Coronavirus, si ferma anche la Lazio:
solo il Napoli vuole allenarsi subito

Coronavirus, si ferma anche la Lazio: solo il Napoli vuole allenarsi subito
di Pino Taormina
Lunedì 23 Marzo 2020, 08:00 - Ultimo agg. 10:38
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Lo farà anche De Laurentiis. Magari già oggi o probabilmente, per tenere il punto, domani dopo l'assemblea di Lega. Ma intanto il primo ad arrendersi all'ovvio, ovvero al fatto che non ci si possa allenare di questi tempi, è stato Claudio Lotito. La Lazio ieri ha comunicato lo slittamento degli allenamenti a data da destinarsi. Era ora. Ora tocca al Napoli che ha ancora in agenda la convocazione della squadra per mercoledì mattina alle ore 10. Salterà tutto, perché i medici sportivi sono contrari. Oltre che la logica e tutto il resto. Gattuso attende con calma la scelta del patron: sa che farà marcia indietro. E lo sa fin dal momento in cui ha indicato la data del rientro. Non può fare diversamente anche per le rigide prescrizioni dell'ultimo decreto per il contenimento del Coronavirus. Ma di che stupirsi se non lo ha fatto ancora?

La situazione in Italia peggiora ancora: l'ultimo decreto introduce una sorta di coprifuoco. Domani nella Confindustria del calcio se ne parlerà e si capirà anche che la data del 3 maggio per la ripresa del campionato non è fattibile. Neppure a porte chiuse. Non ci sono le condizioni per iniziare ed è probabile che già nelle prossime ore arrivi questo annuncio. Si parte due settimane dopo e si sforerà a luglio. Ipotizzando anche delle soluzioni alternative: giocando a porte chiuse, Atalanta, Brescia, Verona e così via potrebbero giocare in campo neutro. Almeno nei primi tempi. La Premier, intanto, è pronta a varare il suo piano: stop di altri due mesi, si riparte addirittura il primo giugno e si gioca per sei settimane. Nel frattempo, normale che non ci si alleni, che si pensi ad altro. In questa incertezza. Il Napoli ne prenderà atto. Per ultimo, ma anche De Laurentiis dovrà piegarsi. Il virus non è solo una emergenza della Lombardia e del Nord Italia, ma di tutta l'Europa. Ora serve un piano strategico da parte delle Lega che, sotto il profilo degli interventi economici, pare abbia trovato anche una certa compattezza. Il calcio italiano ha un fatturato di circa 4,7 miliardi all'anno e domani si ricomincerà dalla richiesta dei medici sportivi di uno stop fino al 3 aprile. Se venerdì scorso della questione non si è parlato, se ne discuterà domani. E in ogni caso, il Napoli dovrà alzare bandiera bianca. In Lega i club andranno alla ricerca di una scelta condivisa da tutti. D'altronde, nessun giocatore del Napoli farebbe salti di gioia a dover andare a Castel Volturno di questi tempi.
 

Ormai è evidente che da qui alla fine della stagione si giocherà a porte chiuse. Il danno, da mancati incassi più indotto, è calcolato tra i 150 e i 180 milioni di euro. Poi si vedrà. Ma i presidenti spingeranno per un tavolo negoziale immediato con l'Aic per il taglio degli stipendi ai calciatori (che incidono nella misura del 67 per cento del fatturato). Non si gioca da inizio marzo, e questa inattività può portare a una riduzione proporzionale degli ingaggi già questo mese. Giusto per cominciare. D'altronde, i primi a non volere il crac del calcio sono proprio i calciatori: un piccolo sacrificio quest'anno consentirebbe a molti club di non fallire. Una prima mano potrebbe, dunque, arrivare dalla rinuncia di parte dello stipendio di questo mese. Poi, alla fine dell'anno, quando sarà chiaro il rosso del calcio, procedere alla contrattazione collettiva per discutere delle eventuali decurtazioni, tra il 15 e il 30 per cento. Non ci sono clausole in tal senso che regolano il rapporto di lavoro tra calciatori e club. Nella Nba per ogni gara della stagione che salta, si procede alla decurtazione dell'1 per cento dello stipendio. E il Barcellona ha già un accordo coi suoi giocatori per un taglio. 

Domani il calcio proverà a definire il piano delle rivendicazioni anche col governo. Agevolazioni fiscali ma soprattutto norme più agili per la costruzione di nuovi impianti. Servono i 100 milioni delle sponsorizzazione sul betting con le agenzie di scommesse che investono ovunque tranne in Italia perché c'è un divieto che, secondo i presidenti, va tolto. Poi la Melandri che viene considerata come un impiccio nella contrattazione della cessione dei diritti tv. 
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