Roma, il lungo addio di Totti:
«Mi dimetto ma non per colpa mia»

Francesco Totti Diretta la conferenza stampa di addio alla Roma Video
Francesco Totti Diretta la conferenza stampa di addio alla Roma Video
Lunedì 17 Giugno 2019, 11:58 - Ultimo agg. 27 Febbraio, 18:56
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Francesco Totti racconta la sua verita in una conferenza stampa che ha sfiorato l'ora e mezza davanti a 250 giornalisti. La carriera in giallorosso dell'ex numero 10 è terminata con una lettera di dimissioni inviata all'ad Guido Fienga alle 12.41 di oggi. Totti non esclude il ritirono a Trigoria, ma a patto che ci sia un'altra proprietà ad amministrare la Roma. Ecco la conferenza stampa integrale. 

Francesco Totti e la Roma, una storia di amore lunga 30 anni
 

 

Le dimissioni. «Vorrei ringraziare il presidente Giovanni Malagò per avermi dato questa possibilità in questo posto bellissimo, uno dei posti più importanti per gli sportivi. La comunicazione è un po’ meno bella rispetto al posto, alle 12.41 del 17 giugno 2019 ho mandato una mail al Ceo della Roma dove scrivo un po’ di frasi per me impensabili, inimmaginabili. Ho dato le mie dimissioni con l’AS Roma, speravo che questo giorno non arrivasse mai, invece, è arrivato questo fatidico giorno che per me è molto brutto e pesante. Però viste le condizioni è stato doveroso e giusto prendere questa brusca decisione. Ci ho pensato per tanti mesi, ma penso sia la più coerente e giusta, perché davanti a tutti ci deve essere la Roma. La Roma è la squadra da amare, da stargli sempre vicino. Oggi non ci devono essere le fazioni pro Totti, pro Pallotta o pro Baldini L’obiettivo deve essere la Roma e l’amore per questi colori. I presidenti passano, gli allenatori passano, i giocatori passano, ma le bandiere non passano. Questo mi ha fatto pensare tanto, non è stata colpa mia questa decisione».
 



 
Le colpe. «Non è stata colpa mia perché non ho avuto la possibilità di esprimermi, non mi hanno mai coinvolto in un progetto tecnico. Il primo anno ci può stare, nel secondo avevo capito cosa volessi fare, ma non ci siamo trovati. Non ci siamo mai aiutati l’uno con l’altro, sapevano le mie intenzioni e la voglia di dare tutto a questa società. Ma loro non hanno mai voluto, mi volevano fuori da tutto».

L’arrivederci alla Roma. «Alla gente di Roma devo dire solo grazie per come mi hanno sempre trattato. C’è stato sempre un reciproco rispetto sia in campo che fuori. Posso solo dire di continuare a tifare questa squadra, perché la Roma va sempre tifata e onorata, è la squadra più importante del mondo e vederla in difficoltà mi rattrista perché Roma è Roma. I tifosi della Roma sono diversi dagli altri tifosi, la passione, la voglia, l’amore che ci mettono è talmente grande che non potrà mai finire, io anche da fuori continuerò a tifare Roma. Questo è un arrivederci, non un addio. Da Francesco dico che è possibile avere Totti fuori dalla Roma, da romanista penso che questo non possa succedere. Prenderò altre squadra, quando un’altra proprietà punterà forte su di me io sarò pronto».

Colpevoli. «In questo momento ce ne sono tante di cose che posso fare. Sto valutando tranquillamente, questo mese valuterò tutte le offerte sul piatto e quella che mi fa stare meglio la prenderò e darò il massimo. Se prenderò la decisione sarà quella definitiva in questo momento. Non ci sono colpevoli, è stato fatto un percorso, non è stato rispettato e ho fatto questa scelta».
 


