Napoli-Verona è la Waterloo
di Napoleon-Gattuso

Napoli-Verona è la Waterloo di Napoleon-Gattuso
di Marco Ciriello
Lunedì 24 Maggio 2021, 07:30
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Napoleon-Gattuso ha avuto ha sua Waterloo, e con lui tutto il Napoli. Una squadra senza testa, fiacca, che ha giocato poco e male. Accerchiato da un Verona che gioca a uomo per tutto il campo, e che ha rifatto la partita dell'andata, ottenendo lo stesso controllo della gara. Sembrava che il Verona dovesse andare in Champions League e non il Napoli. E la partita è diventato un caldo martirio, prima con le perdite di tempo del portiere Ivor Pandur, poi con i numerosi errori dei calciatori napoletani. Ruiz irriconoscibile ha sbagliato più palloni dei respiri fatti, Insigne generosamente effimero, Osimhen a un certo punto sembrava ossessionato come Sylvester Stallone/Hatch in Fuga per la vittoria: «Dove mi metto sui lanci di Insigne?». Uno smarrimento nervoso, che col passare del tempo diventa smottamento emotivo e poi calcistico, con il Napoli che chiude con un solo centrocampista Ruiz a mezzo servizio, in deroga da se stesso, e continua a palleggiare nell'incapacità elementare di lanciare uno dei suoi cinque attaccanti.

In mezzo ci sono scontri, lamenti inutili verso il Verona che continua a giocare come ha sempre fatto e che volendo sarebbe un vantaggio tattico non un motivo di recriminazione. Anche perché Hysaj riesce in un record che prima o poi finirà in una canzone come per Riccardo Ferri e Ligabue si fa infilare allo stesso modo che col Cagliari, la vera partita dove il Napoli ha perso l'accesso in Champions. Prima Rrahmani era riuscito in modo rocambolesco e poi repentino a segnare. Angolo dalla destra di Insigne sulla testa di Rrahmani che colpisce la schiena di Osimhen, il pallone gli ricade perfetto sui piedi per metterlo in porta in mezza girata. Sarebbe la partita del sogno, dall'errore di Udine al gol Champions di Napoli, e, invece, Rrahmani diventa complice di Hysaj nel pareggio del Verona su fuga e tiro di Faraoni, tecnicamente è concorso esterno in svarione difensivo.

Il resto è tentativo, maldestro di vincere, quando ormai l'assetto del Verona ha occupato il campo, con una mentalità distesa, senza affanni, mentre il Napoli è in apnea tattica e tecnica. Politano dribbla dribbla ma non trova mai il dribbling giusto né gli spazi per segnare. Mertens li trova ma non è assistito, forse avendo esaurito il bonus di tiri assurdi che finiscono in porta, e Petagna salta come un canguro senza un perché, visto che nessuno crossa.

 

Stranamente Napoleon-Gattuso non ha cronachizzato la partita, non è stato ossessivo come suo solito, si è inglesizzato, apparendo già vinto, già lontano, già consegnato ad altre partite, obiettivi, sogni. Il risultato è come cantava Guccini d'essere arrivati a un punto dai campioni, cioè quelli che se ne vanno in Champions. Sul campo rimane una squadra piena di rimpianti, con tanti sogni e poca fame. Il rigore, le urla, le ossessioni a bordo campo non sono servite, di grande bellezza se ne è vista pochina, e ora tocca ricominciare tutto daccapo. La scollatura rimane sempre la stessa: l'identità? Che squadra vuole essere il Napoli? Continuare sulla linea dell'irrazionale con sprazzi di bellezza e illusione, bordeggiando l'indecifrabile, oppure trovare delle certezze, anche una sola. Invece, oscilla in una nostalgia per la bellezza o in un indecifrabile risarcimento per quella bellezza, che, però, non arriva all'improvviso, e soprattutto non esiste. La funzione ciclica del Napoli sembra essere quella di perdere quando poco al traguardo, molla sempre un attimo prima, quando basterebbe poco, quando ormai è fatta, zac, viene meno, perde fiato, pensieri e obiettivo. 

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