Napoli, Osimhen può diventare l'ottavo re bomber tricolore

Soltanto sette attaccanti negli ultimi 40 anni hanno vinto scudetto e titolo di capocannoniere

Victor Osimhen
Victor Osimhen
di Pino Taormina
Mercoledì 1 Marzo 2023, 07:47 - Ultimo agg. 2 Marzo, 08:39
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Se esistesse una cattedra universitaria per bomber, il 24enne Osimhen sarebbe professore emerito. Dicono che questo campionato sembra diventato "un paese per vecchi", e invece è un nigeriano piuttosto giovane per i nostri standard che è a un passo dal titolo di capocannoniere. Bene, fate gli scongiuri. Un vento forte di novità. Peraltro sono ben quattordici anni che la squadra che vince il campionato non ha pure il bomber più prolifico nella propria rosa.

Osimhen, dunque, è a un passo dal connubio-record: capocannoniere e campione d'Italia. Stagione 2008-2009, l'Inter di Mourinho vince il titolo e Ibrahimovic indossa la corona di re del gol. Non una cosa scontata, anzi: negli ultimi 40 anni appena sette volte la squadra che ha vinto lo scudetto ha avuto pure il capocannoniere. Il segnale che il calcio è un gioco di squadra, forse. O che fare gol non è tutto nella vita. E in questa particolare classifica Osimhen sta (starebbe, meglio dire) in grande compagnia: Platini, Van Basten, Vialli, Trezeguet.

Ma in questi 14 anni, c'è stata un bel po' di gloria per i napoletani che giocano in serie A: perché due volte il titolo di capocannoniere l'ha vinto Antonio Di Natale (con l'Udinese), per ben quattro volte Ciro Immobile (leader negli anni pari: con il Torino nel 2014 poi con la Lazio nel 18, 20 e 22) e una volta Fabio Quagliarella (Sampdoria, nel 2019). E nel 2016, il capocannoniere del Napoli a fine anno è stato Gonzalo Higuain con la bellezza di 36 gol in 38 partite. Ma il Napoli arrivò secondo.

Non male per Osimhen: è già il primo calciatore nella storia del Napoli a segnare in 8 gare consecutive in serie A (e con la Lazio può allungare ancora la striscia) e ha ancora nel mirino il record di Higuain (e Immobile) di 36 reti in una stagione perché se va avanti così rischia di arrivare davvero a un passo. Ma la regola, in generale, è che chi vince lo scudetto non ha il capocannoniere del torneo in formazione e viceversa. Strano? Chissà. Ibra, con quei 25 gol, resta l'ultimo esempio. Neppure la Juventus nel corso della sua dittatura durata ben 9 anni è mai riuscita a far conquistare quel trono dal suo cannoniere del momento. Anche quando la corona è stata indossata da Cristiano Ronaldo, la Juventus si è piazzata terza. Il "double" in questo nuovo millennio è senza dubbio una eccezione: prima di Ibra, ci è riuscito Trezeguet con la Juventus nella stagione 2001-2002 con 24 reti (a pari merito con Hubner del Piacenza) e due stagioni dopo missione compiuta da Shevchenko (con il Milan di Ancelotti). Negli ultimi 40 anni, ecco che nella lista spuntano nomi straordinari come quello di Van Basten nel 1991-1992 (il primo titolo del Milan di Capello) e l'anno prima Gianluca Vialli che segna 19 volte e trascina la Sampdoria in cima alla serie A. Binomio super, poco da dire. Indietro nel tempo, negli anni 80 missione riuscita ad Aldo Serena (l'Inter dei record) e da Michel Platini (1983-1984). Maradona ha vinto il titolo di capocannoniere non nell'anno dei due scudetti azzurri (1987 e 1990 (e i bomber della serie A sono rossoneri, Virdis e Van Basten), ma in quello dell'arrivo (perso) in volata con il Milan nel 1988.

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E che comunque ci sia una certa idiosincrasia in questa accoppiata, basti pensare a un bomber indimenticabile per una certa generazione degli anni Ottanta come Pruzzo: ha vinto il titolo di capocannoniere per tre volte senza mai vincere il campionato, poi nell'anno dello scudetto della Roma è arrivato terzo nella classifica dei marcatori. Ora il titolo è dedicato a Paolo Rossi, il mitico Plabito nazionale. E Osimhen potrebbe avere la gioia di mettere il tricolore sul petto e la corona di bomber in testa. Per come perde le staffe ogni volta che gli sottraggono qualche minuto, l'impressione è che un cannibale del suo stampo voglia anche quello: dei bonus, che pure ci sono, gli importa ma fino a un certo punto sennò avrebbe calciato anche i rigori. Un altro prodigio di Luciano Spalletti: aver costruito una macchina da gol e in più una squadra da scudetto. Come se fosse una cosa scontata. E non lo è.
 

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