Curatoli: «Vaccino per noi atleti
ma non tutti sono favorevoli»

Curatoli: «Vaccino per noi atleti ma non tutti sono favorevoli»
di Bruno Majorano
Mercoledì 30 Dicembre 2020, 17:15
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Fosse stata una stoccata, la notizia dell'arrivo del vaccino per il Covid, per Luca Curatoli - schermidore, specialità sciabola - sarebbe stata certamente quella vincente. Perché rappresenta una speranza (molto concreta) di volare a Tokyo per le Olimpiadi già rimandate di un anno. Curatoli, napoletano del Vomero, ha staccato il pass per i Giochi con largo anticipo e ha vissuto con molta delusione la notizia dell'annullamento delle gare per il 2020 e il rinvio all'anno successivo.

Ora però c'è il vaccino: cosa ha rappresentato per voi atleti?
«Mi è sembrata una luce alla fine del tunnel. Adesso ho iniziato a vedere per davvero l’Olimpiade. La notizia mi ha dato più certezze sulla possibilità di svolgere i Giochi e ha spazzato via gli ultimi dubbi. Mi ha fatto tirare un sospiro di sollievo»

Un sospiro di sollievo un po' per tutti voi?
«Io sono stato sempre favorevole al vaccino, a prescindere dall'essere atleta o meno. È una questione di salute che va al di là di tutti. Personalmente vivo ancora in casa con i miei genitori e mi vaccinerei innanzitutto per proteggere e tutelare loro. Mentre tra gli atleti non tutti la pensano allo stesso modo».

Ovvero?
«Non tutti sono favorevolissimi al vaccino e a questo punto mi chiedo se il Cio lo imporrà a tutti quelli che vorranno partecipare all'Olimpiade di Tokyo».

Intanto come procedono i vostri allenamenti con tutte le nuove norme per evitare la diffusione del virus?
«Gli allenamenti sono cambiati relativamente: nelle trasferte dovevamo stare in camere singole e magari non potevamo trascorrere troppo tempo insieme con gli altri membri della squadra.

Mentre nelle gare non è cambiato praticamente nulla. Anche perché la scherma non è uno sport di contatto: l’assalto con l’avversario è lo stesso. Poi sta a noi cercare di limitare al massimo il contatto. Anche perché prendersi il Covid vuol dire stare fermi 15 giorni e non potersi allenare. Un bel problema anche per il fisico».

Avete avuto dei casi nella vostra squadra?
«Sì, ma per fortuna tutti asintomatici o con pochissime linee di febbre. Il vero problema è stato per gli allenamenti, visto che senza i miei compagni risultati positivi, nemmeno io ho potuto tirare in palestra».

Cosa ne pensa della necessità di far scalare la graduatoria dei vaccini agli atleti olimpici?
«Innanzitutto bisogna dare la precedenza alle categorie che ne hanno più bisogno. Poi penso che sia giusto farci vaccinare per la prevenzione nostra così come per il pubblico. D'altra parte non siamo troppi. Ma in assoluto penso che dovrebbero essere agevolati anche gli atleti delle altre nazioni, perché lo spirito olimpico prevede le pari opportunità per tutti. Risultare positivi al Covid a poche settimane dall'inizio dell'Olimpiade sarebbe un bel guaio per qualunque atleta»

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