De Laurentiis e i tifosi, odio e amore:
quando ADL era l'idolo dei gruppi ultrà

De Laurentiis e i tifosi, odio e amore: quando ADL era l'idolo dei gruppi ultrà
Francesco De Lucadi Francesco De Luca
Sabato 23 Luglio 2022, 18:00 - Ultimo agg. 24 Luglio, 09:06
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I fischi nella piazza di Dimaro di pochi giorni fa durante la presentazione del Napoli, i veleni sui social e nei dibattiti radiofonici. E qualche insulto per strada. Eppure, vi fu un anno in cui Aurelio De Laurentiis, allora lontanissimo dal calcio, diventò per i tifosi azzurri - in particolare per quelli più accesi delle curve - una sorta di “uomo della salvezza”. Era l’estate del 1999 e il Napoli aveva concluso il campionato di serie B al nono posto, con il fallimento del progetto tecnico affidato a Renzo Ulivieri e Antonio Juliano. La contestazione verso Ferlaino stava superando i livelli di guardia quando il produttore cinematografico De Laurentiis e Roberto Fiore, ex presidente del Napoli e patron della Juve Stabia (oltre che nemico giurato dell'ingegnere), presentarono nella casina della Villa Comunale un originale piano per acquistare la società azzurra. Un’operazione da 100 miliardi di lire, con un’offerta da presentare alla Federcalcio e non all'azionista di maggioranza Ferlaino per acquisire il titolo sportivo. Quel 5 luglio - data non casuale, perché quindici anni prima vi era stata nello stesso giorno la presentazione di Diego Maradona ai tifosi - la sala era affollata dai tifosi delle curve, i più duri contro il presidente che aveva acquistato il Pibe e vinto due scudetti. All’esterno affissero lo striscione “Liberaci dal male”. Come andò a finire? Ferlaino, dopo aver minacciato querele nei confronti di Fiore che lo aveva offeso e diffidato i due “soci”, neanche prese in considerazione quella proposta, che prevedeva 50 miliardi per indennizzare lui e altri 50 per rilevare i contratti di giocatori e tecnici e magari acquisire il Centro Paradiso.

Sulla stessa linea la Federazione. Che, a distanza di cinque anni, accolse a braccia aperte De Laurentiis.

Nell’estate 2004, quella del fallimento, i capi delle curve avevano cambiato punto di riferimento ed erano diventati gli scudieri di Luciano Gaucci, il patron del Perugia. Erano convinti che la sua proposta di fitto del ramo d’azienda sarebbe stata accolta dai giudici della Fallimentare ma non fu così. L’asta per l’assegnazione del titolo della Ssc Napoli, dichiarata fallita, fu vinta da Aurelio De Laurentiis, che tirò fuori complessivamente 32,7 milioni di euro (vi fu un'integrazione dopo la promozione del 2006 in serie B). Ferlaino era uscito dal Napoli due anni prima del fallimento. Il tempo ha spinto anche i tifosi più ostili - quelli che avevano organizzato contestazioni e cortei, dimenticando i successi calcistici e i colpi di mercato - a rileggere la sua storia, che non è stata soltanto di vittorie e sconfitte sul campo, dagli scudetti dell'87 e del '90 ai 14 punti del '98. Vi fu molto altro, come ha ricordato anche in una recente intervista il boss della camorra Giuseppe Misso: vi fu, nell'autunno dell'82, il tentativo della malavita organizzata di impossessarsi del Napoli, però l'ingegnere resistette. Quelle erano bombe, non insulti e striscioni. 

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