«Napoli, con ritmo e coraggio
a Leicester si può vincere»

«Napoli, con ritmo e coraggio a Leicester si può vincere»
di Pino Taormina
Martedì 14 Settembre 2021, 08:05 - Ultimo agg. 15 Settembre, 07:08
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Idolo anche in Inghilterra di una generazione di attaccanti (tra questi c'è proprio Jamie Vardy, la punta del Leicester), Paolo Di Canio uno dei più bravi esperti di calcio d'Oltremanica. In pochi conoscono la Premier come l'ex stella del Napoli, della Juventus e del West Ham.

Di Canio, l'impresa del Leicester resta degli annali, come quella del Verona negli anni 80 in Italia. Cosa è rimasto oggi di quella squadra?
«Giocano assieme da un po' d'anni. Lì davanti c'è sempre Vardy che prova a dare profondità ma le cose con l'addio di Ranieri e l'arrivo di Rodgers sono mutate. Qualche volta ci ritentano a emulare quella squadra che provava a lanciare lungo e basta ma ora è diverso. Tielemans e Ndidi fanno schermo, ma hanno anche la licenza per accorciare con i tre davanti, Barnes è esploso, Maddison è il loro vero trequartista, ci sono giovani con talento. Anche quelli che stanno fuori possono fare la differenza. Certo lì dietro...».

Il solito problema del football inglese?
«Vestergaard che è appena arrivato dal Southampton è un filiforme alto ma con uno come Osimhen, se giocherà il nigeriano, se la vedrà brutta. Ma lo stesso pure se ci sarà il falso nove. Poi c'è il turco che da quando doveva andare al City ma poi è rimasto si è montato la testa: Soyuncu anche con la Turchia ha fatto danni, gioca quasi con la puzza sotto al naso. Ecco, se il Napoli indovina il ritmo..».

Come quello con la Juventus può andar bene?
«In Italia, certo. Fuori, contro le squadre di Premier non basta mica. E Luciano lo sa bene. Però: il coraggio fatto vedere sabato è lo stesso che serve a Leicester giovedì sera. Controllo della partita, anche se serve più vivacità. E devi sapere che se contro gli inglesi perdi palla a metà campo, loro ti massacrano se non sei schierato bene dietro. Mentre con la Juventus ti sei potuto concedere anche delle distrazioni».

Vardy ha un idolo assoluto: è lei.
«Ero al West Ham e all'Accademy i ragazzini spesso si avvicinavano a noi. E un pomeriggio io e Benny Carbone accettammo la sfida a calcio-tennis di questi due giovani. L'episodio lo ricordo, perché loro furono sfacciati a chiedercelo, ma capitava spesso, il mercoledì soprattutto, che ci fossero questi generi di incontro, perché a me è sempre piaciuto dare consigli ai più giovani. Quando Vardy me lo ha raccontato, io quella partita la ricordavo. Ma anche questo è il fascino del calcio inglese».

È arrivato Anguissa proprio dalla Premier per dare equilibrio al Napoli.
«Spalletti deve stare attento, ma sono sicuro che lo ha già inquadrato: la sua potenza e la sua capacità fisica sono evidenti e in serie A, se riesce a capire certe cose, si può divertire e fare la differenza. Ma a un patto: con il Fulham, che però non aveva né capo né coda, lui osava nella giocata, nel tener palla, nel tentare il dribbling. E più di qualche danno lo ha fatto perché si piace, tende a specchiarsi nella sua bellezza. Con la Juventus pure gli è andata bene, perché il centrocampo dei bianconeri, con quel Rabiot, pensava a fare altro. Ma adesso, quando andranno in pressione su di lui, deve stare accorto, non tentare la giocata come spesso faceva in Inghilterra. Perché da noi ti mangiano. Ma Spalletti lo ha certamente capito quali sono i pericoli con Anguissa e la sveglia gliela avrà già data. Anche perché Fabian è cresciuto, è meno macchinoso, l'ho visto muoversi con eleganza. Ed è un centrocampo a due molto interessante».
 

Spalletti zitto zitto...
«Vero, zitto zitto.

Luciano è una persona che a me affascina da anni. Andai da lui a Certaldo per una iniziativa di beneficenza, perché aveva organizzato una raccolta di fondi per comprare un'ambulanza. Pensate, anni dopo Luciano mi incontra in un ristorante di Milano, ci salutiamo e poi ognuno si siede al proprio tavolo. Chiedo il conto ma il proprietario mi dice che la cena è offerta da Spalletti. Vado per ringraziarlo e lui dice che doveva sdebitarsi per la mia presenza a Certaldo di una decina di anni prima...».

A Napoli ha iniziato forte. Un po' se lo aspettava?
«Sì perché è intelligente, mi piace come parla, ha il profilo basso anche se prima o poi tornerà come sempre incazzoso perché la sua natura è quella. Ma sia la gestione di Insigne che anche quella di Manolas, che pure sembrava dovesse andar via, è da leader. Poi non fa sviolinate, fiuta la città. D'altronde, lui è uno che per anni non ha potuto replicare al fango che gli è arrivato addosso da tutte le parti, ha subito quella fiction di Totti in silenzio. Ma io mi chiedo: come ha fatto a stare zitto quando raccontano la verità solo di una parte in causa? Ora è sereno, mi colpisce, mi piace. Anche il racconto dello screzio con Allegri: era divertente, c'era ironia. Quel ma come, è la prima volta che ho vinto contro di te mi ha fatto morire dal ridere».

Per lo scudetto?
«Certo che c'è il Napoli, ci deve stare per forza. Mi ha colpito come ha vinto con il Genoa quella partita sporca. Poi ci sono le altre, c'è il Milan di Pioli. E c'è l'entusiasmo che alla Roma ha portato Mourinho: l'altra sera per aver battuto il Sassuolo ho sentito i clacson per le strade».
Non è che il Napoli pensa al campionato e l'Europa la prende sottogamba?
«E allora Spalletti che ci sta a fare? Ma avete visto i messaggi che ha mandato nella gara con la Juventus? Entra Ounas, poi Zielinski, Lozano, Petagna... ma là davanti chi ce li ha così forti? E in Europa League possono alternarsi, possono dare il meglio. Poi se ne vinci due o tre puoi gestire la qualificazione, non è una gara da dentro o fuori. Voglio un Napoli coraggioso a Leicester, sperando che anche il Milan a Liverpool domani in Champions dia messaggi rassicuranti, ovvero che la distanza tra il calcio italiano e quello inglese non è così netto».

A vedere i diritti tv...
«Incredibile. Cinque miliardi si dividono i club della Premier, mentre tutti gli altri top campionati, tutti assieme, non arrivano a 4 miliardi. D'altronde, perché Ronaldo è tornato lì?».

Già, una grossa perdita per la serie A?
«Un colpo all'immagine, vero. E per la Juventus un colpo ai gol, perché con lui partivi sempre dall'1-0. Però certo non si può piangere anche per l'addio di Lukaku, sennò davvero dobbiamo chiudere baracca e burattini. Consoliamoci con gli allenatori, godiamoceli, perché un motivo o un altro saranno loro ad avere i riflettori puntati addosso, visto che in campo non è che abbiamo così tanto talento da ammirare».
 

Un preferito Di Canio ce l'ha?
«Sarri ha il compito più complicato perché dove arriva vuole fare cambiamenti radicali, però le voglie di rivincita di Allegri, Spalletti e Mourinho sono esaltanti. Mou mi colpisce, nel microcosmo romano comincia a sentirsi re. Viene da tre esoneri e pure un mostro sacro come lui qualche domanda stava cominciando a farsela».

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