Napoli, il gran ritorno di Insigne:
fascia e orgoglio da capitano

Napoli, il gran ritorno di Insigne: fascia e orgoglio da capitano
di Pino Taormina
Venerdì 13 Dicembre 2019, 08:00 - Ultimo agg. 21:13
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Inviato a Castel Volturno 

Insigne, adesso o mai più. Non ci ha messo tanto, Gattuso, per fargli capire che le chiavi del gioco e del futuro sono nelle sue mani. Lorenzo ha risposto presente: lo ha fatto in maniera plateale, tra i pochi della squadra a prendere la parola nelle prime riunioni in cui Rino ha mostrato a tutti i motivi di quel soprannome «Ringhio». E allora il capitano ha replicato alle incitazioni del nuovo tecnico. «Non abbiamo alibi, qui nessuno pensa più alle multe o ad altro, qui tutti dobbiamo pensare solo a vincere e tornare in alto». Sì, proprio il ragazzo di Frattamaggiore ha deciso che è arrivato il momento di prendere il Napoli sulle spalle. E lo ha fatto subito, senza sollecitazioni. Ha capito che il tempo dei mal di pancia, del malcontento, va messo da parte. Che c'è un bene che va al di sopra di tutto ed è la maglia azzurra. E quelle chiavi del gioco e del futuro, ora, non può permettersi di metterle sotto lo zerbino.

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Basta sensi di colpa, basta lamentele. È un gruppo che ha uno spirito nuovo, che ascolta sul campo le esortazioni del proprio tecnico, così diverso dalla calma di Ancelotti. Pretendeva metodi radicalmente diversi da quelli di Carletto. E Insigne & co. sono stati accontentati. Urla per tutti e Lorenzo è tra gli osservati speciali. Insigne andrà a giocare proprio dove gioca con la Nazionale di Mancini, in quel ruolo dove è cresciuto con Zeman e si è imposto con Sarri. «Serve lo spirito battagliero», gli urla Gattuso. Lui ascolta, ubbidisce e attende la partita con il Parma. Volevano una svolta, magari speravano che fosse Ancelotti a darla. Ma ora è tutto nelle mani dei calciatori. «Non mi importa se sbagli, fai così». Sembra essere tornati alla scuola di didattica, all'abc di quello che bisogna fare in campo.
 
 

Mettete da parte l'idea di un gruppo sotto-choc per le multe legate all'ammutinamento del 5 aprile. C'è solo Mertens e pochissimi altri che, di tanto in tanto, tirano in ballo la questione. Ma Insigne, dopo aver preso parte alla rivolta, ormai ha fatto molto più di un passo indietro. Ripete davanti a Gattuso. «C'è il Napoli, c'è solo il Napoli». Sì, è un Lorenzo nuovo. I calciatori, con Insigne in testa, non fanno che ripetersi che quelle sanzioni, alla fine, il presidente le toglierà. È stato un atto di forza e basta. Verranno cancellate, è la certezza del gruppo. E questo dà serenità. E nessuno in società fa capire che non sarà così. Insigne è carico in questi test del tridente: deve coprire bene il campo e aiutare a non prendere ripartenze.

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Sì, il tempo è finito. Gattuso non è Ancelotti. Non è un leader calmo, è un leader che ti sbrana se non fai la cosa giusta. E Lorenzo lo ha capito. Ed è quello di cui aveva bisogno. Coraggio, allora, e basta recitare la parte del campione incompreso. Nell'ora più buia dell'era De Laurentiis è arrivato il momento per Insigne di varcare la famosa linea d'ombra tra il calciatore normale e il leader che fa la differenza. Gli irriducibili cacciatori di segnali del risveglio hanno preso nota del nuovo Insigne in questi due allenamenti agli ordini di Gattuso. Lo ha spremuto fino all'ultimo secondo e quando Lorenzo, quasi per inerzia, alla fine dell'allenamento di ieri ha provato a prendere il pallone per degli esercizi di tiri in porta, si è sentito un urlo che ha squarciato il silenzio del centro tecnico: «Basta, nessun tiro in porta alla fine dell'allenamento!». Era Gattuso.
 

Con Ancelotti non è mai stato nulla normale: dall'esigenza di vedersi (con Raiola) il primo maggio, dai continui faccia a faccia, dalle esclusioni eccellenti all'abbraccio di Salisburgo a testimoniare chissà che. Su tutto, la questione tecnica: nel 4-4-2 a Insigne mancava l'aria. Arriva il Parma e tocca a lui: il Napoli (e i suoi tifosi) potrebbero non sopportare più la sua latitanza. La squadra ha caldeggiato il tridente e da domani lo riavrà. Gattuso ci riprova, ma se Lorenzo non gli darà una mano, alla fine anche Ringhio potrebbe convincersi che si può giocare senza il genio di Insigne.
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