Insigne a Toronto per la famiglia:
«A Napoli ho perso trofei, fa male»

Insigne a Toronto per la famiglia: «A Napoli ho perso trofei, fa male»
di Bruno Majorano
Lunedì 27 Giugno 2022, 23:43 - Ultimo agg. 28 Giugno, 18:31
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Completo bianco, camicia a righe con l’azzurro. La prima «divisa» di Lorenzo Insigne da giocatore del Toronto è cromaticamente molto diversa da quella che indosserà in campo. D’altra parte quella di ieri è stata solo la conferenza stampa di presentazione. Con lui il presidente del Toronto Bill Manning e l’allenatore della squadra canadese Bob Bradley, ma l’impressione è che città e tifoseria siano già tutti dalla parte di Lorenzo. In sala stampa anche l’agente napoletano Vincenzo Pisacante, la moglie di Lorenzo Jenny e i due figli che hanno chiuso la conferenza con l’ultima «domanda». «Daddy I love you», che ha strappato il sorriso di tutti i presenti. Prima di loro, però, è toccato al papà dire la sua. «Sono molto contento di essere qui. Ho accettato questa sfida e sono fiero e orgoglioso. Il primo giorno in cui sono arrivato mi hanno portato al Caffè Diplomatico e mi è sembrato di essere a Napoli». Insomma, quello dell’adattamento sembra un non problema per Lorenzo che ha tutte le intenzioni di dimostrare al calcio americano di non aver attraversato l’Oceano solo per fare il turista.

«In tanti pensano che sono arrivato qui per soldi, ma è stata una scelta in primis per mia moglie e i miei figli. È una sfida molto importante per me ora puntare a far vincere la prima Champions al club. Sono venuto per dare una mano e dimostrare a tutti che quello americano non è un calcio di livello inferiore rispetto all’Europa. Voglio dimostrare il mio valore anche in questo campionato. Giovinco ha vinto tanto qua, voglio fare altrettanto e fare bene per questo club».

È ancora presto per fare paragoni con l’altro italiano che lo ha preceduto con la maglia del Toronto, ma l’impressione è che Insigne abbia tutta la voglia di dimostrare il suo valore. «Prima di quella del Toronto non avevo avuto ancora altre offerte concrete.

A 31 anni non mi sento vecchio e avrei potuto ancora giocare in Europa, ma ho pensato che questa potesse essere la scelta giusta per me e per la mia famiglia. A Napoli ho vissuto 10 anni intensi: ho dato tanto, ho vinto tanto e perso trofei che fanno ancora male. Volevo cambiare un po’ e fare una nuova esperienza. Per me venire qui è stato come accettare un top club europeo. Ho vinto un Europeo con la Nazionale e quindi direi che sono abituato anche a gestire la pressione». 

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Ora, però, sarà il momento di far parlare il campo. «Ho visto la partita tre giorni fa, è stato uno spettacolo. Non vedo l’ora di mettermi a disposizione dei miei compagni e del mister, sto male quando non gioco e non posso dare il mio contributo. Ho parlato con Michael Bradley: mi può aiutare tantissimo perché parla anche italiano. È un grande giocatore, ci ho giocato contro qualche volta. Sta sempre nella posizione giusta ed è un vero leader e capitano». 

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