Le promesse. «Tutti sappiamo che mi hanno fatto smettere. Sul lato dirigenziale avevo un contratto di sei anni e sono entrato in punta di piedi perché era una novità. Andando avanti sono due cose diverse, fare il calciatore è una cosa, il dirigente è un’altra. Di promesse sono state fatte tante ma non sono state mantenute. È normale che col passare del tempo io giudichi e valuti perché anche io ho un carattere e una personalità. Non sto a fare quello che mi chiedono, lo faccio per la Roma ma non per sempre».

La "detottizzazione". «È stato sempre un pensiero fisso di alcune persone di levare i romani fuori dalla Roma e alla fine è prevalsa la verità. Alla fine sono riusciti ad avere quello che volevano. Da quando sono arrivati gli americani hanno cercato in tutti i modi a metterci da parte. Hanno voluto questo e alla fine ci sono riusciti».

Franco Baldini. «Il rapporto con lui non c’è mai stato e mai ci sarà. Se ho preso questa decisione è normale che ci siano degli equivoci. Mi sono fatto da parte io perché troppi galli a cantare non servono. Ci sono persone che mettono bocca e fanno danni, ognuno dovrebbe fare il suo. Alla fine quando canti da Trigoria non lo senti mai il suono, l’ultima parola era sempre a Londra, era inutile dire ciò che volevi cambiare o dire. L’ultima parola era lì».

La presenza del presidente. «Per me è pesata tantissimo perché poi il giocatore trova sempre un alibi e una cosa perché quando le cose vanno male i tifosi dicono che non c’è nessuno della società che dice le cose. Questo va a creare problemi alla squadra e crea un danno. Il presidente deve stare più sul posto, perché poi i giocatori e direttori stanno più attenti. Quando non c’è il capo fanno tutti come gli pare. È così ovunque. È come fare un allenato quando non c’è l’allenatore: se c’è vai a 100 all’ora quando c’è il secondo fai un po’ lo stupidino».


La decisione. «Se ho preso questa decisione vuol dire che non ho fatto nulla, soprattutto nell’area tecnica. Capire un po’ di più rispetto a tante persone ho l’occhio per guardare diversamente. Io non voglio fare altre cose, perché questo lo so fare abbastanza bene, prendendomi le responsabilità. La faccia l’ho sempre messa e sempre la metterò. Anche quando le cose vanno male, come accaduto quest’anno».

Il workshop a Doa. «Ho girato spesso vari continenti soprattutto negli Emiri dove ci sono tante persone che vorrebbero fare investimenti, ma finché non vedo nero su bianco non ci vedo. La Roma è amata e stimata in altre parti del mondo e tutti la vorrebbero prendere. Ma dire che c’è uno o un altro è una cavolata. Non mi posso esporre perché non lo so». 

La goccia che ha fatto traboccare il vaso. «Ormai si è riempito, non è stata una goccia. Tante cose mi hanno fatto riflettere e pensare. Non sono mai stato reso partecipe, solo quando erano in difficoltà mi chiamavano per le riunioni. Avrò fatto 10 riunioni e mi chiamavano all’ultimo come se mi volevano accantonare da tutti. Per cui dopo un po’ il cerchio si stringe e subentra il rispetto non per il dirigente ma per la persona. Ho cercato in tutti i modi di mettermi a disposizione dando qualcosa in più, ma dall’altra il pensiero era diverso».


Ritornare alla Roma. «Serve un’altra proprietà e se mi chiama, se crede nelle mie potenzialità, se crede che io possa fare qualcosa di buono. Non farò mai male alla Roma perché viene prima di tutto, anche in questo momento. Oggi potevo anche morire, altro che quando ho smesso di giocare. Tanti personaggi nella Roma hanno sempre detto che sono troppo ingombrante per questa società».


