Napoli dai fischi d'estate ai primati:
così Spalletti ha riconquistato tutti

Napoli dai fischi d'estate ai primati: così Spalletti ha riconquistato tutti
di Pino Taormina
Venerdì 16 Settembre 2022, 07:00 - Ultimo agg. 19:00
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Ancora tutti ai suoi piedi. Ibrox riconsegna un altro Napoli. Luciano Spalletti è già riuscito a fare il bis dell'impresa di un anno fa. A settembre 2021 dopo 5 partite aveva fatto dimenticare ai tifosi le ferite di quel Napoli-Verona che era costato la qualificazione in Champions all'ultima giornata. E adesso, dodici mesi dopo, ha fatto lo stesso miracolo: ha cancellato, gettato nel dimenticatoio, in poche partite, quel pessimismo cosmico che ha avvolto l'estate del malcontento azzurro. Ci mise lui per primo la faccia, quella sera a Dimaro, quando arrivarono i fischi a De Laurentiis: «Dobbiamo restare uniti», disse arringando la folla radunata e che non faceva altro che protestare contro la società. Lui, Spalletti, soffriva per la sfiducia e quei mormorii di disapprovazione legati alla partenza dei pezzi della storia del Napoli. Ma intanto aveva iniziato il lavoro quotidiano con quelli che già c'erano, a partire da Kvara, Zielinski, Osimhen. A lui piace definirsi una specie di sciamano e da questa estate ha iniziato a rassicurare i suoi ragazzi ogni ora, convincendoli che erano i migliori di tutti e che se lo seguivano li avrebbe portati in alto. Con il lavoro. E dopo due mesi, il Napoli è in alto: primo in serie A e primo nel girone di Champions League. C'erano una volta gli striscioni che contestavano gli acquisti (Kim è stato accolto con lo stesso pessimismo che accolse Lavezzi e Hamsik), chi sognava i grandi nomi del mercato senza pensare all'essenza del progetto che De Laurentiis stava lentamente strutturando. E da cui è uscito fuori questo piccolo gioiello di squadra che incanta e strega. Spalletti sa bene che il calcio non è una scienza esatta, ma pure si è stufato di dover sempre rispondere sul passato. «Ma perché Ancelotti con la stessa squadra cosa ha vinto?», è esploso a Glasgow stufo dell'ennesimo riferimento alle sconfitte con Fiorentina ed Empoli. D'altronde, se il Napoli è arrivato a giocarsi lo scudetto (che poi è andato al Milan) il merito pure suo è stato. 

Il fatto è che proprio certi pronostici sono serviti a Spalletti per caricare i giocatori, plasmandoli, per arrivare a un dato che ruba l'occhio: il Napoli è la squadra più europea d'Italia, come ha dimostrato il modo con cui ha stracciato Liverpool e Rangers.

Il lavoro del tecnico è andato in due direzioni complementari: quella tattica, per offrire una solidità difensiva (il Napoli imbattuto ha preso cinque gol in 8 partite) e quella psicologica, ancora più importante. A me gli occhi, sembra ogni volta ripetere Spalletti. E quelli sono ancora lì, ipnotizzati, e in campo riescono a piegare gli eventi in loro favore, anche se proprio in ogni partita hanno avuto difficoltà, a volte enormi, ma le hanno superate in un modo o nell'altro (tranne che con il Lecce). 

 

Serenità pretende. Anche se il tecnico pare un po' allergico alla tranquillità. Non è vero che Spalletti è aziendalista purosangue. Macché. A De Laurentiis mica certe cose le manda a dire. Sapeva dal primo secondo in cui ha messo piede a Napoli che il monte-ingaggi da 110 milioni doveva scendere a 75. Si è cambiato per sopraggiunti limiti di età dei protagonisti, in molti casi per esigenze di bilancio. Perché non si poteva più andare avanti in quel modo: troppo denaro in fumo, troppo spreco. Ma sa pure, da uomo di mondo, il prezzo che c'è da pagare quando cambiano così tanti calciatori della rosa. Vero, ha messo le mani avanti («Vi faccio lo schemino di chi è andato via e di chi è venuto?») ma lo ha fatto anche per proteggere la crescita dei suoi ragazzi. Ha imparato a conoscere Napoli, sa che è un ambiente dove in un minuto da eroe diventi un reietto. Come reagiranno Kvara, Kim, Raspadori, Simeone ai primi scivoloni? Meglio creare una sorta di campana. Spalletti sa come usare le arti delle parole (dopo la vittoria al cardiopalmo con lo Spezia ha sfogato tutta la sua delusione con la squadra). Lui procede per gradi e mai per salti, lavora di psiche prima che sulla tattica, e lui stesso racconta i rimproveri a Kvara («La palla va anche passata»). Ha detto una parola che è stata una specie di slogan: «Vi faremo rinnamorare di questa squadra». Ecco, ci è già riuscito. De Laurentiis se ne è stato per conto suo in questi due mesi: è apparso l'ultimo giorno sul campo di Castel di Sangro, poi è rimasto sempre di lato. Spalletti teme che una squadra giovane come la sua possa trasformare la fiducia in presunzione. Come sono lontani quei fischi estivi. 

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