Con se stesso, con tutti e con nessuno, probabilmente, come gli capita in questi momenti di guerra al mondo, insoddisfatto di sé e degli altri. È stato brutto vedere Osimhen reagire così. Brutto anche per Simeone, che da un mese fa la panchina in silenzio, raccoglie briciole, e non mormora un solo sussurro. Giù la maschera, Victor: in sette giorni prima Kvara e adesso la stella nigeriana mostrano delle reazioni che sono come delle crepe nel muro di uno spogliatoio che è appena reduce dallo scudetto. La notte è stata lunga come le ore e chissà se sono trascorse lentamente, per il fuoriclasse di Lagos. Di Lorenzo e Garcia gli hanno già parlato, ora si vedrà se scatterà la multa ma non è escluso. Troppo plateale il gesto di Osimhen: prima la mano sulla bocca e poi quel due sventolato con le dita che significa «fammi giocare con due punte». Come se i cambi li facesse lui e non il tecnico francese. E poi, ancora, quel calcio a una giacca in panchina, che pure è un altro segnale di tensione e di nervosismo. Sì, vero: i grandi campioni sono tutti così. Perché non è facile sbagliare un rigore della vittoria, sentire il peso di quell'errore clamoroso. E poco importa se sei il più forte di tutti: anzi, proprio perché lo sei, vuoi restare in campo fino alla fine, per poterti riscattare alla prima occasione.
Garcia ha già preso di petto Osimhen. È stato duro, non ha girato attorno alle parole. Il primo confronto già nel ventre del Dall'Ara. Ma ora ce ne sarà un altro, quest'oggi a Castel Volturno. Rudi Garcia non vuole altre reazioni di questo tipo: non le tollera più. Se deve usare i toni da sergente di ferro lo farà. Spera che non ce ne sia bisogno. Spera che Osimhen ripercorra nella mente quanto era accaduto in campo, e di questo gesto autolesionistico e fuori luogo. Il gran polverone sollevato dalle sue plateali lamentele al minuto 85 contro il proprio allenatore ha avvolto tutto, prendendo il sopravvento persino sul deludente pari. Ma è chiaro che il superbomber non è contento, non lo è per nulla. La porta è stregata: lo è stata a Braga dove pure ha preso un palo, come ieri qui a Bologna. Lui da sempre affascina, perché è un campione musone e non segue le regole. Se la prende con tutti, ogni volta. Spalletti lo prese di petto spiegandogli che non poteva sempre arrabbiarsi con i compagni se il pallone non arriva. E poi Garcia sembra avere un solo chiodo fisso: il suo gioco ruota tutto attorno al numero 9. Ogni pallone viene verticalizzato alla velocità della luce per lui. Ieri a Bologna è stato a lungo travolgente. Prima di farsi travolgere da se stesso, dalla sua rabbia. Ma forse anche dalla sua delusione e frustrazione perché sa bene, Victor, quanto era importante segnare e vincere la partita di ieri. Osimhen, mister 200 milioni, non è un bad boy. Lui sa essere perfido e soave. Non è né ribelle né eccentrico. Incanta tutti. È giocoliere e straordinario solista, maestro della finta e di molte altre arti pedatorie. Vuole solo fare gol. Per questo gli sono saltati i nervi.
La storia è piena di calciatori che al momento del cambio hanno perso la trebisonda: Insigne, a Reggio Emilia, prese a calci un cartellone. Higuain imprecò contro Benitez al quindicesimo cambio consecutivo. E poi Kvara pochi giorni fa. Osimhen è un cannibale, vuole fare solo gol: a maggio, con il Napoli già campione d'Italia, se la prese con Spalletti che sull'1-0 sull'Inter decise di cambiarlo. Venne quasi trattenuto. A fatica. Ed era successo anche qualche settimana prima, contro l'Atalanta. Insomma, ce l'ha come vizietto quello di lamentarsi al momento del cambio. Ovvio, in questo momento, con la squadra che va avanti a tentoni, con le difficoltà attuali e con i risultati che in campionato tengono gli azzurri distanti già sette punti dal primo posto, questi gesti hanno un peso maggiore. E anche più grave. Oggi serve un ulteriore chiarimento. Magari delle scuse. Anzitutto a Simeone, il Cholito tanto amato dal tifo azzurro. E poi a tutti gli altri. Si ricomincia anche così, da un nuovo faccia a faccia. Un chiarimento. Poi c'è l'Udinese. Non si può più sbagliare. E tornare in campo col sorriso è meglio che farlo con il broncio. Per Garcia, la parentesi è già chiusa. E lo è anche per Osimhem. Poi oggi ci sarà un'altra chiacchierata. Anche per l'immagine della società. Che non ne esce bene: non è che a ogni sostituzione, si rischia la sommossa.
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