Casini: «Napoli campione, così cresce la serie A»

Il presidente della Lega premia gli azzurri

Lorenzo Casini
Lorenzo Casini
di Pino Taormina
Sabato 3 Giugno 2023, 08:18
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Sarà Lorenzo Casini, il presidente della Lega, a consegnare la coppa dello scudetto a capitan Di Lorenzo. Il numero uno della confindustria del calcio sarà a Napoli per la premiazione, il momento clou della festa di domani sera.

Presidente Casini, cosa significa lo scudetto che torna al Centro-Sud dopo 22 anni lasciando Torino e Milano?
«Vuol dire moltissimo, soprattutto in termini di competitività e contendibilità del campionato. Aumentano l'attenzione mediatica e il tifo in tutta Italia. E questo porterà tutte le altre squadre a rafforzarsi, innalzando ancor di più il livello medio del torneo».

C'è un giocatore del Napoli che l'ha colpita di più?
«Uno? Direi tutti, in ogni reparto. A partire dal capitano Di Lorenzo, un esempio di percorso formativo sportivo italiano. È la squadra nel suo insieme che ha colpito tutti, per il modo di giocare, per lo spettacolo creato e per la coralità messa in campo in ogni partita».

Più volte Spalletti è stato eletto allenatore della stagione: cosa ha dato al calcio italiano?
«Mister Spalletti ha dato una mentalità vincente, votata al bel gioco e all'attacco, come il Napoli di quest'anno ha mostrato. Mi sembra anche giusto che abbia finalmente vinto un campionato anche in Italia. Una vittoria strameritata».

Nel Napoli campione c'è una percentuale del 70 per cento di stranieri: come ovviare?
«Anche la Premier League ha dati simili, in realtà. La sentenza Bosman ha avuto effetti analoghi nella maggior parte d'Europa. I rimedi sono più d'uno e alcuni li abbiamo già messi in atto. Per esempio, abbiamo modificato la composizione delle liste dei giocatori delle squadre primavera per aumentare il numero di giocatori formati e di quelli convocabili in nazionale. Stiamo anche insistendo molto per aumentare il numero delle seconde squadre in Lega Pro. E, sempre in collaborazione con le altre leghe, stiamo modificando il sistema di premi di valorizzazione per i giovani giocatori».

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De Laurentiis per la gestione del club viene portato come esempio da tanti analisti. Lei che valutazione dà?
«Il Napoli è un esempio virtuoso di gestione, capace di coniugare felicemente sostenibilità economico-finanziaria con risultati sportivi. È la conferma che imprenditori di successo in settori strategici, in questo caso il cinema e l'audiovisivo, possono portare innovazione e competenze anche nel mondo del calcio.

Per fortuna in serie A abbiamo anche altri esempi, sia italiani, sia stranieri».

Cosa pensa proverà a consegnare la coppa nello stadio dedicato a Diego Armando Maradona?
«Sarà un momento emozionante, innanzitutto perché la consegna della coppa del campionato è il rito che celebra la squadra vincitrice. Su Diego Armando Maradona, direi che l'ultimo film di Sorrentino abbia reso molto bene in modo poetico ma realistico quello che moltissimi di noi in Italia, non solo i napoletani, hanno vissuto in quegli anni».

Napoli campione e altre tre in finale di coppa. Non siamo messi così male, non trova?
«Era dal 1990 quando fu sempre il Napoli a vincere lo scudetto che non avevamo tre squadre in tutte le finali europee. È il segnale più importante per far crescere la Serie A in Italia e nel mondo. È con le vittorie del Milan di Sacchi in Coppa dei Campioni e poi delle altre squadre italiane in Coppa delle Coppe e in Coppa Uefa (incluso il Napoli di Maradona nel 1989) che la Serie A raggiunse uno dei suoi periodi più folgoranti. Mi è dispiaciuto molto per la sconfitta della Roma in finale di Europa League quest'anno: ai giocatori e alla società vanno riconosciuti però tutti gli onori per un trionfo non arrivato solo alla lotteria dei calci di rigore».

Il presidente della Salernitana, Danilo Iervolino dice che la Lega è la casa della discordia.
«Sui temi più importanti, come è stato per le modifiche dello statuto o da ultimo per il bando per l'archivio corrente centralizzato, si è trovata l'unanimità. In generale, la Serie A è uno specchio del Paese, delle sue eccellenze ma anche delle sue divisioni: trovare tutti quanti d'accordo non è mai semplice ed è essenziale assicurare il dialogo e curare al meglio la fase istruttoria per fare prendere le decisioni».

Sempre Iervolino sostiene che la distribuzione delle risorse dei diritti tv a rendere meno competitiva la serie A. È così?
«La sua posizione è comprensibile, soprattutto guardando la Premier League, dove comunque ci sono più criteri di riparto e la divisione dei diritti tv non avviene in parti uguali. Da noi è una norma di legge a dettare le modalità di riparto ovvero il decreto legislativo Melandri, e certamente, come chiesto da più squadre, è giunto il momento di riconsiderarne l'impianto. Prima di rivedere come distribuire le risorse, però, è decisivo incrementarle».

L'ingresso dei fondi è una delle chiavi che può avvicinare la serie A alla Premier?
«I fondi sono solo uno strumento, non un risultato di per sé. Ed è un tema su cui la Serie A, dopo aver definito l'assegnazione dei diritti audiovisivi per il prossimo ciclo, compirà, grazie a un advisor specializzato, tutte le valutazioni del caso, pesando con la massima attenzione i pro e i contro. L'esperienza spagnola e da ultimo quella tedesca, dove l'operazione con i fondi è stata bocciata dieci giorni fa, sono casi di studio interessanti per capire davvero se e come eventualmente leghe ed investitori possono collaborare tra loro».

Si è stufato, venendo lei da un mondo così diverso, di fare i conti ogni domenica con i cori razzisti negli stadi?
«Tutti, mi auguro, sono stufi di sentire urla e grida, per fortuna isolate e minoritarie rispetto alla maggioranza dei tifosi, che nulla hanno a che fare con il calcio e con lo sport. Le soluzioni sono sia le sanzioni, sia la formazione, a partire dalla scuola. Lo stadio riflette la società e, se non si investe in istruzione e non si promuovono davvero inclusione e rifiuto delle discriminazioni, allora sarà difficile sradicare completamente il problema».

Ma possibile che per sperare di rifare gli stadi e le infrastrutture bisogna puntare su Euro32? Non ci sono le condizioni per farli a prescindere?
«Certo che ci sono e, come detto più volte anche dal ministro Abodi, Euro 2032 potrà in caso essere una straordinaria opportunità, ma gli stadi in Italia vanno sistemati a prescindere dai grandi eventi. Il ritardo infrastrutturale è oramai insostenibile e intollerabile. Abbiamo chiesto una cabina di regia al governo, perché molti nodi burocratici, neanche economici, che bloccano progetti e lavori sono anche legati al ruolo che la legge assegna ad alcune amministrazioni statali. E i Comuni spesso fanno fatica senza il supporto del governo. Soprattutto va comunicato in ogni modo che lo stadio non è solo un campo di calcio, ma è un'infrastruttura capace di rigenerare interi quartieri e favorire interventi di efficientamento energetico e miglioramento tecnologico».
 

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