Quel ragazzo napoletano cresciuto nelle periferie del calcio, con il sogno non di diventare un fuoriclasse ma di scoprirne, fu ben felice di pagare quei personali premi scudetto. Centocinquantamila euro a testa per Giovanni Di Lorenzo, Mario Rui e Matteo Politano, i tre campioni d'Italia assistiti da Mario Giuffredi, quel ragazzo che è diventato grande e famoso ed è adesso il secondo procuratore italiano per numero di calciatori rappresentati in Champions League. Ha raccontato la sua storia nel libro "La strada di un sogno: la mia vita da procuratore" (Cairo Editore, pagg. 160, euro 16, prefazione di Maurizio de Giovanni). In copertina un bambino che guarda dall'alto lo stadio Maradona, quello che Mario frequentava da bambino - posto in Curva B - e dove torna tra due giorni per presentare l'autobiografia in cui non fa sconti a nessuno, neanche a se stesso, raccontando nei dettagli la vicenda giudiziaria che lo riguardò nel febbraio 2021. Giorni duri per accuse pesanti: riciclaggio, autoriciclaggio, corruzione ed evasione fiscale. «Dopo due anni di indagini, molto invasive, di cui non mi sono mai accorto, alla fine hanno fatto cadere tutti i capi d'imputazione, tranne due: evasione fiscale e corruzione. Ma un paio di mesi dopo l'avvocato Guido Furgiuele mi comunicò l'archiviazione del reato di corruzione», sottolinea Giuffredi.
Il calcio è un mondo dorato e Mario vi è entrato a pieno titolo. Ma prima cosa c'era stato nella sua vita? Le risse e le brutte amicizie da adolescente a Sant'Anastasia, le notti trascorse per strada, fino all'incontro con il vigile urbano Gaetano Vellucci che lo porta nel giro dei talent scout. L'idolo di Giuffredi, titolare dell'agenzia Marat, è Mino Raiola, l'agente di origini campane scomparso un anno e mezzo fa: fu il re dei re del calciomercato. Ma prima ancora c'era stato lui, Diego. «Maradona era partito dal basso: il migliore esempio per chi voleva diventare qualcuno nella sua vita». Tanti viaggi da un punto all'altro dell'Italia per scovare talenti, con l'orgoglio di vedere dai 40 ai 50 dei "suoi" ragazzi tesserati per società di serie A. Poi, a 30 anni, il contatto con Pino Letterio, Ulisse Savini e Sauro Catellani, ex stopper del Napoli degli anni 70. Si allarga il giro di conoscenze, le basi operative vanno da Napoli alla Toscana, l'orizzonte diventa più ampio. E nell'estate 2015 arriva la telefonata più attesa.
È De Laurentiis che vuole parlare del regista dell'Empoli, Valdifiori, suo assistito. Giuffredi pensa a uno scherzo e riattacca. Ma il presidente richiama e si chiude la trattativa. Altri due ne avrebbe portati al Napoli da Empoli, entrambi premiati con quell'assegno da centocinquamila euro dopo lo scudetto: Mario Rui e Di Lorenzo. All'esterno, che avrebbe vinto l'Europeo 2021 e sarebbe poi diventato il capitano del Napoli, non disse qual era la sua nuova squadra. «Lo scoprirai prima di salire sul treno». E Giovanni, sbarcando a Napoli nel 2019, non credeva ai suoi occhi. Di Lorenzo firma la postfazione del libro, con una ricostruzione toccante di questo rapporto nato in un ristorante di Firenze, "Il povero pesce", considerato da Giuffredi un locale portafortuna: «Sappiamo noi cosa c'era dentro quell'intreccio di profonde emozioni a Udine, quando ci siamo abbracciati: mi hai cambiato la vita e ti sarò grato per sempre».
Serata indimenticabile per il procuratore e non soltanto per lo scudetto: come altri tifosi azzurri che invasero il campo a fine partita, prese qualche manganellata dai celerini. Giuffredi ha altri sogni da realizzare e altri futuri campioni da lanciare. Un giorno vorrebbe diventare dirigente di un club, magari dell'amato Napoli (De Laurentiis lo ha voluto un mese fa a Castel Volturno quando scoppiò la crisi tecnica), e intanto assicura che il centrocampista Gaetano farà tanta strada, qui o altrove. Perché gli interessi dei suoi assistiti vengono prima di tutto, come spiegò nell'estate 2022 a Spalletti a proposito di Politano, preso in procura grazie a un amico tassista che gli fece la soffiata giusta. I vecchi metodi, quelli che funzionano sempre.
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