Se lamentarsi degli arbitri è da sfigati e sostenere che, in fin dei conti, una partita bisognava pur perderla è da appassionati delle quote e delle statistiche, allora l'unica cosa che resta da dire dopo la prima sconfitta in campionato del Napoli è che aveva ragione quel sant'uomo di Buddha quando diceva che in tutte le cose umane, persino quelle più dolorose, ci sta qualcosa di buono e che per ottenere qualcosa di molto, molto prezioso bisogna necessariamente perdere in cambio qualcosa. E rivedendo la partita di ieri del Napoli con l'Inter, effettivamente, le cose sono andate proprio in questo modo. È stato necessario perdere tre punti per ottenere il ritorno, in grande stile, di Ciro Mertens. È stato perdere a San Siro, insomma, il prezzo che gli azzurri hanno dovuto pagare per poter affermare, questa volta sì, e senza alcun dubbio, che il belga è tornato. Solo dal suo ingresso in campo, a rilevare un distratto capitano, ieri il Napoli dopo settanta minuti di agonia si è ricordato di essere una squadra di calcio peraltro al primo posto in classifica. E ha provato a giocarsela.
Per poco, pochissimo, gli azzurri non sono riusciti a rimontare i tre gol subiti. Non è come il fatto della volpe che quando non arriva all'uva dice che è acerba, è il fatto che quando il pallone di Mario Rui arriva ad Handanovic e questo fa una papera se il pallone invece di entrare fa una carambola sulla traversa allora è evidente che non era destino. Era destino solo che Mertens riaccendesse una speranza. Era destino solo che quella sua gemma di gol nella disfatta generale brillasse come un'oasi nel deserto. Se è acqua che leva sete solo il tempo potrà dirlo. Ma nel frattempo, meglie e nient per accuncia' nu poco a vocca!