Mertens, la crisi senza fine:
com'è difficile recuperare a 34 anni

Mertens, la crisi senza fine: com'è difficile recuperare a 34 anni
di Pino Taormina
Martedì 2 Novembre 2021, 11:03 - Ultimo agg. 3 Novembre, 07:18
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Esiste una razza campioni, che non cede alla rassegnazione, che si tiene stretta le sue supremazie. Gente come Mertens che ti aspetti sfiatato, stanco nell'orgoglio, ma un po' lento di volontà. E invece bisogna stare attenti, perché appena stai lì a pensare da quanto tempo lo vedi in campo, lui è pronto a fregare tutti. Sì, c'era una volta Dries Mertens. Il superbomber della storia azzurra, sua Maestà il gol che però non segna da 6 mesi, da quasi 194 giorni. Che roba è? Ma allora è vero che anche il calcio abbandona i Dorian Gray. Divora la giovinezza. Calma: a maggio farà 35 anni ma su di lui pesa un intervento alla spalla e un'annata trascorsa a sistemare questa spalla che è uscita fuori almeno tre volte. Ma lui non vuole staccare la spina, vuole dare ancora una mano a questo Napoli anche se è chiaro che adesso non è quello che illuminava ogni cosa con Sarri. Diventerà papà a marzo e non vuole che sia il figlio che nasce con lui sul viale del tramonto. La sua è una bellezza che resta, ha contorni ben precisi. E la gente di Napoli attende un suo gol più di ogni altro gol. 

 

135 gol con la maglia del Napoli. Ci vuole riconoscenza anche se quel filo di vecchiaia comincia a scendere lungo i fianchi. Ma qui, nella città che lo ha adottato e da cui fatica a immaginarsi lontano non c'è un solo tifoso che lo critichi, che non capisce, che dubita della sua immensità, che non lo ami come ricompensa per la sua dedizione. Qualcosa è cambiato in questi anni, anche rispetto al calcio di Ancelotti prima e Gattuso poi. Il calcio anche per Dries Mertens è una sorte rapporto: spazio su tempo. E il risultato regala la velocità di esecuzione con la quale si gioca la palla. Le difficoltà palesate nella partita contro la Salernitana appartengono a questo rapporto: all'epoca di Sarri, nell'epoca d'oro della sua carriera, questo risultato, infatti, era semplicemente perfetto, dal momento che i tempi dell'esecuzione, gli attimi in cui trovarsi davanti alla porta per l'appuntamento con un gol erano sempre quelli giusti. La gestione di questa frazione è cambiata nel Napoli dei record guidato da Luciano Spalletti. Non si cerca più la velocità di esecuzione attraverso il centravanti-spazio, questo Napoli sta lavorando per ritagliarsi attorno alle caratteristiche di un attaccante importante che regali profondità alla manovra. Ovvero Victor Osimhen.

Ecco, quello era il Napoli per Mertens (dove sbatterono la testa in tanti), questo è il Napoli per quelli come Osimhen. Questo è il motivo per il quale, non appena Petagna è entrato in campo ha subito avuto la possibilità di incidere: e la gestione del campo del Napoli, oggi, a regalare priorità alla attaccante che (con caratteristiche, ovviamente, diverse tra Osimhen e Petagna) cerca la profondità e l'avanzamento nello spazio. Il tecnico azzurro nel post gara ha parlato di triangolazioni che non sono funzionate: c'è stata la ricerca di qualcosa che in passato avveniva quasi in automatico e che oggi, invece, sembra essere stata rigettata come un corpo estraneo all'interno dell'organismo azzurro. Questo è il nodo principale che pesa sulla posizione che deve e dovrà assumere Dries Mertens quando scende in campo. Il Napoli è pronto a far diventare nuovamente assimilabile uno schema fatto di triangoli e palla bassa per esaltare il belga? Oppure, la conformazione tattica è tale che non ci sarà più questo margine?

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