Salernitana-Lazio, lo schiaffo di Lotito:
non torna con la Lazio nella sua Salerno

Salernitana-Lazio, lo schiaffo di Lotito: non torna con la Lazio nella sua Salerno
di Alfonso Maria Avagliano
Sabato 15 Gennaio 2022, 08:06 - Ultimo agg. 12:11
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C'era una volta la passerella sotto la Curva Sud, frequente dalla D ai primi tempi in B. Poi gli scricchiolii di un rapporto squarciato nel tempo (non solo) dalla multiproprietà e non risanato neppure dall'arrivo in A. Claudio Lotito non sarà oggi all'Arechi da ex: «Non torno a Salerno dove mi hanno voltato le spalle dopo tutto quello che ho dato». Telegrafico. Salernitana-Lazio è stata dapprima sinergia, poi dicotomia e solo oggi è sfida normale, dopo l'interregno trust più unico che raro. Martedì l'imprenditore ha provato a far saltare la cessione del club sul filo di lana, spedendo una missiva ai trustee su carta intestata della Omnia Service One del figlio Enrico, comproprietaria al 50% prima della cessione. Tramite l'avvocato Gian Michele Gentile, ha diffidato i curatori a provvedere alla stipula di una cessione ad un prezzo macroscopicamente incongruo. Iervolino si è aggiudicato la Salernitana all'ultima curva, il 31 dicembre, per soli 10 milioni. Meno di quanto si aspettava Lotito col socio-cognato, Marco Mezzaroma. Con la diffida c'è anche la richiesta di informazioni su offerte ricevute e rifiutate. Relazione che spetta di diritto ai disponenti entro trenta giorni dalla fine delle attività (saldo completato solo giovedì, con l'atto notarile): Lotito ha chiesto il resoconto in ventiquattro ore, praticamente impossibile. I trustee, Susanna Isgrò e Paolo Bertoli, hanno inoltrato tutto alla Figc, procedendo regolarmente alla vendita. Ci saranno strascichi: per i vecchi proprietari «la società è stata svenduta». Di mezzo ci sono pure le Procure di Roma e Salerno: nella capitale i trustee hanno presentato un esposto contro un fondo lussemburghese e la sua lettera fideiussoria irregolare; su entrambe le scrivanie, invece, le denunce querele di un fondo svizzero che lamenta il no a due offerte di 38 e 26 milioni. Ma che, va detto, non avrebbero assicurato pagamenti cash e adeguate garanzie, né riferimenti sugli offerenti. 

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Sor Claudio non mette piede all'Arechi da nove mesi.

Era il 14 maggio quando si affacciò per l'ultima volta in via Allende, verso il piazzale della tribuna festante. Salì con la squadra su una tettoia, terrazzo borderline per quella comparsata finale. La sua Salernitana era appena stata premiata per il salto in A. «Allestiremo una squadra competitiva», partì con voce grossa, senza microfono. Qualche fischio. Una pausa, lo sguardo alla gente, poi l'aggiunta del necessario «indipendentemente dalla presenza mia e di mio cognato». Una settimana dopo, l'ultima apparizione da co-patron dell'Ippocampo al Comune di Salerno per un'altra cerimonia. Lì dove tutto era iniziato, nel Salone dei Marmi, sempre accanto al sindaco da De Luca a Napoli e con tono battagliero. In fin dei conti, anche Lotito è stato un po' Iervolino. Undici anni fa, il 26 luglio 2011, erano in cinquecento sotto Palazzo di Città per accoglierlo con cori e selfie come fautore del risorgimento calcistico. Osannato con Mezzaroma, prometteva di «arrivare lontano, perfino a livello internazionale». E giù applausi. Sul percorso, nulla da dire: dalla D alla A in dieci anni. Non nascose i collegamenti con la Lazio «almeno inizialmente, poi si proseguirà in autonomia» parlando di «sorella minore e quella maggiore». Lo ribadì dopo un'amichevole (con tafferugli) tra le due compagini nell'agosto 2012, ultimo incrocio prima d'ora. Alcuni si arrabbiarono, altri sognavano un addio ai biancocelesti per dedicarsi esclusivamente ai campani. E se la Salernitana andasse in A? «La regalerei», rispondeva sornione nel 2018. C'era una volta, da fiaba. Per Lotito, il fine non è lieto.

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