Napoli, senti Cesare Prandelli: «City? In Europa solo gli azzurri»

L'ex ct dell'Italia: Spalletti è stato magico creando un grande gruppo

Napoli, senti Cesare Prandelli: «City? In Europa solo gli azzurri»
di Pino Taormina
Martedì 7 Febbraio 2023, 09:17 - Ultimo agg. 17:38
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Cesare Prandelli, maestro garbato di calcio, il ct degli ultimi Mondiali giocati dall'Italia (quelli in Brasile nel 2014), tecnico raffinato, di questo Napoli di Spalletti è incantato. Lo ammette senza remore, come solo un galantuomo come lui può fare. Da due anni ha scelto di starsene da parte ma non è detto che, prima o poi, nella mischia non possa tornare. Però ora va bene così. Ma per questa serie A dominata dagli azzurri ha voglia di tornare a parlare. E lo fa con entusiasmo.

Prandelli, è una dittatura di cui non si ha memoria nel nostro campionato?
«È un capolavoro che dovrebbe essere portato ad esempio di dirigenti e presidenti. Dovrebbero dire: imparate da Spalletti, De Laurentiis e Giuntoli come si costruiscono le squadre per vincere. Badando ai ruoli da ricoprire e non ai nomi, badando alla sostanza del progetto e non a prendere applausi semplici».

È un grande riscatto per la generazione degli over 60, non trova?
«Certo, la mia generazione. Quella che non si innamora dei sistemi di gioco ma pensa a come valorizzare i propri uomini. Luciano è stato magico ed è riuscito a imporre il concetto di squadra in una società in cui l'io, rispetto al noi, è sovrastante. Io non riesco a cambiare canale se c'è il Napoli in tv, per me è meglio di una gara del Manchester City o del Barcellona. Questa squadra è un orgoglio del nostro calcio».

E in Europa può fare lo stesso?
«Ma a me sembra che proprio contro Liverpool, Ajax e Rangers siano andati in scena gli spettacoli più entusiasmanti. In Italia, in qualche momento, piccole contromisure pure si riescono a prendere. Ma in Champions è raro vedere una superiorità organizzativa come quella del Napoli. Non ci sono limiti per questa squadra e non deve porsi limiti questo Napoli anche perché c'è qualcuno, secondo voi, che ha capito come si affronta e si limita questa squadra fantastica?».

Come si sta lontano dal calcio per tutto questo tempo?
«La passione c'è sempre, basta che vedo in tv una palla che rotola e smetto di cambiare canale. Ma il campo non mi manca anche se è sempre stato la mia vita».

Il principale merito di Spalletti?
«Io leggevo i dubbi per la rivoluzione di questa estate, le criticità che venivano sottolineate. E invece quattro giocatori al posto giusto, senza grandi nomi, hanno completato l'opera: perché questa stagione arriva dal passato, non è che tutta d'incanto è nata questa super-squadra.

Un tassello dopo l'altro».

Ma quelle che inseguono hanno deluso?
«Deluso? Direi di no. Il Napoli ha offuscato ogni cosa. Lo scorso anno c'era un certo equilibrio, rotto dalla striscia del Milan. Alla fine, adesso, c'è solo la consapevolezza che la marcia del Napoli è inarrestabile. Chi poteva pensare che ci fosse una formazione capace di stracciare ogni cosa in questa maniera? Sono gli azzurri che hanno un passo irraggiungibile, perché giocano in casa e fuori con la stessa padronanza, con la stessa consapevolezza, in modo fantastico come qualità. C'è gioco e ci sono i risultati: un matrimonio sacrosanto».

Una cosa che guarda con particolare ammirazione?
«Io ho sempre vissuto di calcio. Luciano sa cosa vuol dire insegnare il calcio. Lui è un martello, fin dall'inizio ha lavorato a questo concetto: la gestione è del gruppo è unica, non ho mai visto un gesto fuori posto, una polemica di questo o quel calciatore. Ha creato una specie di paradiso calcistico».

