Giochi di Tokyo, la prima medaglia è la corsa al vaccino

Giochi di Tokyo, la prima medaglia è la corsa al vaccino
di Emiliano Bernardini e Benedetto Saccà
Mercoledì 3 Marzo 2021, 07:30
4 Minuti di Lettura

Se è vero (e sarà anche vero, a questo punto) che lo sport è la metafora della vita – e viceversa – allora è evidente anche ai meno perspicaci che nei prossimi mesi l’impacciatissimo mondo olimpico subirà quel che nella vita vera ha già ben piantato le radici. Ovvero. Una disparità assurdamente cataclismica in tema di vaccinazioni contro il Covid. Esempio? Esempio. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna vaccinano a ritmi da reparto presse, notti comprese, e l’Europa si guarda intorno. Come molti sanno, a meno di sorpresone, i (già rinviati) Giochi della XXXII Olimpiade si terranno a Tokyo dal 23 luglio. Secondo accreditate stime, vi parteciperanno pressappoco 11 mila atleti (avete letto bene: undicimila). E dunque. Come funzionerà con le vaccinazioni? Saranno tutti già vaccinati? Spoiler: chiaramente no. E se non saranno tutti vaccinati, quali protocolli saranno adottati? E soprattutto: la disuguaglianza legata al vaccino potrà compromettere l’imprescindibile égalité della manifestazione? D’accordo, il tema potrebbe apparire banale oppure molto distante nel tempo: ma, a pensarci, le Olimpiadi restano una delle (poche) cose tuttora credibili nel deturpato pianeta dello sport; e in fondo quattro mesi non sono mica un’eternità.
IL PUNTO
Con una certa lungimiranza, il problema se lo è posto il New York Times offrendoci, nell’edizione americana di lunedì, un articolo che partiva dalla prima pagina, firmato da Andrew Keh e titolato «Primi per iniezioni: dottori, infermieri...(atleti) olimpici?». Del resto ogni dibattito ruota e ruoterà intorno a un nodo – andremo a dire – bioetico piuttosto stretto. E cioè. È giusto, anzi, è eticamente giusto concedere agli atleti la priorità nella vaccinazione per consentir loro di partecipare alle Olimpiadi? Le dispute nel mondo si sono accese in mezzo secondo: molto più di quanto si possa credere. Intanto va detto subito che l’Italia e il Coni mai e poi mai hanno ipotizzato una soluzione del genere. «Non lo chiederemo», ha ripetuto spesso Giovanni Malagò. Bisogna anche annotare, comunque, che tanti azzurri appartengono ai gruppi sportivi militari e così potrebbero essere già vaccinati entro luglio. In quanto militari, però, non come atleti, ecco. È uguale, ma molto differente. I vari paesi e i relativi comitati olimpici nazionali si stanno muovendo in ordine sparso e secondo il Nyt dalle loro scelte dipenderà se i Giochi saranno «un grande evento catartico» o una passerella buona giusto per i social. Né gli organizzatori giapponesi né il Cio devono aver ritenuto utile finora un impegno supplementare per dirimere la questione. Non chiederanno prove di vaccinazione o periodi di quarantena per chiunque partecipi o gareggi ai Giochi, sebbene a Tokyo siano previsti tamponi per atleti, allenatori, giornalisti e funzionari. Nel Paese i casi di Covid sono aumentati – 1.376 in media nell’ultima settimana – anche se ora lo scenario si è stabilizzato. A luglio l’immunità di gregge sarà lontana. Con il duplice rischio che il Giappone diventi un monumentale focolaio.
LE DIFFERENZE
Nel mondo la linea non è uniforme: India, Ungheria e Israele hanno annunciato di voler dare la priorità ai propri atleti nei piani di vaccinazione.

Il Messico, ad esempio, ha messo gli sportivi sul stesso piano di operatori sanitari e insegnanti. La Lituania sta già vaccinando i suoi campioni. Altri comitati olimpici non spingono per trattamenti preferenziali. Come detto, sul tema fioriscono miliardi di opinioni: «Gli atleti sono lavoratori essenziali», ha spiegato Arthur Caplan, professore di etica medica alla New York University School of Medicine, ricalcando l’idea dei governi di Danimarca, Serbia e Filippine, pronti a infilare gli atleti in testa alle vaccinazioni. Le politiche sui vaccini potrebbero avere implicazioni competitive. D’altronde il privilegio di prepararsi per i Giochi senza la paura del Covid è un grande vantaggio. Ne è ben conscio il comitato olimpico belga, che ha chiesto appunto 500 vaccini al governo per gli atleti. E infine. Non va mai trascurato il carattere politico della faccenda: poter vantare ed esibire atleti sani e vincenti, per moltissimi paesi, resterà sempre uno strumento di pubblicità, oltre che un sistema di svago ottimo per alleggerire la durezza sociale del lockdown.

© RIPRODUZIONE RISERVATA