Zico, abbraccia Napoli e Maradona:
«Sarei stato grande in azzurro»

Zico, abbraccia Napoli e Maradona: «Sarei stato grande in azzurro»
di Pino Taormina
Lunedì 13 Giugno 2022, 07:00 - Ultimo agg. 16:05
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O' Galinho per gli amici, Arthur Antunes Coimbra per l'anagrafe e Zico per il mondo intero, si è concesso al lungo abbraccio di Udine. Franco Dal Cin, l'ex ds dell'Udinese, lo ha voluto alla presentazione del libro scritto sulla vicenda che portò il campione brasiliano a Udine (anche con la preziosa collaborazione dell'allora dirigente del club, il campano Salvatore Fiore) e che sfociò nella clamorosa protesta di piazza e quel memorabile protesta O Zico o Austria. Ospite dell'amico Alessandro Scarbolo, è stato anche in visita all'Udinese Club di Orsaria con Franco Causio, Gigi De Agostini, Paolo Miano, il giornalista Alberto Cerruti e in collegamento video Marcio Amoroso e Ariedo Braida per una serata amarcord. E nei suoi giorni in Italia ha voluto ricordare anche i duelli con Maradona, i due numeri 10 che incantavano la serie A a metà degli anni Ottanta.

Zico, ha mai perdonato a Diego quel gol di mano fatto allo stadio Friuli?
«Certo, mi arrabbiai lì per lì anche perché con quel gol il Napoli pareggiò la partita. Ma poi perdonare Diego è stata la cosa più semplice del mondo. L'errore fu dell'arbitro e soprattutto del guardalinee di destra che non vide il suo tocco con la mano. Ma poi ci abbiamo spesso riso sopra, quando ci siamo rivisti in giro per il mondo. E io gli ho sempre detto: Contro di me ti sei allenato quel pomeriggio, poi lo hai rifatto meglio al Mondiale in Messico il gol con la mano».

Sorpreso da questa emozione in tutto il mondo, non solo a Napoli o in Argentina, per la sua morte?
«No, perché lui era capace di gesti di umanità straordinari. Lo hanno pianto, non solo perché è stato uno dei più forti al mondo all'epoca ma anche perché era una persona unica e generosa. Anche quando mio figlio Junior organizzava la partita di beneficenza al Maracanà a Rio de Janeiro, lui ha sempre fatto l'impossibile per non mancare. E non è mai mancato. Per questo, non c'era bisogno di perdonare Diego per quel fallo di mano».

Il secondo gol all'Inghilterra in Messico?
«Una rete fantastica, forse una delle più belle reti in assoluto che si sono viste su un campo di calcio».

Le sarebbe piaciuto giocare a Napoli?
«Io mi sono trovato bene ovunque sono andato a giocare, sono convinto che sarei stato bene anche a Napoli.

Anche oggi mi pare sia una grande squadra».

Sono 40 anni da quell'Italia-Brasile 3-2. Ma come l'avete persa quella partita?
«Abbiamo perso lo scontro con l'Italia perché voi eravate più forti in quel momento. Noi abbiamo fatto degli errori e li abbiamo pagati a caro prezzo. Resta il ricordo, per tutti, di una partita spettacolare».

L'Italia questo Mondiale lo vedrà in tv.
«Sono sorpreso, dopo la vittoria all'Europeo pensavo che potessero fare di più. È arrivata alla sfida con la Macedonia con troppa tensione per i pareggi nel girone».

Eredi di Zico in giro?
«Non mi piaceva quando volevano che fossi l'erede di qualcuno. Appena iniziarono a dire che ero il nuovo Pelé, mi picchiavano anche di più in campo».

Lei è stato a Udine in pellegrinaggio d'amore tra la gente, nessuno l'ha dimenticata.
«Sono cresciuto in Brasile con una regola: il secondo è come se fosse l'ultimo. Per questo mi resta l'amarezza di non essere riuscito a vincere lo scudetto con l'Udinese».

Che calcio era quello degli anni 80?
«Un calcio dove per prima cosa dovevi essere felice di giocare in un posto. Mi voleva il Milan nel 1980 ma il Flamengo non mi lasciò andare. Poi ecco l'Udinese nel 1983. Feci la cosa più giusta a venire in Friuli».

I giovani di adesso?
«Il calcio è felicità. I genitori spesso vedono i loro figli fare bene con il pallone e già li immaginano ricchi. Non bisogna fare questo errore: il calcio è vivere con la gioia di avere il pallone tra i piedi. In Europa vince Ancelotti perché sa che i giocatori sono più importanti dei moduli».

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