Pieno di diavoli, ancora. Ha sentito dei cori contro Maradona e Napoli a La Spezia?
«È vergognoso. Ma smettiamola anche di dargli risalto, quasi di fare pubblicità ai loro gesti. Non lo so come ne usciamo, dovremmo tornare a insegnare l'educazione e la cultura ai bambini delle scuole calcio, per esempio. Ma se poi vedono a 7 anni i loro genitori insultarsi e mettersi le mani addosso sugli spalti, che possibilità abbiamo che diventino tifosi perbene?».

Le stelle sono Kvara e Osimhen?
«Spalletti e De Laurentiis hanno trovato i giocatori nel posto giusto: Kvara è straordinario per intensità, qualità nell'uno come uno ma sempre finalizzato alla giocata verticale. Osimhen è spietato e possente. Ma colpisce l'armonia della squadra: il portiere ha il pallone e nessuno volta le spalle perché tutti vogliono prendere parte alla costruzione del gioco. Chi ama il calcio, deve ammirare il Napoli di Spalletti».

Le vicende dalla Juventus colpiscono anche lei?
«Certo, è un tema delicato. Io penso che certe cose la Juve, se le ha fatte, non le può aver fatte da solo. Se ci sono plusvalenze non vere, non credo che le possa aver create senza altri. Io provo amarezza, ogni 10-15 anni c'è uno scandalo che travolge e ferisce il nostro calcio. Non riusciamo a uscirne. Perché, in generale, da noi c'è una mancanza di etica, educazione e cultura sportiva».

Cosa ha detto l'ultimo Mondiale in Qatar?
«Da un punto di vista tecnico-tattico, niente di nuovo. La qualità l'hanno mostrata in campioni e non i collettivi. Ma il vero spettacolo è stato quello che si è visto intorno, sugli spalti. Ci si attendeva tutti un flop, invece c'è stato uno show tutto da godere».

Senza Italia, è stata una grande sofferenza?
«Guardiamo avanti. Roberto Mancini ha fatto bene a non lasciarsi travolgere dalle polemiche e ad andare avanti. È una fortuna per il nostro calcio che la Nazionale sia ancora nelle sue mani. Ha vinto un Europeo con merito e poi ha pagato il prezzo del calcio moderno, della globalizzazione: puoi fare risultato con tutti, ma puoi anche perdere con tutti. Come il Milan che in due mesi ha perso ogni certezza».

Le morti di Vialli e Mihajlovic hanno colpito tutti.
«Ho ricordi struggenti di Luca e Sinisa, per il modo con cui non hanno mai avuto paura di mostrare i propri sentimenti, le proprie debolezze. Ma sulle polemiche sull'uso dei farmaci si esagera: ho letto anche io di medici, scienziati e di tutte queste ipotetiche correlazioni. Chiaro che quando c'è qualche ex calciatore che mostra dei timori, ha grande risalto. Ma prove non ce ne sono».

Spalletti esagera a predicare ancora prudenza.
«Fa bene, ma non sono tanto i 13 punti a doverlo rassicurare quanto il ripetersi delle prestazioni di altissimo livello».

Dicevamo, non è un paese per giovani.
«I giovani allenatori commettono un errore: vogliono darsi subito un etichetta, puntano su un sistema e basta. E che siano i calciatori a piegarsi alle sue idee e non il contrario. Ma il calcio è complesso: non si parte sempre e solo da dietro, non si gioca solo in un modo. La bravura di un tecnico è nel determinare nomi e ruoli da trovare sul mercato per provare a fare il sistema di gioco che preferisci. Ma se non li trovi devi adattarti».

Prandelli, lo scudetto non può sfuggire al Napoli?
«Lo merita. È l'unica squadra che mi incanta per geometrie, equilibrio, fantasia, senza uno schema rigido, con tante alternative nel corso della gara. Nessuno capisce come fermarli».

Forse a fermare questa squadra ci sarà il mercato.
«Impossibile resistere al richiamo dei soldi e del fascino della Premier, sia per i calciatori che per i nostri club. Siamo un campionato di passaggio ed è evidente che tenere Osimhen e gli altri big non sarà semplice».

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