«Da Maradona e Spalletti ai giovani
che sognano di diventare campioni»

«Da Maradona e Spalletti ai giovani che sognano di diventare campioni»
di Bruno Majorano
Giovedì 5 Maggio 2022, 07:00 - Ultimo agg. 6 Maggio, 07:27
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Ha respirato l'aria dello spogliatoio del Napoli dove c'era Diego Armando Maradona. È lì che Massimiliano Favo ha imparato a capire l'importanza del gruppo, della squadra e del leader in uno spogliatoio. Si tratta dell'insieme di elementi che poi ha riportato nel suo di spogliatoio, quello della Nazionale Under 15 che ha anche riportato al successo dopo 14 anni nel Torneo delle Nazioni con la coppa sollevata da un capitano napoletano: Francesco Verde (difensore della Juventus).

Favo, cosa vuol dire allenare dei ragazzi così giovani?
«Devi essere bravo nella comunicazione e negli atteggiamenti. I ragazzi hanno una sensibilità e una voglia di imparare che a volte gli adulti non hanno. È come scrivere su carta bianca: trovi la materia prima e la devi plasmare».

Lei cosa cerca di insegnare ai suoi ragazzi?
«Mi porto dietro una grande cultura di settore giovanile, quello dove sono cresciuto a Napoli. Riccardo De Lella era il nostro allenatore e con lui ho vinto uno scudetto Allievi. In quella squadra c'erano anche Ciccio Baiano e Ciro Ferrara. Con tutti quei ragazzi abbiamo ancora una chat su whatsapp».

Quali erano i punti fermi che adesso ancora le sono utili?
«In quel settore giovanile c'era anche con Sormani che dava le linee guida. Predicava costantemente la cura dell'aspetto tecnico e la voglia di giocare a calcio. Ci insegnava a dominare la partita. E quegli stessi principi si trovano con quanto ci viene detto dal coordinate delle nazionali giovanili Maurizio Viscidi. Noi ct delle varie nazionali non abbiamo la cura quotidiana del ragazzo, ma ereditiamo un prodotto.

Dobbiamo e possiamo incidere solo per quel poco tempo a disposizione».

Lei su cosa insiste?
«Devo far credere ai tutti i ragazzi nelle loro possibilità».

È reduce dal successo al Torneo delle Nazioni: è un buon segno per il calcio italiano che verrà?
«Sono ovviamente orgoglioso del successo, ma il nostro obiettivo è quello di migliorare la base del calcio italiano ed è quello che faccio anche da assistente di Corradi con l'Under 17».

Nella tesi del suo Master ha parlato della figura del leader in uno spogliatoio, anzi di due figure...
«Ho sempre creduto nel fatto che la leadership sia una che non si allena: o ce l'hai o non ce l'hai. E io ho incontrato due figure con queste doti da condottiero: Maradona e Spalletti».

Partiamo da Diego.
«Ho avuto l'onore di collezionare 10 presenze in serie A con Maradona nel 1985, con Marchesi in panchina. È lì che ho capito l'importanza di Diego come trascinatore tecnico e caratteriale. Prima delle partite ti faceva sentire forte. Era uno che veniva dal basso e capiva che avevi bisogno di lui come guida, che necessitavi delle sue attenzioni. Era il Masaniello dello spogliatoio, napoletano sotto tutti i punti di vista. Il leader dei deboli».

E Spalletti?
«Sono stato il suo capitano quando arrivò ad Ancora e mi colpì subito per il suo essere leader. Luciano è molto attento alle dinamiche dello spogliatoio. Si butterebbe nel fuoco per il bene comune. Se qualcuno fa il furbo se ne accorge subito. Mette le regole e da quelle non si prescinde da quelle. Ricordo che per dimostrare il suo attaccamento al gruppo tornava sempre in pullman con la squadra, anche quando era a due passi da casa. Dava l'esempio. E queste piccole cose danno un senso di disciplina utile a fare gruppo». 

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