Tornare senza Baldini. «No, ormai quello che è successo è successo se il vaso è rotto è difficile rimettere le cose a posto. Se avessero voluto fare questa scelta avrebbero potuto farla prima. Io non ho mai parlato di soldi. Io penso di poter fare il direttore tecnico perché ho le competenze. Ma se fanno l’allenatore, il direttore sportivo e tu passi in secondo piano che direttore tecnico sei? Non sono andato a Londra perché me lo hanno detto due giorni prima, l’allenatore era fatto e il ds forse. L’unico allenatore che ho sentito è Antonio Conte. Mihalovic, De Zerbi, Gattuso e Gasperini non gli ho mai mandato un messaggio. Una persona ho chiamata ed è Antonio Conte. Io per stupido non ci passo, non è Fonseca l’unico che non ho chiamato».


Guido Fienga. «È l’unico della società che mi ha detto che se dovessi comandare saresti il primo direttore tecnico che può lavorare con te. Nessuno dei dirigenti mi ha fatto questa proposta, penso sia inutile continuare su questa strada. L’unico che ho chiamato è Ranieri, ho preso io questa decisione. Oggi lo ringrazio perché sarebbe venuto anche gratis, ha fatto il massimo, un uomo vero. Appena l’ho chiamato non abbiamo parlato di niente, mi ha detto “Domani siamo a Trigoria”. I romanisti devono essere fieri di lui. Penso sia doveroso ringraziarlo oggi. Non sono qui ad andare contro Pallotta, non mi serve dire bugie».

Antonio Conte. «Se le cose vanno male che faccio? Dico che non ho scelto nessuno? Se fosse arrivato Conte sarei rimasto. Se mi avessero chiamato prima di scegliere l’allenatore mi sarei messo seduto con loro, se mi avessero dato fiducia non avrei preso questa decisione. Fienga ed io abbiamo chiamato Conte perché è l’unico che può cambiare la Roma dando una risonanza diversa, lui ci aveva dato l’ok e poi ci sono stati dei problemi che gli hanno fatto cambiare idea. In seconda battuta Pallotta l’ha saputo ed era contento».

La decisione di De Rossi. «A loro ho detto a loro che se già pensavano che era l’ultimo anno di Daniele non dovevano dirlo a due giornate dalla fine perché va rispettato. Il tempo è passato, ha avuto problemi, è rientrato, è uscito, non arrivano i risultati, Di Francesco è andato via, Monchi si è dimesso. Il problema è che le cose vanno fatte subito, ma la gente ha paura. A Trigoria c’è uno che prende le decisioni. A Daniele gli ho detto di guardare al di là, non mi potevo esporre più di tanto ero un dirigente della Roma. Gli davo dei consigli per fargli aprire gli occhi e il problema è arrivato. Io non riesco a capire se la cosa è voluta o perché non ci pensano. La cosa che volevano era levare i romani dalla Roma».

Sarri. «Mai contattato, lo ha chiamato lui (Baldini ndc) perché è un suo pallino. Non so perché non è venuto alla Roma. Non so quali sono i suoi obiettivi e valutazioni. Lui era un pallino di quella persona, anche lui era sotto contratto col Chelsea, c’erano problemi con il club. In questo momento parliamo del nulla. Fonseca deve trovare un ambiente sereno e tranquillo e una strada percorribile e senza intoppi. Da quello che ho visto è un grande allenatore, che ha studiato, che ha fatto bene in Ucraina e spero possa fare bene alla Roma».

Conte e Sarri e rifiutano la Roma. «La rifiutano perché doveva venire a fare una rivoluzione, qui non c’è una continuazione ma è in atto una rivoluzione».

Verrai allo stadio. «In alcune partite sì, anche perché sono sempre un tifoso della Roma. Potrei anche andare in Curva Sud. Mi metto una parrucca, qualcosa… Lo sai che faccio? Prendo Daniele e insieme andiamo in Sud, sempre che non vada a giocare da un’altra parte».

Dare di più. «Totti avrebbe potuto dare un contributo. Di promesse ne sono state fatte tante, ma non reali. Da tifoso mi dispiace, perché da tifoso ho dei sogni. Vorrei vedere la Roma competere ad alti vertici come tanti anni fa. Anche se si arrivava sempre secondi, ogni tanto qualche coppa la vinceva. Purtroppo ci sono problemi finanziari e vanno rispettati. Se si deve vendere perché quest’anno stai a meno 50, devi vendere giocatori importanti e non giocatori della Primavera. Sapete meglio di me i problemi quali sono. Sono loro che parleranno di queste cose. Io ho dato il 101% dell’impegno, è sempre stato così, anche quando giocavo».







