Napoli-Torino è Osimhen vs Belotti:
l'urlo di Victor, il gallo non canta più

Napoli-Torino è Osimhen vs Belotti: l'urlo di Victor, il gallo non canta più
di Bruno Majorano
Giovedì 14 Ottobre 2021, 07:00 - Ultimo agg. 14:30
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Sliding doors. E quando si tratta di attaccanti le porte calzano a pennello. Victor Osimhen e Andrea Belotti vivono da due anni sulle montagne russe. Salite e discese, su e giù. Praticamente i loro destini si sfiorano, senza trovare una soluzione di continuità che li riesca a far viaggiare sulla stessa lunghezza d'onda. Loro che vivono per la stessa identica ragione: il gol. Attaccanti diversi, certo, ma pur sempre bomber: uomini d'area di rigore che aspettano l'occasione giusta per buttarla dentro, alzare le braccia al cielo e sentir invocare il proprio nome dallo speaker dello stadio e dai tifosi. 

Nella stagione scorsa Osimhen è stato praticamente un fantasma. Appariva e scompariva in uno schiocco di dita. Quando c'era faceva la sua parte, giustificando quell'investimento da 70 milioni di euro che il Napoli ha fatto nell'estate 2020 per strapparlo al Lille. Ma le luci sono state di gran lunga inferiori alle ombre. Non tanto per colpa dell'adattamento al campionato italiano, ma per via di infortuni che ne hanno rallentato il processo di integrazione in squadra. La spalla, poi il Covid, poi ancora il colpo alla testa contro l'Atalanta a Bergamo, insomma un ruolino fatto di tanti bassi e pochi alti. 30 presenze (di cui appena 24 in campionato, e spesso partendo dalla panchina) e 10 gol, bottino magrissimo per uno che doveva essere il punto di riferimento offensivo del Napoli. Ha accumulato un debito importante con Napoli e i napoletani che hanno saputo aspettarlo. E lui? Ha ricambiato con gli interessi. Perché i numeri della stagione in corso sono totalmente ribaltati. Ha giocato 8 partite (tra campionato ed Europa League) segnando la bellezza di 7 reti, venendo eletto come miglior giocatore del mese di settembre e diventando il vero simbolo del Napoli capolista. Spalletti lo ha riabilitato, lo ha rilanciato e lo ha reso quell'arma letale di cui aveva bisogno la squadra azzurra per fare male: a tutti.

Ecco perché adesso se pensi a Osimhen ti vengono in mente due gol: il gol e il sorriso. Perché ogni volta che vede la rete gonfiarsi per un suo tiro, il volto si illumina di felicità, come un bambino alla sua prima partita al parco con gli amichetti. 

Prendi il percorso di Osimhen, quello fatto di cadute e ripartenze, e rovescialo come un calzino. Troverai esattamente il percorso si Andrea Belotti, l'attaccante del Torino che tutta Italia conosce semplicemente come «il Gallo». Lo scorso anno è stato titolare, anzi titolarissimo. Ha giocato 36 partite (di cui 35 in campionato), segnando 13 gol e servendo 7 assist. Attaccante completo, a tutto tondo: segna e fa segnare. Si spende per la squadra, non lesina una sola goccia di sudore per portare a casa il risultato. E poi la butta dentro, sorridendo (come Osimhen) e portandosi la mano sulla fronte per mimare la sua famosa cresta del Gallo. È così che ha convinto Roberto Mancini a portarlo all'Europeo, come vice Immobile per il ruolo di punta centrale. Si è laureato campione (pur senza segnare né lasciare particolarmente il segno), e poi è tornato a Torino. Lui che nelle ultime 4 estati è stato sistematicamente al centro di ogni trattativa di mercato. Cairo se lo è coccolato, lo ha blindato e alla fine lo ha tenuto ancora. È rimasto al Torino, certo, ma Juric praticamente non lo ha mai visto. 3 presenze (appena 2 in campionato) e un solo gol: bottino disastroso per una macchina da gol come lui. Anche domenica la sua presenza è a forte rischio. Al massimo potrebbe recuperare per la panchina. Con Sanabria che gli ha sostanzialmente tolto il posto da titolare. La porta avversaria si è magicamente chiusa, al contrario di Osimhen che adesso vede tutto azzurro. Eccole lì le sliding doors dei numeri 9.

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