L'impossibile non esiste, da Bebe Vio una lezione di vita per tutti

L'impossibile non esiste, da Bebe Vio una lezione di vita per tutti
di Piero Mei
Domenica 29 Agosto 2021, 07:30 - Ultimo agg. 30 Agosto, 11:09
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Bebe Vio è l’ultima, in ordine di calendario e per il momento, ma il riferimento è puramente temporale: non c’è un primo e non c’è un ultimo in questi campioni dell’estate italiana, le notti magiche, il brivido che ti trascina via, escono i ragazzi e siamo noi.
Bebe ha vinto un’altra volta: alle Paralimpiadi di Tokyo ha riconquistato nella scherma, specialità fioretto, quell’oro che aveva già fatto suo cinque anni fa, a Rio 2016. Il fioretto è arma delicata e gentile, quanto può esserlo un’arma, e Bebe in pedana la usa magistralmente. Ma nella vita d’ogni giorno ha avuto bisogno di ben altre armi, non la sciabola né la scimitarra, non la clava né il drone: la ragazza veneziana, che tra i suoi nomi, il primo anagrafico è Beatrice, ha anche Marzia, che rappresenta una specie di dedica e di omaggio preveggente alla vita che le sarebbe toccata, ha avuto necessità di un’arma che chiamarla coraggio è dire poco. Quel famoso coraggio manzoniano che se uno non ce l’ha, non se lo può dare. Bebe no: lo ha avuto e se lo è dato confrontandosi quotidianamente con avversità di ogni tipo, le stesse che vengono chiamate “disabilità”, e che tali non sono. Anzi, ci sono casi, come probabilmente è quello di Bebe Vio, che se hai un certo cuore, una certa forza morale, quella che si dice “tigna”, ed è magnifica, puoi trasformarle in punti della tua forza. Ci sono persone e cose che trasformano la retorica in verità. Bebe ha rischiato di morire più d’una volta, l’ultima ha appena raccontato in aprile quando la avevano destinata a una ulteriore amputazione e ad una probabile e prossima morte, altro che Paralimpiadi.
Ed eccola, ora, sorridente come sempre e piangente come non mai, con il suo nuovo oro al collo: Bebe è felice, con il suo volto pulito, lo sguardo penetrante, la parlantina sciolta, la straripante voglia di vivere, con tutto e nonostante tutto, ma forse lei ha strappato la pagina del vocabolario dov’è stampato l’avverbio “nonostante”.
E’ questo il suo messaggio: “nonostante” non esiste, “se sembra impossibile, allora si può fare” come recita il claim della sua home page nel sito ufficiale. Quante cose debbono essere sembrate impossibili a Bebe quando a 11 anni, nel 2008, schermitrice da quando ne aveva cinque, le diagnosticarono la meningite fulminante e perché sopravvivesse alla necrosi di braccia e gambe era indispensabile l’amputazione di queste ultime. Sopravvivere? Non era questo il verbo: Bebe voleva vivere. Ed è quello che ha fatto in questa sua già lunga carriera di trionfi e di medaglie, al vertice della quale non c’è un titolo sportivo ma la vita stessa.
Ed eccola, ora, ad allungare per tutti noi la magnifica estate italiana dello sport azzurro. L’estate aperta dalle mani di Gigio Donnarumma e dai Mancini Boys tutti “itinerando” per l’Europeo, proseguita da Marcell e Gimbo (Jacobs e Tamberi) per non nominarne che due sull’isola del tesoro che è diventata l’atletica italiana, e dalle altre splendide storie e facce delle Olimpiadi di Tokyo, Federica l’eterna, Greg il coraggioso, Top Ganna, e tutti i quaranta medagliati (ma anche quelli no) che ci hanno tenuto svegli e caricato di emozioni e soddisfazioni. Perché questa è l’Italia che vuole rinascere e sta rinascendo di imprese sportive che le danno un segnale.
Ed è bellissimo questo segnale appena suonato anche da Bebe Vio, con quel qualcosa (molto) di più in termini di speranza sempre, che fa luccicare il suo oro.

Dovremmo dire (e glielo diciamo) a tutti i nostri ragazzi in copertina, ed anche a quelli che in copertina non vanno, il nostro “grazie” con molte più zeta, e soprattutto molto più cuore di quello firmato CR7

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