Juventus-Napoli, bufera sui social:
«Tavolino capocannoniere serie A»

Juventus-Napoli, bufera sui social: «Tavolino capocannoniere serie A»
di Delia Paciello
Giovedì 15 Ottobre 2020, 08:00
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Il giudice sportivo sentenzia: tre punti a tavolino alla Juve e uno di penalizzazione al Napoli. Gli amanti del calcio rispondono: «Dov’è finito lo sport?». E così che il caso Juve-Napoli non smette di infuocare le piazze virtuali. «Hanno dimostrato che il calcio è marcio, che i soldi sono più importanti della salute e della legge»; «Bella immagine all’estero del calcio italiano: tutto il mondo ha preso in giro la Juve sola in campo con il Napoli fermo per rispetto della procedura e ora la premiano», urlano i tifosi azzurri.  Qualcuno ironizza: «La Juve è comunque infuriata perché ha pagato gli arbitri inutilmente». E intanto risulta chiaro per il popolo dei social che al momento il miglior marcatore del campionato è il tavolino: «Il miglior acquisto bianconero degli ultimi tempi: ora al tavolino chiederanno la Champions».

Ma la rabbia è tanta, e molti si ribellano non tanto per l’aspetto sportivo, ma soprattutto sotto l’aspetto umano: «Una decisione che mostra l’incoscienza del calcio»; «Noi comuni mortali dobbiamo fare la quarantena se a contatto con positivi almeno per il tempo di incubazione, i calciatori sono al di sopra pure di questo!»; «Quindi se abbiamo contatti con persone infette possiamo tutti non stare in isolamento e partire?»; «Due pesi e due misure fra le persone anche durante una pandemia!».

 

Una sentenza che mette in crisi i tifosi per il messaggio che trasmette: il mondo del calcio se ne frega della pandemia, della procedura a cui sono soggetti tutti gli altri esseri umani, della legge, dell’Asl. E allora il popolo del web grida a gran voce: «O tutti rispettiamo l’isolamento durante il periodo di possibile incubazione, o nessuno».

A quanto pare il comunicato di Mastrandrea, dopo una settimana di attento studio delle carte, sottolineerebbe che la comunicazione ufficiale dell’Asl sarebbe arrivata la mattina della partita e non il giorno prima, quando il Napoli aveva previsto la partenza annullata dalla famosa telefonata del responsabile dell’Asl che avrebbe invitato il club a seguire la procedura a cui tutti i cittadini sono soggetti. Specie dopo Napoli-Genoa, con tutti i casi di positività riscontrati nei rossoblù nei giorni successivi alla gara (quando il virus evidentemente era già in incubazione), la decisione dell’Asl è sembrata ai più l’unica cosa saggia da fare per evitare ulteriori contagi: a Torino si sarebbe potuto ripetere ciò che qualche giorno prima era successo al San Paolo, con i genoani untori inconsapevoli, portatori del virus agli azzurri.

Proprio nei giorni scorsi il presidente De Luca aveva lanciato un messaggio chiaro che aveva strappato l’applauso dei napoletani e non solo, dando due schiaffi al presidente Agnelli e alla Juventus: «Parliamo di sport, di valori sportivi, di lealtà, di competizione onesta e rispetto per gli avversari. Ma come ci si può ridurre alla meschinità di pretendere di vincere un incontro con gli antagonisti messi in quarantena da una Asl e non per volontà propria?». E ora in tanti rispondono: «Ma quale onore? Il palazzo pensa solo al business e non ha onore. Stai parlando di quelli che contano gli scudetti revocati dopo lo scandalo calciopoli». E c’è chi ricorda quella che ormai sui social è diventata la premonizione di De Luca: «Se il Napoli avesse fatto come il Genoa cosa sarebbe successo? Andiamo lì, giochiamo e poi magari una settimana dopo c'è Cristiano Ronaldo positivo. Avremmo conquistato i titoli del New York Times». Ebbene Cr7 è davvero risultato positivo di spirito e di virus, e non per colpa del Napoli. Si è parlato della bolla violata, ma in tanti pensano che ormai il potere dei soldi che girano intorno al calcio è in grado di compare tutto. Qualcuno però sospira: «Cristiano, sarà il Karma».