La Roma senza Totti. «Se io fossi presidente della Roma e avessi due bandiere come Totti e De Rossi in società, gli darei in mano tutto, per quello che hanno fatto e per rispetto. Ti possono spiegare cosa è la romanità. È quello che non è stato mai chiesto. Lui si è contornato di persone sbagliate, lui ascolta solo alcune persone. Se io sbaglio per 8 anni, una domanda me la farò o no? È questo il quesito che mi pongo da tifosi. Se sbaglio 10 interviste, all’11esima una domanda te la poni».

Pugnalato da Trigoria. «Sì. Non farò mai i nomi, ma ci sono alcune persone che non mi vogliono là dentro. Dentro Trigoria ci sono persone che fanno il male della Roma. Pallotta tante cose non le sa, e lui si fida sempre di queste persone. Questo è il suo errore principale. Io conosco Trigoria come le mie tasche, conosco gli spostamenti di tutto. Sono cresciuto là dentro, so quali possono essere i problemi e quali possono essere le risorse. Ognuno fa il bene di se stesso. A Boston arriverà un decimo della verità».

Baldissoni. «È stato un dirigente della Roma. Ha cercato di direzionati non so dove, però, mi ha direzionato. Non c’è l’ho con Mauro Baldissoni, lui è il vicepresidente una carica importantissima. Perché ridete?».


La vacanze, il paddle, il calcetto. «Quando io faccio partite di beneficenza sono al corrente. Mi hanno dato la disponibilità perché porti la Roma nel mondo, tutti sanno quello che faccio, non vado da solo. Non sono matto. La settimana bianca? La fanno anche altri dirigenti, il problema è che non riconosce nessuno e non hanno problemi. Tutti fanno tutto».

Le mail di Trigoria. «Non si può nascondere quello che è uscito ma i mi fido di De Rossi, ci metto la mano sul fuoco. Lui non ha detto e pensato quelle cose. Qualcosa mi tengo, perché se qualcuno risponde io ho altre cose da dire».


Il rapporto con Pallotta. «In due anni non ho mai sentito nessuno né Pallotta né Baldini. Io cosa devo pensare? Sei benvoluto? No. Se avessi sbagliato qualcosa per la società mi chiamava il presidente e mi avrebbe detto di metterci la faccia e questo non è mai successo. Se restano 15 anni? Spero che possano vincere, sono 8 anni che lo dicono».

Malagò presidente della Roma. «Sicuramente mi chiamerà, tutti dicono che è mio amico e avrò forse un po’ più potere. Poco, non me ne serve tanto. Se poi io dico una cosa agli altri non va bene, perché poi non sono davanti a tutto. A me non serve stare davanti a tutto, agli altri sì».

Fa più male essere considerato una zavorra o che non hanno creduto in te. «Io sono stato un peso per questa società. Perché? mi hanno detto che sono ingombrante sia da calciatore che da dirigente. Quando ti stacchi dalla mamma è dura».


Pallotta a Roma per lo stadio. «Andrebbe chiesto a lui. Non posso rispondere, quando verrà la farete a lui».

Disoccupato. « Ci sono state alcune offerte da squadre italiane, una questa mattina. Adesso sono libero e prenderà la mia decisione. La Fifa, la Federazione, io tante cose l’ho sapute leggendo i giornali. Dei giocatori, dei dirigenti, quindi pensate che considerazione».




Ringraziare Pallotta. «Lo ringrazio perché da dirigente mi ha permesso di conoscere tante cose. Non sputo nel piatto dove mangio, spero che lui riesca portare la Roma in alto. Deve essere bravo a conquistare la fiducia della gente e spero che chi è vicino a lui riesca dargli i consigli giusti»




Pallotta non viene a Roma. «Non lo so perché non ci ho mai parlato, se non quella volta a Londra dopo che ho smesso».




