Napoli-Barça, è la notte di Messi:
così ha scoperto la febbre azzurra

Napoli-Barça, è la notte di Messi: così ha scoperto la febbre azzurra
di Pino Taormina
Martedì 25 Febbraio 2020, 09:00 - Ultimo agg. 11:52
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Non deve essersi meravigliato nel sentire quel coro dedicato a Maradona. Lo sa bene che qui Diego è il dio del calcio, anzi D10s come lo chiamano sempre nella loro Patria, l'Argentina, palleggiando con le lettere come Maradona faceva col pallone. E come riesce a fare Leo Messi. E forse per questo non si stupisce neppure quando ascolta quel Ole' ole' ole' Messi Messi. Nessun innamorato della propria squadra di calcio, sano di mente, vorrebbe affrontare la Pulce, vorrebbe vedere puntare la porta dal 10 con la palla al piede. Mai. O magari invece è il contrario, più ami il pallone e più vuoi toccare il massimo, più vuoi sognare e godere passeggiando tra le stelle. E Messi è senza dubbio la stella del firmamento del calcio. Stasera sbarca al San Paolo per la prima volta: è il più grande artista del calcio postmoderno, 34 trionfi col Barcellona comprese quattro Champions e sei Palloni d'oro, anche se in nazionale non è mai riuscito a vincere nulla. La sua bellezza non è un albo d'oro, però. È arte perché il suo calcio resta distillato in purezza di ogni talento, tecnica più rapidità più senso del gol. Napoli lo ha accolto tra gli applausi, il social media del Barça lo chiama «il capo», affianca le immagini dell'entusiasmo con cui la città accoglie l'arrivo del numero uno al mondo tra canzoni di D'Angiò (Ma quale idea), Pino Daniele (Je so' pazzo) e il neomelodico Anthony (Chiammame). Duecento persone attendono il bus azulgrana (in realtà attendono Messi, diciamolo) davanti l'hotel di via Medina e lo applaudono quando lo vedono scendere dal bus portando il trolley. Ma poi inneggiano a Maradona, il re incontrastato di questa città. O' mamma mamma, sai perché mi batte il corazon. C'è da scommetterci: lo sentirà di nuovo anche stasera.
 
 

Se non fosse per quella barba rossiccia che si è fatto crescere, avrebbe eternamente la faccia del bambino. Il suo ultimo si chiama Ciro ed è questo un bel legame con Napoli. Ma con Napoli non c'entra nulla, anche se magari in queste ore saprà che è proprio il soprannome dell'idolo di casa, Dries Mertens. Si chiama Ciro perché la figlia del campionissimo a scuola aveva imparato alla perfezione la storia di Ciro di Persia. Incredibile. Chi ha Messi se lo tiene, e ormai c'è una clausola da 700 milioni inarrivabile per chiunque. Anche per la Juventus. Ieri Andrea Agnelli, scherzando a Tutti Convocati con il giornalista Marco Bellinazzo, ha detto: «So che ha chiesto già informazioni De Laurentiis...». In Italia nessuno può arrivare a quella cifra. Chi non ce l'ha, soffre, ma gli riconosce la grandezza, l'unicità: verrà applaudito stasera dai 45mila del San Paolo, dopo che lo hanno applaudito le tifoserie avversarie di tutti gli stadi del mondo, persino al Bernabeu nelle notte dopo un gol del 3-2 al 90'.

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Sono tutti lì che attendono Messi e il Barcellona. Ma prima messi e poi il Barcellona. È talento puro, ed è di quella scuola di giocolieri argentini che qui a Napoli ha fatto la storia: Sivori prima e Maradona poi. Il Barça nel 2000 lo prelevò dall'Argentina, anche se quando si trattò di concludere il trasferimento il club ebbe parecchi dubbi, e stava per mollare: Messi aveva bisogno di costose cure per una rara forma di nanismo che lo aveva colpito, c'era da spendere circa 100.000 euro l'anno e i dirigenti stavano per ripensarci. Per fortuna dei catalani, l'accordo venne siglato.
 

Non andrà mai via da Barcellona. Nessuno si illuda. Bartomeu ha commesso l'errore di provare a mettersi contro di lui. Vero o non vero, è il motivo per cui è finito nella bufera. Cerca di difendere come può una poltrona che in troppi vogliono rovesciare e i quattro gol segnati sabato dal diez sono forse il colpo di grazia. Se c'è da scegliere tra Messi e chiunque al mondo, il popolo catalano ha pochi dubbi: sceglie sempre Leo. Simbolo autentico di una squadra. Prova che per essere un leader non c'è bisogno di alzare la voce, inseguire un arbitro, mostrare irruenza. Lui è un numero uno vero anche per questo. È un calciatore-simbolo per generazioni di bambini, un esempio da seguire. E non importa nulla se tifi per il Barcellona oppure no. Chi ama il calcio, non può che essere felice di vedere stasera Messi. 
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