A 84 anni non ha smesso di occuparsi di calcio. Qualche suggerimento a vecchi e nuovi amici del mondo che ha frequentato per oltre mezzo secolo, le apparizioni in tv da opinionista. E i ricordi. Tanti. Quelli dei trionfi alla Juve, con la drammatica conclusione del 2006, quando Luciano Moggi e il management bianconero furono investiti dall'onda di Calciopoli, un momento così sofferto da spingere l'ex ferroviere di Monticiano (Siena) a dichiarare: «In quei giorni ho pensato al suicidio». Lo ha detto nel documentario Netflix «Il lato oscuro dello sport», le stesse parole scritte dal figlio Alessandro - procuratore calcistico - nell'autobiografia pubblicata quattro anni fa.
Luciano Moggi ha una storia bianconera, anzi bianca (le vittorie) e nera (l'inchiesta della magistratura di Napoli). Ma anche granata e azzurra perché è stato un importante manager del Torino e del Napoli, squadre rimaste nel suo cuore. Due le tappe a Torino: 1982-1987 e 1991-1993, la seconda la più significativa perché la squadra arrivò alla finale di Coppa Uefa persa contro l'Ajax (chi non ricorda l'allenatore Mondonico sollevare la sedia per protestare contro l'arbitro ad Amsterdam?) e alla conquista della Coppa Italia, anche questa esperienza segnata da un'inchiesta della magistratura, quella su presunti omaggi fatti a un arbitro straniero.
Il periodo napoletano è stato più significativo, al fianco di Ferlaino e Maradona.