L’effetto della conferenza stampa su Pallotta. «La data è casuale, non è stato voluta. Non pensavo mai dopo 30 anni di Roma dire davanti a voi “Ciao Roma”. L’effetto deve essere positivo da qua deve ripartire il progetto Roma, bisogna capire quali sono i problemi dentro Trigoria. Non ho mai avuto la possibilità di confrontarmi con lui, ma non sto andando contro lui. La Roma è la Roma, il resto non conta. Deve essere bravo a cambiare registro».




Florenzi e Pellegrini. «Ho sentito Lorenzo, Florenzi non l’ho sentito. Pellegrini non ci crede ma ci crederà, a lui ho promesso tante cose è un ragazzo speciale, forte, sia in campo che fuori. Può dare tanto a questa società e a questa maglia. La colorerà fino alla fine. Qualche romano nella Roma servirà sempre, quando perdiamo qualche partita e vedo qualche giocatore che ride mi girano le palle, altri dirigenti sono contenti se la Roma perde. La Roma deve essere la Roma, al primo posto. Davanti a tutti. Se hai queste persone a Trigoria non vai avanti, se sei unito non deragli, se qualcosa esce dal binario deragli».

Lavorare con Mancini. «Spero possa fare bene con la Nazionale, deve essere bravo a portarli sul tetto d’Europa. Io sarò ambasciatore e cercherò di portargli fortuna».

Perché levare l’anima alla Roma. «Non si rendono conto, non vivono le radio, le televisioni. Non sanno nulla dei romani. Stare qui sul posto è diverso. Loro che stanno dall’altra parte del mondo gli arriva l’1% di quello che succede».

Futuro dirigente della Roma. «Faccio la conferenza perché ci sono stati dei problemi in questi due anni con me e altri dirigenti della Roma che mi hanno portato a prendere questa decisione brusca. Se avessi la possibilità di entrare con altre proprietà sarò dirigente a 360 gradi. Mi dispiace dirlo qua, se loro avessero fatto quello che gli ho chiesto non saremo arrivati a questo punto».


Il futuro. «La fede non si può cambiare per la Roma, ho la possibilità di valutare tutto. La fede prima di tutto. Nessuno me lo toglierà mai il mio popolo».

Una cordata. «Non so nulla».

Il rapporto con Monchi. «Tornavo dalle vacanze il primo anno che ho smesso, mi hanno chiesto un parere di un giocatore e ho detto che non poteva fare bene alla Roma. Il mister gioca con 4-3-3 lui ha un altro ruolo, ha tremila infortuni penso che bisogna prendere un altro giocatore. Alcuni dirigenti mi hanno detto che vado sempre contro di loro. Io avrei fatto un’altra scelta e ci avrei azzeccato. Chi era? Zyech. Monchi non l’ho sentito».

La vicenda Nainggolan. «Ho preso posizioni forti perché la maggior parte dei dirigenti non volevano dare una punizione forte. Nelle società forti non succedono queste cose, quando uno sbaglia deve pagare, può essere anche Messi o Ronaldo. Nello spogliatoio deve esserci rispetto reciproco. Se hai sbagliato è giusto che paghi».


Una nuova storia dopo la semifinale di Champions. «Dopo una semifinale di Champions pensi che l’anno successivo vai meglio. Di Francesco ha chiesto 4-5 giocatori e non glieli hanno mai presi, le cose si devono sapere. È inutile nascondersi, è troppo facile. La verità dopo fa male. Non sto difendendo il mister».

Se qualcuno volesse venire alla Roma. «Gli direi la verità, quello che c’è in questo momento. Io non ti prendo in giro. La scelta la fai tu, non ti dico che a Roma è tutto rose e fiori, io sono trasparente. Cosa c’è di bello? Il mare, il sole e la montagna. Oltre ai tifosi della Roma che sono i più belli di tutti».
 

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