Il rapporto - professionale, perché quello affettivo non si esaurirà mai - tra Maradona e il Napoli era ai titoli di coda nella primavera del '91 quando Corrado Ferlaino decise di dare la svolta con un giovane tecnico. Puntò su Claudio Ranieri, romano del quartiere Testaccio, neanche quarantenne, autore del doppio salto dalla C alla A con il Cagliari in 24 mesi. Si presentava bene, il gioco dei sardi era concreto ed elegante: l'uomo giusto per ripartire. Nell'estate di trent'anni fa, quindi, da Cagliari arrivò Claudio, che aveva vissuto a pochi chilometri da Napoli una delle prime tappe della sua carriera in panchina guidando la Puteolana, accompagnato dal terzino Vittorio Pusceddu, che non avrebbe lasciato tracce in azzurro. Positiva la prima stagione, con la qualificazione in Coppa Uefa. Peggio sarebbe andata la successiva, '92-'93, con Napoli e Cagliari che erano (quasi una sola cosa).
Sollecitato dal re del grano Franco Ambrosio, infatti, Ferlaino era entrato come azionista nel Cagliari attraverso la società Palco (Palumbo Costruzioni). I due imprenditori napoletani controllavano il 50 per cento del club, ceduto dalla famiglia Orrù, e l'altra quota era nelle mani del giovane Massimo Cellino. Per suggellare questo rapporto, a Napoli arrivò il giovane attaccante del Cagliari, l'uruguaiano Daniel Fonseca, pagato 15 miliardi di lire più il cartellino di Pusceddu, restituito al mittente. A rappresentare il gruppo napoletano a Cagliari vi fu il direttore generale Giulio Pazzanese. La stagione partì a razzo, con quella cinquina storica di Fonseca a Valencia in Coppa Uefa.
La stagione '93-'94 sarebbe stata la seconda e ultima di Fonseca, che chiuse il biennio napoletano con 39 gol in 69 partite e una nuova compagna, Lisa Adamo, madre di Matias e Nicolas, oggi calciatori come il padre diventato procuratore. E il Cagliari, la società al 50 per cento con Cellino? Ferlaino e Ambrosio avrebbero interrotto il sodalizio anche perché dovevano affrontare problemi giudiziari e poi quel giovane sardo imprenditore del grano era già convinto di potersela cavare da solo nel calcio. Non sarebbe, infatti, durato ancora molto il rapporto con il dg Pazzanese e il direttore sportivo Carmine Longo, salernitano, uno dei più profondi conoscitori di giocatori e allenatori, dai dilettanti all'estero, scomparso cinque anni fa.