Napoli-Rijeka nel segno di Maradona:
«D10S c'è, questo è il suo tempio»

Napoli-Rijeka nel segno di Maradona: «D10S c'è, questo è il suo tempio»
di Delia Paciello
Venerdì 27 Novembre 2020, 12:25
6 Minuti di Lettura

Il Napoli vince nello stadio Diego Armando Maradona: è così che da qui a pochissimo verrà ufficialmente intitolato il tempio di D10S, l’ormai ex San Paolo. Lacrime e sorrisi, gioia e dolore, grandi emozioni e silenzio in una giornata strana per una città che vive di ricordi e celebra l’immortalità. «È successo davvero tutto in questo 2020, basta», commentano in tanti sul web. Ma è in questa atmosfera, fra i fumogeni e gli applausi che si alzano dall’esterno del tempio, che gli undici con la maglia numero dieci hanno battuto il Rijeka, trovando coraggio nella voglia di onorare un grande. «Dovete portare rispetto a questa maglia e scendere in campo dando il massimo per ricordare, anche se indegnamente, colui che ha regalato sogni e speranza a questa città», commentano i tifosi. Per l’ultima volta la numero dieci su quel rettangolo verde, ma con gli spalti vuoti in un momento inverosimile. Ma a quanto pare l’unico scopo della gara era lasciare un piccolissimo tributo, dovuto, a colui che aveva dato tutto sé stesso a Napoli e l’aveva difesa con ogni sua goccia di sudore, in campo e fuori. Anche quando è stato attaccato, disprezzato, lui ha donato solo amore nel modo più umano e vero che ha potuto, con tutte le sue fragilità e la sua forza. Metà uomo e metà dio, due parti che si sublimano nel suo nome.

«Lo avete fatto scappare dall’Italia come un delinquente, lo avete criticato e avete abusato delle sue debolezze, ora lo piangete», critica qualche napoletano affranto e arrabbiato per una perdita che nessuno era pronto ad affrontare. Molti si sdegnano davanti a una frase di Laura Pausini sulla vita privata di Diego. Migliaia e migliaia di post per lei: «Ora abbiamo capito perchè Marco se n'è andato e non ritorna più», «Ah, ecco perchè soffre così tanto La Solitudine», «Ma la signorina che giudica la vita privata di un uomo è la stessa che non indossa le mutandine lasciando vedere le sue parti intime per fa parlare un po' di sè?». 

 

Solo qualche giorno fa aveva compiuto 60 anni e il mondo aveva festeggiato con lui. E proprio in quella occasione suo figlio Diego Jr, ospite in una trasmissione televisiva su 7Gold prima di essere ricoverato al Cotugno per la sua lotta contro il covid, aveva raccontato del suo stato di salute, dell’intervento, tranquillizzando tutti. «Certo, papà fa i conti con dei problemi che si porta dietro da tempo e sta sempre sotto osservazione, ma niente di preoccupante», aveva detto. Poi un fulmine a ciel sereno, e il Cotugno è sembrato una gabbia che faceva mancare l’aria più del terribile virus: Diego Jr avrebbe voluto abbracciare un ultima volta il padre. «Verrà qui appena si potrà. Il covid lo ha bloccato in Argentina, poi questi piccoli inconvenienti di salute. Ma verrà presto, anche perché ha conosciuto la piccola India solo in video, non vediamo l’ora di presentargliela di persona», aveva annunciato agli amici qualche giorno fa.

Ora il web non parla di altro, dimenticando quegli undici scesi in campo. Tutta Napoli avrebbe voluto abbracciarlo. Prima della gara qualcuno era preoccupato: «La squadra può fare quello che vuole, ma non può perdere in un giorno del genere. Sarebbe uno sfregio», «Ma perché Gattuso non schiera Mertens e Insigne, danno più sicurezza. Oggi non si scherza»; «Non bisogna rischiare niente, lo dobbiamo a Diego». Preoccupazioni a quanto pare ingiustificate, gli avversari sono apparsi nettamente inferiori agli azzurri anche in modalità low energy. 

 

A dare una mano anche il napoletano Anastasio con la sua autorete arrivata dopo una carambola con Politano: «Sa cosa vuol dire questo giorno per Napoli, è stato il fato, non poteva rinnegare il suo sangue»; «Sicuramente non lo ha fatto di proposito ma sono sicuro che una parte di lui lo voleva per Diego»; «Anche lui sarà cresciuto con l’immagine di D10s, oggi il destino ha voluto così», commentano i compaesani.

Il raddoppio di Lozano ha poi rasserenato. E qualcuno scrive: «Lo hanno impropriamente paragonato al più grande: qualcuno si era permesso di definirlo il Maradona messicano. Non potrà mai raggiungerlo, ma con il suo insegnamento può diventare un bravo giocatore.

E stasera questo gol era dovuto»; «Pagato 40 milioni, associato a qualcuno di inarrivabile, oggi però gli hai dato onore».

Anche Insigne ci ha provato, entrato al 64’. Visibilmente commosso prima della gara in quell’umile gesto fuori lo stadio per portare un dono al grande idolo, non è riuscito a fare lo stesso in campo. «Lorenzo, da capitano potevi lasciare un contributo», rimprovera qualche tifoso. Ma non importa, perché il Napoli ha comunque vinto ed è primo del girone europeo. «Deve essere motivo di orgoglio indossare la maglia azzurra, stare nella squadra dove ha giocato il più grande. È un privilegio, e bisogna dare lustro a questa maglia ogni giorno. Fateci sognare come ha fatto Diego», urlano in tanti. Perché Maradona non ha solo giocato a calcio, non ha solo vinto sul campo e regalato trofei. Maradona ha dato speranza e dignità a una città, ha rappresentato la rivendicazione anche sociale del Sud che batte le solite blasonate squadre del Nord. A testa alta, al pari degli altri, anzi più su. Una magia attraverso lo sport, un sogno che va oltre. È qualcosa che forse solo i napoletani possono capire. E Diego grazie alla sua immensa sensibilità era riuscito a coglierlo, a diventare napoletano

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Anche i bambini piangono in queste strane giornate, davanti allo stadio Diego Armando Maradona. Eppure non lo hanno conosciuto, ma lo hanno sentito, la sua memoria si è impregnata nella loro essenza. Generazioni intere che lo amano senza averlo vissuto in campo, ma a cui sono state tramandate storie ed emozioni. Soprattutto emozioni, attraverso i racconti da pelle d’oca dei fortunati che c’erano. Trentenni quasi invidiosi di coloro che, nati qualche anno prima, ne hanno visto le gesta. Ma in fondo tutti lo hanno visto, le sue immagini sono storia. Anche i bambini di 3 anni riconoscono Diego Armando Maradona e chiamano il suo nome. D10s non morirà mai.

E ora con la Roma i napoletani hanno grosse pretese da Gattuso e dai suoi: «Mi raccomando mister, qualunque formazione schieri, che sia 4-2-3-1 o 4-3-3, o che cambi a partita in corso come in Europa League, qualsiasi giocatore scenda in campo, noi dobbiamo onorare Diego. Dobbiamo!», è il must di un tifoso sui social. E anche Ringhio lo sa, lo ha ammesso: «Qui Maradona è più importante di San Gennaro».

Non ci potrà essere il dodicesimo giocatore, il pubblico. Ma allo stadio Diego Armando Maradona stavolta non si può sbagliare. Un solo obiettivo: una vittoria in campionato. «Per Diego».

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