I piedi di Lorenzo Insigne scongiurano quella che poteva diventare la Sindrome di Firenze. Tira il rigore col destro, ma segna, su respinta di Pietro Terracciano, di sinistro. Sono i piedi sui quali il Napoli sta correndo in Champions League, e che lo stanno portando nel post-sarrismo. Insigne con la sua migliore stagione napoletana, quella della maturità, si consegna a Roberto Mancini e alla Nazionale come il talento della sua generazione sopravvissuto alla mediocrità di questi anni (la carenza è data dal tasso di nostalgia per Roberto Baggio con incremento di libri e serie tv). Insigne esce con un gol, un assist per Zielinski che tira e segna ma con una deviazione propizia di Venuti, una traversa su punizione e un palo a Terracciano battuto, insomma è suo il palleggio virile del Napoli, l'attacco ai tre punti fondamentali per scavalcare di nuovo la Juventus e per arrivare in salute al gran finale del campionato. Ora che si è fatto davvero moto perpetuo carioca, al punto di sembrare un brasiliano degli anni Ottanta tutto classe e invenzione e sperpero Insigne è senza pubblico, o forse proprio grazie all'assenza di pubblico in differita, può giocare sereno senza la responsabilità del napoletano che deve farcela, che deve essere per forza leader e protagonista. Sfuggendo ai bandi borbonici, ai comandamenti della terra, ha giocato sereno, libero dal peso oppressivo delle ovazioni e dei fischi, finalmente arbitro del proprio destino di napoletano al centro del Napoli. Il suo girone di ritorno è stato un crescendo wagneriano, una discesa all'Alberto Tomba, dribblando e segnando, trascinando e divertendosi. La cupezza l'ha lasciato, perché sono tornati i gol, e anche la soddisfazione di farli segnare agli altri.
Superare la partita con la Fiorentina dribblando anche uno dei fantasmi recenti, aggiuntosi al carico non leggero di complotti e congetture, sconfitte e mancati traguardi, è un altro dei grandi meriti di Lorenzo Insigne. È questo il compito del talento, dribblare tutto e segnare quando serve, divertendosi e divertendo.