bosvelt».
In mezzo alle sue prodezze, il colpo di genio di Totti. Lei era il più vicino a van der Saar. Si è spaventato quando l’ex capitano della Roma tirò fuori il cucchiaio?
«No. Vidi Francesco sicuro e concentrato. Quando hai davanti un campione così, il portiere è sempre spacciato. Se non sbaglia lui, è gol. Il pallonetto è passato alla storia come il simbolo di quell’Europeo con le mie parate».
Toldo al 14° posto nella classifica del Pallone d’oro. È stato il suo periodo migliore?
«Con la Fiorentina e proprio con Mancini in panchina vincemmo la Coppa Italia nella stagione successiva. Poi passai all’Inter e partecipai al Triplete, pur giocando solo 3 gare di Coppa Italia. Decisi di smettere appena finì l’annata. Moratti se l’aspettava. Mi volle subito dirigente: responsabile di Inter Campus e più avanti di Inter Forever, iniziative del club. Mi ha fatto sempre sentire in famiglia».
Che cosa si aspetta dall’Italia in questo Europeo?
«Mancini ha fatto un bel lavoro. La Nazionale è bella e giovane. Spavalda. Gioca bene. Ha i numeri per lasciare il segno e mettere in difficoltà le grandi».
Il suo parere su Donnarumma?
«Non conta l’età. È pronto. Dà garanzie».
Che cosa ha provato quando Eiksen si è accasciato in campo?
«Un grande dispiacere. Ora bisogna stargli vicino». 
Toldo, intanto, è uscito dal calcio: perché?
«L’ultima esperienza con Di Biagio all’Under. Adoro Gigi e gli ho dato una mano. Poi stop. Chiuso. I ritiri sono pesanti e nemmeno servono. Voglio stare con mia moglie e i tre bambini. Vivo tra Milano, Padova e il Trentino. Costruisco appartamenti, hobby con cui creo posti di lavoro».
A proposito: torna in Italia Mourinho. Che ne pensa?
«Psicologicamente è il numero uno: non molla mai.

Sono fortunati i giocatori della Roma: si troveranno un uomo di fronte, una persona vera. Quello che pensa te lo dice in faccia. A volte ci rimani male, altre ti esalti».

© RIPRODUZIONE RISERVATA