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Mentre il Napoli sottolinea con un tweet che ha solo rispettato la legge e aspetta l’esito dell’appello avendo fiducia nella giustizia, i commenti più scatenati sul profilo del club azzurro sono proprio dei tifosi juventini, che provano a scaricare un po’ di frustrazione per i pesi che portano sulla coscienza. E si apre la polemica. Qualcuno scrive: «Cominciate prima a presentarvi alle premiazioni». Prontamente i napoletani si fanno sentire: «Quali premiazioni? La vergogna di Pechino? E voi la festeggiate pure?». Da lì poi i luoghi comuni, le discriminazioni razziali e le offese: «A Napoli siete tutti delinquenti». A cui qualcuno risponde con classe: «I giuristi nascono qui, la cultura e l’arte pure. Studiate invece di rubare scudetti».

E poi ancora le insinuazioni dei bianconeri: «Avete disdetto il volo prima, come dice il giudice, perché avevate paura». Eppure evidentemente il Napoli veniva da vittorie strabilianti sul campo, aveva dimostrato in campo di essere la squadra più in forma e l’unico impedimento sarebbe arrivato dall’osservanza di quanto comunicato dall’Asl, come ha ribadito più volte il club, deciso a portare avanti le sue motivazioni e le relative prove in giudizio.

Insomma il caso Juve-Napoli continua a far parlare, e probabilmente lo farà ancora per molto. Per tanti era per certi aspetti prevista una reazione simile dal giudice sportivo. «Avrà certamente sentenziato senza pressioni», ironizza qualcuno, facendo riferimento al fatto che autorizzare con facilità il Napoli a recuperare la partita avrebbe voluto dire nei fatti sospendere la Serie A, dove in tante squadre si circolano giocatori positivi, ma anche tanti soldi.

La cosa più facile per il mondo del calcio sarebbe continuare a giocare, dando priorità al business e non alle procedure a cui sono soggetti tutti. «Va bene che loro possono fare più controlli, ma il tempo di incubazione in isolamento deve essere uguale per tutti», puntualizzano però i tifosi sui social. E allora dando ragione al Napoli, appena un giocatore che si è allenato in gruppo risulterebbe positivo, scatterebbe l’isolamento. Come sarebbe per logica. Ma la Figc non accetta.

«La soluzione è quella adoperata nell’Nba, dove hanno giocato in sicurezza»; «Il calcio in Italia non può continuare con questo protocollo, sospendetelo e basta», urlano in tanti. In effetti l’idea di una bolla che racchiuda tutte le squadre come in America sarebbe impraticabile per la Serie A, dove i partecipanti sono di più e i tempi più lunghi. «Con quello che guadagnano i calciatori però, potrebbero fare il sacrificio», punge qualcuno. In ogni caso probabilmente ritiri prolungati ognuno nelle proprie strutture con rarissimi contatti esterni potrebbero essere un compromesso per controllare meglio i contagi. Magari anche con pause, e al ritorno controlli a tappeto. Forse i casi di positività fra i giocatori in questo caso diminuirebbero.

Anche se bisogna dare atto ai calciatori azzurri che nonostante la città rapace, la loro attenzione alla salute sarebbe da premiare: se non fosse stato per il Genoa o per Petagna prima di giungere a Castel Volturno, in prima squadra il covid non sarebbe arrivato. Per la Juve e per tante altre squadre tuttavia non è così.

«Napoli, a testa alta. Siamo con te», «Siamo stanchi di questo calcio malato», sono i messaggi che si diffondono sulle bacheche dei napoletani e degli amanti del calcio. La città attende giustizia. I tifosi rivogliono lo sport, quello vero, non quello fatto a tavolino, con le vittorie facili. Quello che insegna valori importanti come la lealtà, lo spirito di sacrificio per raggiungere gli obbiettivi, l’onore sportivo, la sana competizione, il rispetto delle regole e degli avversari. Cose che in tanti non vedono più nel calcio moderno.

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