Dal babà alle sciantose,
il filo rosso che lega Napoli e Parigi

Dal babà alle sciantose, il filo rosso che lega Napoli e Parigi
di Pietro Gargano
Martedì 6 Novembre 2018, 11:00 - Ultimo agg. 18:08
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Franza o Spagna purché se magna. La città di mare con abitanti, per dirla alla Compagnone, non ha avuto molto da scegliere. Invasa a ripetizione da potenti di diversa stirpe, si è adattata, lasciandosi derubare di tesori d'oro, d'arte e di cultura, ma a sua volta strappando all'invasore tutto ciò che c'era da prendere. I rapporti con Parigi lucente sono stati lunghi e complicati. Alla vigilia della sfida calcistica al San Paolo una sbrigativa ripassata può essere utile.

Nel 1799 dell'effimera rivoluzione, i napoletani si offesero a morte per i due miracoli di San Gennaro alla presenza dei francesi. Si giunse al punto di degradare il patrono e di affidare a Sant'Antonio, portoghese, il titolo di comandante supremo dell'esercito della Santa Fede che marciava sulla città, in un cammino di sangue, per rimettere il Borbone sul trono. Con San Gennaro ci siamo riconciliati subito. Ora è lui a guidare l'assalto a Saint Germain.

Più propizio il passaggio dei francesi nel Decennio 1805-1815, guidati da Giuseppe Bonaparte fratello di Napoleone e poi da Gioacchino Murat. I più dotati dei nuovi cortigiani si portarono dietro cuochi sopraffini, noi li ribattezzammo monzù, contrazione maccaronica di monsieur. Le due cucine, entrambe prelibate, finirono per mescolarsi. Spuntò il babà, creato a Parigi da un sovrano polacco in esilio. Spuntarono sufflè, mousse, sciù da chioux bigné, ragù da ragout, gattò da gateau, crocchè da croquettes, la salsiccia farcita nnoglia da andouille, le telline quaquiglia da coquille.
 
 

I monzù dell'Ottocento non furono una novità assoluta. Già nel 1772 l'appellativo spettò a Peppino Lazzaro, cuoco personale della regina Maria Carolina, venuto a rimpiazzare Antonia Bertutin e poi divenuto capo della Real Cucina.

La mescolanza mutò pure il vocabolario. Diventò zandraglia una scatenata femmina di vicolo. Il neologismo derivava da les entrailles, le interiora lanciate alle donne del popolo da transalpini cuochi di corte. Altri lasciti gastronomici butteglia da bouteille, buatta da boite, spaghetti sciuè sciué da èchouè, Tirabusciò (avatappi), da tire-bouchon.

A proposito di Tirabusciò, la Francia era ricca di cantanti, chanteuses, e noi demmo il nome di sciantose alle belle interpreti del café chantant, i ritrovi cantanti. Presero nomi esotici le Concettine, Assuntine. Rafiline di casa nostra, molte erano piccole naufraghe della vita dietro etichette ridondanti. Anche grazie a loro, comunque, Napoli contese a Parigi il primato della dolce vita in Europa.
 

Una delle ultima sciantose autentiche, Gabrielle Bessard, riguarda pure la storia del Mattino. Il 29 agosto 1894 l'artista bussò alla porta di Eduardo Scarfoglio e Matilde Serao, i fondatori del nostro giornale. Appena la cameriera aprì la porta, le consegnò la figlioletta Paolina, nata dalla relazione con don Eduardo, e un biglietto: «Perdonami se vengo a uccidermi sulla tua porta come un cane fedele. Ti amo sempre». E si sparò.

Stasera, dopo la sfida, potremo azzardare altri paragoni. Con la speranza che i parigini giochino alla sanfasò, ovvero senza criterio, da sans façon, senza ragione. Che il guardiaporte Ospina nzerri (da enserrer) la propria rete. Che Ancelotti chiuda lo schema tattico del suo rivale in una gaiola, trappola per uccelli (dall'antico aiole). Così potremmo lasciare libera la nostra gioia, la nostra priezza (dal francese preisier ).. Allons, nous enfants de Napolì, l e jour de gloire est arrivé!. 
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