Colonnese analizza il Napoli:
«Il vero problema? Non sa difendere»

Colonnese analizza il Napoli: «Il vero problema? Non sa difendere»
di Angelo Rossi
Giovedì 9 Gennaio 2020, 08:06
3 Minuti di Lettura
Un difensore di fronte allo scempio di lunedì sera può solo mettersi le mani nei capelli. «Il Napoli non sa difendere, questa è la verità»: parole dure ma mirate quelle di Ciccio Colonnese, ex Napoli e Lazio, per quattro anni compagno di squadra di quel Simone Inzaghi che adesso cova il sogno scudetto.

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Sorpreso dalla figuraccia degli azzurri contro l'Inter?
«Sorpreso e deluso da come la squadra abbia preso tre gol. Tre regali, il Napoli si è fatto gol da solo. Posso giustificare la papera di Meret, perché il portiere è giovanissimo e un errore di inesperienza del genere ci può stare, fa parte della crescita. Ma gli altri due sono una cosa orrenda».

La domanda è sempre la stessa: problema del singolo o del collettivo?
«Da calciatori come Manolas non ti aspetti mai una cosa del genere ma la questione va oltre il singolo: per me la squadra ha sempre lo stesso limite, da Ancelotti a Gattuso non è cambiato niente. Lo ripeto: il Napoli non sa difendere».

Mentalità , cattivo addestramento o altro?
«Con Sarri la linea si muoveva compatta, era abituata a certi automatismi che con il passar degli anni sono diventati perfetti. È chiaro che cambiando l'allenatore, doveva cambiare pure un certo modo di disporre la fase difensiva. Prima si usciva palla al piede dall'area, con eleganza e palleggio e si creava gioco. Ora non c'è più questa predisposizione a costruire da dietro, i difensori pensino a fare i difensori e basta».

Gattuso dice che il Napoli è portato a costruire gioco.
«È un concetto sbagliato secondo me, la squadra deve diventare più umile. Prima c'era Albiol che dava palla a Jorginho, ok? Adesso da chi dovrebbe iniziare la manovra? Da Manolas, forse?».

Il greco è una delle grandi delusioni della stagione?
«Non dimostra di valere la cifra per la quale è stato pagato. Ma quante reti sono state già  subite per colpa sua? L'errore su Lautaro è una cosa che non sta in cielo nè in terra. E sul primo gol di Lukaku perché corre all'indietro e non esce a fare fallo sul belga?».

Non è soltanto una questione di testa?
«Anche. Le facce dei difensori azzurri non mettono paura, non incutono timore negli avversari. Non hanno fame, rabbia e voglia di difendere. Io non ero uno dai piedi buoni ma sapevo fare il difensore, sapevo essere duro in campo, agonisticamente parlando. Quelli del Napoli danno l'impressione di aver paura di fare fallo o di beccare l'ammonizione».

Sarà  complicato per Gattuso rimettere le cose a posto?
«Purtroppo sì, quello che occorre innanzitutto è un cambio di mentalità. Umiltà, ferocia nel difendere, cattiveria: basta con la storiella del Napoli che offre spettacolo e bel gioco, è acqua passata».

Sabato c'è Immobile, il cannoniere che non si ferma più. Bisogna già  fasciarsi la testa?
«Non so se Immobile farà ancora gol ma sulla carta questa è una partita da 1 fisso. A meno che non si riesca a mettere a posto questa benedetta fase difensiva in pochi giorni ma ne dubito».

Simone Inzaghi allenatore del momento con Gasperini, se l'aspettava?
«Per niente. Conosco bene Simone, siamo stati compagni di squadra per quattro anni proprio nella Lazio. Conosceva tutti i giocatori, era un malato del calcio però aveva lo stampo del dirigente più che del tecnico».

Il segreto della panchina biancoceleste?
«La Lazio quest'anno è un mix di tante componenti positive. Simone è circondato da uno staff abile e competente, Peruzzi e Tare gli tolgono parecchie castagne dal fuoco. La qualità  dei centrocampisti è notevole: Milinkovic e Luis Alberto, tanto per citarne due, hanno grande spessore, fanno gioco e segnano. La difesa è stretta, gli elementi sono gli stessi di un anno fa ma adesso difendono più bassi».

La virtù principale di Inzaghi?
«Saper leggere le partite e cambiare in corsa schema e uomini: ne ha vinte parecchie in questo modo».
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