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Hamsik tra Napoli e Gattuso:
«Possiamo battere anche il Barça»

di Pino Taormina
Articolo riservato agli abbonati
Sabato 20 Giugno 2020, 08:00
5 Minuti di Lettura

Dalla Cina con furore: «Sono felice per questa Coppa Italia conquistata del Napoli: sono stati troppi cinque anni e mezzo solo a sfiorare successi senza vincere nulla. E sono contento per i tifosi che meritavano questa gioia». Sono le sue mani, quelle di capitan Marek, ad alzare al cielo di Roma la Coppa Italia del 2014. E sono ancora le sua mani, sotto il cielo stellato di Doha, le prime a toccare la Supercoppa. Marek Hamsik è in Cina ma il suo cuore è qui che gioisce per il successo del Napoli. E anche per il record strappato da Mertens. 520 presenze con la maglia azzurra, 121 gol: Hamsik è ormai una leggenda del Napoli
 


Hamsik, cosa ha provato a vedere la Coppa Italia di nuovo al Napoli?
«È una gioia immensa, per i ragazzi che sono lì e che ne hanno passate tante negli ultimi tempi ma anche per mister Gattuso e per tutta la meravigliosa Napoli perché so bene cosa significa vincere qualcosa lì. Ha un valore unico, straordinario. Lo si è visto dalle scene di accoglienza della squadra di ritorno da Roma nel cuore della notte. Non capita in tutti i posti di vedere feste così per una coppa. Ma per me non è una sorpresa. Ho il solo rimpianto di non averla potuto vedere in diretta perché col fuso orario erano le 3 del mattino ma il mio risveglio è stato dolcissimo».

Da cosa è colpito nel vedere giocare la squadra di Gattuso?
«C'è una compattezza che chi gioca a calcio percepisce all'istante. Non c'è bisogno di parlare con i miei ex compagni, la solidità che si vede sul campo è chiaramente il risultato di voglia di lottare assieme per un obiettivo. Ed è per questo che la Coppa è stata vinta dal Napoli».

Le sarebbe piaciuto avere un allenatore come Gattuso?
«Sono rimasto molto colpito quando ho incontrato il Milan con lui in panchina, giocarci contro non è semplice. Vedo cose simili, con questo Napoli: vedo che c'è una squadra che lo segue in ogni cosa, che risponde alle sue sollecitazioni, che ha un gioco che è espressione delle idee del suo tecnico. E poi c'è un aspetto importante: è una persona sincera, dice a tutti le cose come stanno. E sono motivi per cui con lui mi sarei potuto trovare in maniera meravigliosa».

Che differenze con la squadra di sei mesi fa che era con allenata da Ancelotti?
«Ho la netta impressione che in difesa sia organizzata in maniera praticamente perfetta: il Napoli concede poco agli avversari, anche nelle immagini che ho visto della finale con la Juventus non mi pare che ci siano state grandi occasioni costruite dai bianconeri. All'organizzazione, bisogna anche aggiungere le qualità individuali dei miei vecchi compagni».

Da qui il salto di qualità?
«All'inizio hanno avuto dei problemi quando è arrivato Gattuso, hanno faticato a trovare il passo giusto. Ma Lobotka mi ha spiegato il motivo: gli allenamenti erano durissimi e le prime settimane sono state difficilissime per loro ma nessuno si è tirato indietro. C'è stato bisogno di tempi per vedere i risultati, fisicamente mi pare che stiano molto bene e quindi è giusto raccogliere i frutti. La vittoria con la Juventus è stata meritata».

Ha provato un po' di nostalgia pensando che 6 anni fa la coppa l'ha alzata lei?
«È speciale vincere a Napoli, ne ho vinte tre di coppe e per me rimangono i ricordi bellissimi. Vincere a Napoli non è come vincere in altri posti».

Della finale all'Olimpico del 2014 nella notte in cui poi morì Ciro Esposito, che ricordo ha?
«È stata una serata speciale, difficile sotto ogni punto di vista. Non è stato facile giocare sapendo quello che era successo prima, all'esterno dello stadio. In tutti noi c'era un dolore profondo, perché non si può giocare al calcio in tranquillità sapendo che c'è un tifoso che lotta per la vita. Sono stati momenti orribili. Resta quella vittoria che è una vittoria anche lui (Ciro Esposito, il tifoso rimasto gravemente nell'agguato prima della gara, e morto giorni dopo, ndr), ma tutto quello che è successo rende quella serata difficile e indimenticabile.

Secondo lei, il quarto posto è ancora un traguardo possibile?
«È un calendario strano, si giocheranno 12 partite in meno di un mese e mezzo, senza allenamenti adeguati, passando da una parte all'altra dell'Italia. Il Napoli è una squadra ben attrezzata, con una rosa lunga, composta da ottimi giocatori: penso che adesso conterà molto avere dei cambi all'altezza, poter fare turnover perché sarà tutto molto difficile, con il caldo, l'umidità e il fatto che comunque non tutti avranno delle buone condizioni visto che per oltre tre mesi non ci sono stati allenamenti».

Com'è il calcio senza tifosi?
«Mi verrebbe da dire che non è vero calcio. È ancora calcio, certo, ma senza di loro cambiano gli stimoli per scendere in campo. È tutto diverso. E questo può anche influire sul risultato di certe gare».

Mertens ha battuto il suo record di gol e poi ha firmato il rinnovo. Può diventare il simbolo di questo Napoli come lo è stato lei?
«Dries è un giocatore e un uomo straordinario. So quanto ama la città e questa maglia. Lui è già un simbolo del Napoli e di Napoli. Lui è contento per questo record di gol e io sono contento che sia stato lui a superarmi. Lui è un simbolo, come lo è Lorenzo Insigne e come lo è anche José Callejon. Napoli deve andare fiera di avere campioni come loro, che lottano, che mettono il cuore ogni volta da anni per questa squadra».

La Champions ad agosto, il Napoli a Barcellona: la squadra di Gattuso può regalare un sogno in Europa?
«Vista la gara di andata, il modo con cui è stata affrontata la partita, è giusto credere nella possibilità di passare il turno. Certo, va fatta la stessa grande prestazione del San Paolo. Però ha ragione De Laurentiis: giocare al Camp Nou, in quello stadio fantastico, con gli spalti vuoti non sarebbe una bella cosa. Perché anche per i calciatori, vedere le tribune piene di spettatori, sentire il calore della gente, anche se tifano contro di te, dà stimoli unici. Il calcio è questo. Ma è chiaro che tutto dipende da come sarà l'evoluzione del contagio del Coronavirus in Europa nelle prossime settimane».

Al Dalian come vanno le cose?
«Ho ancora un anno e mezzo di contratto e sono certo di aver fatto la scelta giusta a venire qui. Certo, non vedo l'ora di tornare a giocare, ci alleniamo da cinque mesi sperando di iniziare presto ma non ci sono ancora certezze su quando inizierà il campionato».

Com'è stato ritrovare Benitez?
«Lui è uno degli allenatori più vincenti al mondo e sono contento di averlo qui perché fin dal primo giorno che è arrivato ci ha aiutato a crescere e a migliorare grazie alla sua competenza e alla conoscenza del calcio». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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