Maradona, notte da brividi a Napoli:
il dio è tornato nel suo Olimpo

Maradona, notte da brividi a Napoli: il dio è tornato nel suo Olimpo
di Pino Taormina
Lunedì 29 Novembre 2021, 08:00 - Ultimo agg. 30 Novembre, 13:18
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Ora dicono: Diego è di tutti. No, non è mai stato così. Era di Napoli, del Napoli e della sua Argentina. E quindi è giusto che la sua statua sia qui, nello stadio che porta il suo nome, nella città che non ha mai smesso di considerarlo un idolo, neppure quando è finito all'inferno. Ha ragione Corrado Ferlaino a ricordarlo, con la sua faccia tosta: «Qualche nemico lo avevamo noi e Diego». C'è Gianni Infantino, il numero uno di quella Fifa che secondo Maradona mise una pietra tombale alla sua carriera, con quel controllo antidoping a Usa 1994. È una emozione senza fine questa cerimonia, forse la cosa più toccante che si è vista qui dai tempi dei due scudetti vinti. Le note delle canzoni del Pibe, le immagini che scorrono dei gol con la maglia numero 10 e in sottofondo il coro: «Olè olé olé Olé, Diego Diego». Aurelio De Laurentiis ha fatto da cerimoniere a questo evento che porta la regia di Stefano Ceci, l'amico-manager che ha donato la statua che alle 19,40 viene mostrata al pubblico dello stadio. Sullo schermo gigante il grande lavoro che c'è dietro, con il calco preso dal piede e dalla mano di Maradona, steso su un divano di Dubai nel 2017. 

C'è tanta Napoli sugli spalti. La scultura viene trasportata lungo la pista d'atletica, mentre l'attore Gianfranco Gallo legge le parole scritte da Maurizio De Giovanni. Tra gli ospiti del club azzurro Salvatore Esposito, Marco D'Amore, Nino D'Angelo, Toni Servillo, Sal Da Vinci, Gigi D'Alessio e le legends degli anni 80 che da poco hanno dato vita a una associazione con Bagni, Bruscolotti, De Napoli, Renica, Caffarelli, Carannante. C'è il sindaco Manfredi ma non il governatore De Luca che è rimasto bloccato da una riunione improvvisa convocata per via dell'emergenza Covid. «Merita questo omaggio - dice Pelè in un videomessaggio - perché è stato un grande amico e un grande campione». Il Napoli e la Lazio si riscaldano mentre sul monitor scorrono i colpi magici di Maradona. Spalletti segue tutto da bordo campo, ha addosso una maglia azzurra. Sarri, invece, rimane a seguire tutto dallo spogliatoio: vorrebbe essere lì, perché Maradona per lui è stato un vero mito, ma preferisce starsene in disparte. I tifosi, qui, però, non gli hanno perdonato l'addio. E non gli risparmiano i fischi. 

 

Gabriele Gravina, il presidente della Figc, è a bordo campo mentre inizia la cerimonia. Parla Careca dal maxi-schermo: «Quella squadre resterà sempre viva, come sempre vivo resterà Diego», dice. Il momento più spettacolare è il super gioco di laser che è stato fatto realizzare da Artech del napoletano Luca Toscano. L'ospite d'onore è Gianni Infantino: arriva verso le 19,25 e lo aspetta al varco d'ingresso proprio De Laurentiis, con cui poi vedrà la partita. Infantino parla a Dazn: «Tutta una città, tutto il mondo intero si stringe attorno a Diego, è una emozione unica quella che stiamo provando: ci ha fatto innamorare del calcio a tutti, non solo quelli del Napoli, lui ha avuto un talento unico ed è stato personaggio straordinario». Ovvio che si parli anche dell'Italia. «I club italiani non sono quelli degli anni 80 del presidente Ferlaino e di Maradona, ma con qualche piccolo accorgimento può tornare al top. Ma la serie A è uno spettacolo, la passione che c'è qui non c'è in altri posto del mondo». Non si sbottona quando parla della Nazionale ma tira acqua al suo mulino: quello del sogno di un Mondiale ogni due anni: «L'Italia deve fare un paio di spareggi, è dura per l'Italia ma è dura anche per gli altri, stiamo discutendo se far giocare la Coppa del Mondo ogni due anni, magari questa è una cosa che può aiutare a far crescere il movimento, chi non si qualifica adesso magari ha solo due anni per rifarsi». Ma è la notte di Maradona, De Laurentiis è quasi sotto al braccio di Ferlaino. Ed è la prima volta che questo incontro avviene allo stadio. «Mica tutta Italia era felice per Maradona e le nostre vittorie. Presi un wiskie a Barcellona per festeggiare e il barista mi disse che avevo preso uno con la pancia e che mi ero fatto fregare. Uscii da quel bar col mal di stomaco e non ho più toccato un wiskie in vita mia». Ride anche Aurelio De Laurentiis. «Siamo primi ma di scudetto non voglio parlare, sono scaramantico e i traguardi si tagliano alla fine.

Testa bassa non mollare mai». E svela il suo rito. «Vero, ho accarezzato il piede sinistro della statua. Perché un piede così importante non può che essere un viatico per cominciare bene ogni volta. Quando si scende in campo, non solo nel calcio, bisogna scendere con il piede giusto. E il sinistro di Maradona è sicuramente quello giusto. Perché il suo era un piede d'oro, come quello della statua». E a fine partita il tweet del patron: «Vittoria straordinaria nel nome di Maradona». 

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